28 Ottobre 2008 :
A cura di Nessuno tocchi Caino Roma, 28 ottobre 2008Verso il record assoluto di esecuzioni nel 2008
Dei 47 paesi mantenitori della pena di morte, sono solo 9 quelli che possiamo definire di democrazia liberale, con ciò considerando non solo il sistema politico del paese, ma anche il sistema dei diritti umani, il rispetto dei diritti civili e politici, delle libertà economiche e delle regole dello Stato di diritto.
Le democrazie liberali che nel 2008, al 28 ottobre, hanno praticato la pena di morte sono state 4 e hanno effettuato in tutto 51 esecuzioni, meno dell’1% del totale mondiale. Il Giappone, con 15 esecuzioni, si è classificato al secondo posto, dopo gli Stati Uniti (28 esecuzioni), l’Indonesia (almeno 7) e il Botswana (almeno 1). Esecuzioni potrebbero essere avvenute anche in Mongolia, anche se non risultano dati ufficiali.
Con le 15 esecuzioni già effettuate nel 2008, il Giappone si avvia a battere il record del 1975, anno in cui le esecuzioni furono 17. Nel 2007, erano state giustiziate 9 persone, a fronte delle 4 del 2006. Una escalation mai vista, se si considera che dal 1998 al 2005 in Giappone si sono registrate 16 esecuzioni in tutto, una media di due all’anno.
In Giappone c’è stata una moratoria di fatto delle esecuzioni durata 15 mesi, fino al 2006, dal momento che il credo buddista del Ministro della Giustizia dell’epoca, Seiken Sugiura, era contrario alla pena capitale.
Pena di morte senza più principi e tabù
Il Giappone ha mantenuto il massimo riserbo sulle esecuzioni fino al dicembre 2007. Il Governo si limitava a dichiarare il numero di detenuti giustiziati, rifiutando perfino di rivelarne i nomi. Le esecuzioni, che il più delle volte hanno luogo d’estate e alla fine dell’anno, avvenivano quando la Dieta, il Parlamento giapponese, era in vacanza per evitare la discussione parlamentare.
Il 27 aprile 2007, sono state eseguite tre condanne a morte nelle carceri di Osaka, Fukuoka e Tokyo. Un fatto inusuale poiché sono avvenute in un periodo in cui il Parlamento era in sessione.
Con il Ministro della Giustizia, Kunio Hatoyama, entrato in carica nell’agosto 2007 ed esplicito sostenitore della pena capitale, i principi e i tabù che il Giappone ha mantenuto nei riguardi della pena di morte si sono andati sempre più rompendo.
Nel dicembre 2007, con le prime esecuzioni del governo Fukuda, il Ministro della giustizia ha rotto con la tradizione, che voleva il segreto sulle esecuzioni, pubblicando i nomi e i crimini di tre prigionieri giustiziati.
Quando sono state effettuate le prime tre esecuzioni del 2008, in febbraio, l’allora ministro della giustizia Kunio Hatoyama, che le aveva ordinate, ha espresso personalmente il suo punto di vista sulla pena di morte in una conferenza stampa. Lo stesso ha fatto per le quattro impiccagioni effettuate in aprile e le altre tre avvenute a giugno.
Anche la tradizione di non eseguire sentenze capitali mentre il parlamento è in sessione, nel tentativo di evitare inutili controversie, è stata rotta. Ciascuna delle quattro serie di esecuzioni, decise dal primo governo Fukuda, hanno avuto luogo quando l’assemblea legislativa era in corso.
Diminuiscono i crimini, ma aumenta la pena capitale
Lo scenario che emerge da un rapporto della Japan Federation of Bar Associations pubblicato il 18 gennaio 2007 è molto grave. Statistiche pubblicate sul dossier dimostrano che nonostante non vi sia stato un significativo aumento di gravi crimini in Giappone, i tribunali hanno inflitto un sempre maggior numero di condanne a morte. Questo perché, secondo la Japan Federation of Bar Associations, vi è una tendenza a ricorrere alla pena di morte anche per i casi che precedentemente venivano puniti con l’ergastolo. Si è infatti passati dall’unica condanna a morte pronunciata nel corso del 2003 alle 19 sentenze capitali emesse nel 2006, alle 46 del 2007 e alle 19 emesse nel 2008 fino al 9 ottobre.
Il trend negativo si è registrato anche rispetto alle condanne di ragazzi. In Giappone le persone di età inferiore ai 20 anni sono in base alla legge trattati come minorenni e comunque la pena di morte non può essere inflitta ai minori di 18 anni.
Mentre nel corso degli anni 90 si è registrato un solo caso di condanna a morte per un ragazzo che aveva 19 anni al momento del crimine, nel 2001 è stato condannato alla pena capitale un ragazzo che aveva 19 anni ed un mese al momento del fatto e, nel 2008, è stato condannato a morte un uomo riconosciuto colpevole di due omicidi commessi all’età di 18 anni. La condanna all’impiccagione è stata emessa il 22 aprile 2008 nei confronti di un uomo di 27 anni che nel 1999 aveva stuprato e strangolato una donna di 23 anni, uccidendone anche la figlia di 11 mesi.
