IRAN - Un ex detenuto politico iraniano critica le democrazie occidentali e le Nazioni Unite per la loro inattività.

14 Novembre 2019 :

Un ex detenuto politico iraniano critica le democrazie occidentali per la loro inattività. Hamid Bahrami è un ex prigioniero politico iraniano, che vive a Glasgow, in Scozia. È un attivista per i diritti umani e politico e lavora come giornalista freelance. In vista dell’UPR ha scritto una lettera aperta in cui critica le democrazie occidentali. “Le Nazioni Unite dovrebbero riconsiderare la propria politica in materia di diritti umani in Iran. Dal 2011 le Nazioni Unite hanno nominato tre relatori speciali per l'Iran per monitorare e riferire sulla situazione dei diritti umani nel paese. Non è mai stato loro permesso di visitare l'Iran mentre, secondo i loro rapporti annuali, da allora gli arresti arbitrari, le torture e le esecuzioni quotidiane sono aumentate in modo significativo. Il regime iraniano è noto per le esecuzioni pubbliche poiché il paese ha purtroppo raggiunto record orribili sul numero di esecuzioni, il secondo più grande dopo la Cina. Sebbene la teocrazia abbia firmato la Convenzione sui Diritti dell'Infanzia, che vieta l'esecuzione di persone che abbiano commesso reati prima di compiere 18 anni, ha impiccato almeno 12 minorenni dall'inizio del 2018, mentre attualmente 90 minorenni sono rinchiusi nei bracci della morte. L'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato dieci risoluzioni sulla situazione dei diritti umani in Iran dal 2009 allo scorso anno, criticando e condannando le violazioni sistematiche e le persecuzioni denunciate dal Relatore Speciale per l'Iran. Queste risoluzioni e relazioni hanno esortato il regime iraniano ad affrontare le preoccupazioni sostanziali e a rispettare i suoi obblighi in materia di diritti umani, sia nella legge che nella pratica. Uno degli ultimi rapporti, pubblicato lo scorso dicembre, ha invitato il regime iraniano ad avviare un processo globale per individuare le responsabilità in tutti i casi di gravi violazioni dei diritti umani, e a porre fine dell'impunità per tali violazioni. Invece di rispettare questa raccomandazione, la teocrazia ha nominato uno dei suoi dirigenti più noti, Ebrahim Raeesi (Raisi), a capo del suo potere giudiziario. Raisi è stato membro della “commissione della morte” durante il massacro di migliaia di prigionieri politici nel 1988, che è stato documentato dal relatore speciale delle Nazioni Unite sull'Iran in un rapporto nell'agosto 2017 e in un rapporto di Amnesty International nel dicembre 2018. Le esecuzioni di massa hanno avuto luogo in tutto l'Iran tra Luglio e settembre 1988 contro migliaia di attivisti politici che stavano scontando le loro pene detentive; la maggior parte di loro erano membri e sostenitori dell'opposizione Mujahedin-e Khalghe (MEK), ma anche dell’opposizione di sinistra. Il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha sanzionato Raisi per essere stato coinvolto nella brutale repressione del regime contro gli oppositori, in particolare nel massacro del 1988. Raisi ha criticato il relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Iran, Javaid Rehman, per il suo ultimo rapporto sulla situazione dei diritti umani all'interno del paese. "L'attuazione dei decreti divini nella Repubblica islamica è al di là di ogni discussione e le notizie sulla violazione dei diritti umani in Iran sono assolutamente sbagliate e prive di fondamento", ha detto Raisi il 4 novembre, respingendo le critiche del Consiglio per i Diritti Umani. Il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite terrà la 34a sessione della sua Revisione periodica universale (UPR) a novembre per rivedere lo stato dei diritti umani di tutti i suoi membri. [L’UPR è una procedura per cui, ogni quattro anni circa, tutti gli stati membri dell’Onu si sottopongono ad un esame complessivo in materia di diritti umani. Introdotta nel 2006 dal Consiglio dei diritti umani dell’Onu, questa procedura ha