12 Ottobre 2018 :
La Corte Suprema di stato ha dichiarato all’unanimità che la pena di morte è incostituzionale perché la sua applicazione è inevitabilmente condizionata da una serie di disparità: risente del fattore razziale, del fattore geografico (in alcune contee viene applicata, in altre, per reati equivalenti, no), dalle risorse finanziarie in quel momento a disposizione della Pubblica Accusa, eccetera. Questa sentenza equivale ad una abolizione della pena di morte, perché la Corte non ha indicato carenze della legge in vigore che possano essere in qualche modo corrette, ma difetti “strutturali” di difficile, se non impossibile, soluzione. La sentenza inoltre fa riferimento alla Costituzione dello stato di Washington, non alla Costituzione federale, e quindi il caso non può essere impugnato davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti. La sentenza è stata accolta molto positivamente dal governatore dello stato, Jay Inslee, che all’inizio del suo primo mandato nel 2014 aveva proclamato una moratoria sulle esecuzioni, moratoria confermata nel gennaio 2017 all’inizio del secondo mandato. Anche il Procuratore Generale dello stato, Bob Ferguson (Democratico) ha commentato molto positivamente la sentenza, dicendosi certo che le risorse risparmiate grazie all’abolizione della pena di morte potranno essere investite nella soluzione di quella percentuale di crimini gravi che statisticamente rimane irrisolta. Ferguson e il procuratore (Repubblicano) della King County, la contea della capitale Seattle, recentemente avevano supportato una proposta di legge abolizionista, approvata il 14 febbraio 2018 (vedi) dal Senato, ma lasciata cadere alla Camera. Con la decisione odierna, sono 20 gli stati che, per via legislativa o giudiziaria, hanno abolito la pena di morte. La sentenza odierna è rubricate “Washington v. Gregory”. Allen Eugene Gregory, oggi 46 anni, nero, venne condannato a morte nel maggio 2001 con l’accusa di aver violentato e ucciso, il 27 luglio 1996, una donna di 43 anni, Geneine Ann Harshfield. Il 30 novembre 2006 (vedi) la Corte Suprema di Stato aveva annullato il verdetto di colpevolezza per lo stupro della Harshfield, condanna che era servita alla pubblica accusa come aggravante per chiedere la pena di morte. Al termine della ripetizione del processo, venne di nuovo condannato a morte il 13 giugno 2012 (vedi). I suoi avvocati hanno fatto una serie di ricorsi evidenziando le disparità di applicazione della pena capitale, citando ad esempio uno studio del 2014 (“The Role of Race in Washington State Capital Sentencing, 1981-2012”) secondo cui le giurie popolari erano tre volte più propense a condannate a morte un imputato nero rispetto ad uno bianco. L’altro esempio citato dai difensori è quello di Gary Ridgway, un serial killer ritenuto responsabile dell’uccisione di almeno 49 donne, ma che riuscì a non essere condannato a morte in cambio dell’impegno a far ritrovare i cadaveri delle vittime (vedi NtC 5 novembre 2003 e 7 settembre 2015). Oggi la Corte ha contestualmente commutato la condanna a morte di Gregory e degli altri 7 uomini nel braccio della morte all’ergastolo senza condizionale.