la finalità di spingere i paesi ad adempiere agli obblighi a tutela e garanzia dei diritti umani, quindi lavorare per attuare politiche adeguate, creando una certa pressione sociale. Ndt]. Nella sessione di venerdì 8 novembre, gli Stati membri delle Nazioni Unite esamineranno la situazione del regime iraniano basandosi sulle relazioni degli Special Rapporteur, dei Relatori Speciali nominati ad hoc. Negli scorsi anni, le domande poste dalle democrazie occidentali all’Iran non avevano senso, il che dimostra che non hanno una buona comprensione della struttura politica e ideologica dell'Iran. Il Regno Unito chiede se il regime abbia in programma di porre fine alla pena di morte per i minorenni o di consentire alla comunità bahaita di partecipare alla società. La Repubblica islamica si è vista spesso rivolgere questo tipo di domande durante gli ultimi due cicli di UPR, ma i suoi comportamenti hanno chiaramente deriso i richiedenti. La Svezia chiede ingenuamente quali misure prenderà il regime per migliorare il rispetto della libertà di opinione e di espressione. Amnesty International ha riferito lo scorso settembre che la Corte Rivoluzionaria del Paese ha condannato quattro giornalisti e tre attivisti per i diritti dei lavoratori tra sei e 18 anni di carcere e, in un caso, 74 frustate per false accuse di sicurezza nazionale. Ciò si aggiunge a oltre 7000 arrestati dalle autorità nel solo 2018 per aver preso parte a proteste pacifiche. Tuttavia, alcuni di questi attivisti sono stati “tatticamente” rilasciati su cauzione proprio prima dell’UPR, chiaramente per ridurre la pressione. Questo modus operandi ha dato l'impunità ai dirigenti di Teheran per i loro 40 anni di gravi violazioni dei diritti umani. Mostafa Pourmohammadi, attuale consigliere del capo della magistratura ed ex ministro della giustizia nel gabinetto del presidente Hassan Rouhani, che era anche membro della “Commissione della Morte” nel 1988, ha difeso palesemente il massacro di prigionieri politici in una recente intervista con i media statali. Nel suo ultimo rapporto del 2017, l'ex relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Iran, Asma Jahangir aveva chiesto un'indagine completa e indipendente sul massacro. Purtroppo, l'attuale relatore delle Nazioni Unite per i diritti umani e i rappresentanti degli Stati membri delle Nazioni Unite hanno ingenuamente aspettato che gli stessi dirigenti iraniani che avevano progettato le esecuzioni di massa avviassero i processi per individuare le responsabilità in quei fatti, e rispondessero alle preoccupazioni internazionali. Per porre fine all'impunità delle autorità iraniane, la prossima riunione dell'UPR deve assolutamente considerare nuove azioni. Logicamente, sarebbe sufficiente chiedere al regime iraniano di fermare tutte le esecuzioni, e ritenere i dirigenti responsabili delle eventuali violazioni. Il mondo ha perso sufficiente tempo in discussioni infruttuose con i mullah sui diritti umani mentre è chiaro che è la loro stessa ideologia che rifiuta i valori democratici dell’Occidente democratico. Durante l'UPR l'8 novembre, gli Stati membri delle Nazioni Unite devono chiedere all'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani e al Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite di avviare un'indagine indipendente guidata dalle Nazioni Unite sul massacro del 1988 per accertarne le responsabilità. Questo è un atto legittimo che può porre fine all'impunità delle autorità iraniane e anche migliorare veramente le condizioni dei diritti umani in Iran. Il movimento per la ricerca della giustizia sul massacro del 1988 ha una popolarità significativa tra gli iraniani all'interno del paese, ma la giustizia iraniana punisce chiunque sollevi la questione. Il caso di Maryam Akbari Monfared è notevole, la donna è stata arrestata dopo aver scritto una lettera aperta in cui chiedeva verità e giustizia per i suoi fratelli giustiziati nel 1988”.

 

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