Sono due gli elementi di novità da sottolineare nel caso in questione: il numero delle vittime e l’età dell’omicida. I tribunali giapponesi hanno in genere condannato a morte autori di omicidi di tre o più persone. Se il killer ha ucciso meno di tre persone, i tribunali hanno emesso condanne a morte solo in caso di premeditazione. L’Alta Corte di Hiroshima ha invece emesso la condanna a morte nonostante il duplice omicidio non sia stato premeditato. L’Alta Corte non ha nemmeno preso in considerazione il fatto che l’omicida, secondo la legge giapponese, era minorenne al momento del crimine, emettendo nei suoi confronti la pena massima.
Il braccio della morte giapponese...
La pena di morte è prevista per 13 reati ma, in pratica, viene applicata solo per omicidio.
La morte avviene tramite impiccagione: i detenuti, incappucciati e bendati, vengono messi sopra una botola che poi viene aperta all’improvviso.
I detenuti di solito non sono informati sulla data della loro esecuzione fino al giorno dell’impiccagione. Poiché vengono avvertiti solo un’ora prima dell’esecuzione, i detenuti non possono incontrare i parenti o presentare un appello finale. Familiari e avvocati sono generalmente informati dopo l’esecuzione, alla quale non possono assistere nemmeno gli avvocati.
I detenuti sono rinchiusi in strette celle isolate e monitorati da telecamere 24 ore al giorno. È vietato che parlino con altri detenuti. Il loro contatto con il mondo esterno è limitato a scarse, controllatissime visite dei parenti e dei loro avvocati. Non sono consentiti passatempi o televisione, è consentito possedere tre libri soltanto, anche se altri possono essere presi a prestito con il permesso del direttore purché il loro contenuto non sia giudicato “sovversivo dell’autorità.” L’esercizio fisico è limitato a due brevi sedute alla settimana fuori dalle celle, quattro pareti massicce e una piccola finestra.
Un’inchiesta della Japan Federation of Bar Associations (gli avvocati penalisti giapponesi) resa nota il 15 marzo 2006 ha rivelato che circa il 30% dei detenuti intervistati nel braccio della morte giapponese non riceve visite. Nel giugno 2006 è entrata in vigore una nuova legge concernente le strutture e il trattamento dei detenuti che migliora le disposizioni sulle visite, la corrispondenza e le condizioni di isolamento dei condannati a morte.
... quando i detenuti sono più di cento, riprendono le esecuzioni
Il 27 aprile 2007, erano state eseguite tre condanne a morte, tutte per omicidio, quelle di Kosaku Nata di 56 anni, Yoshikatsu Oda di 59 e Masahiro Tanaka di 42 anni, impiccati nelle carceri di Osaka, Fukuoka e Tokyo. Un fatto inusuale poiché sono avvenute in un periodo in cui la Dieta, il Parlamento giapponese, era in sessione mentre di solito le esecuzioni avvengono a Parlamento chiuso per evitare discussioni. Secondo il Mainichi Daily News, fonti governative hanno detto che l’allora Ministro della Giustizia, Jinen Nagase, ha ordinato le esecuzioni perché i detenuti nei bracci della morte avevano superato i cento. Il Ministro della Giustizia ha detto che così si erano ridotti a 99.
Il 23 agosto 2007, hanno avuto luogo altre tre esecuzioni nello stesso giorno, un record negli ultimi 31 anni. Hifumi Takezawa, 69 anni, e Yoshio Iwamoto, 63, sono stati impiccati nella casa di detenzione di Tokio e Kozo Segawa, 60 anni, nella città di Nagoya. Erano stati tutti condannati per omicidio.
Una linea, quella di J. Nagase, completamente diversa da quella del suo predecessore, Seiken Sugiura che, ancora il 24 settembre 2006, aveva ribadito la propria indisponibilità ad autorizzare esecuzioni capitali fino al termine del suo incarico, previsto dopo due giorni. Sugiura faceva parte del governo dimissionario guidato dal Primo Ministro Junichiro Koizumi.
Lo “spietato mietitore”...
Il 7 dicembre 2007, tre uomini, tutti riconosciuti colpevoli di omicidi plurimi, sono stati impiccati all’alba portando a nove le esecuzioni in Giappone nel 2007. Per la prima volta, le autorità giapponesi hanno comunicato i nomi dei giustiziati: si tratta di Seiha Fujima, 47 anni, e Hiroki Fukawa, 42 anni, impiccati a Tokyo, e di Noboru Ikemoto, 75 anni, impiccato a Osaka. E’ stata una fonte del Ministero della Giustizia a precisare che la decisione di dare maggiori informazioni è stata presa dal ministro della giustizia Kunio Hatoyama “per guadagnare consenso popolare nei confronti della pena di morte.”
Il 1° febbraio 2008, tre uomini sono stati impiccati per omicidio. Lo ha reso noto il Ministero della Giustizia, fornendo l’identità dei tre: Takashi Mochida, 65 anni, Masahiko Matsubara, 63, e Keishi Nago, 37, giustiziati rispettivamente nelle prigioni di Tokyo, Osaka e Fukuoka. E’ la seconda volta che le autorità giapponesi rendono note identità dei giustiziati e particolari sui crimini da loro commessi. Il ministro della giustizia Hatoyama, che le aveva ordinate, ha dichiarato: “Eseguiamo le condanne a morte solo dopo un meticoloso esame di ogni caso.”.
Il 10 aprile 2008, altre quattro persone sono state impiccate per omicidio a Tokyo e Osaka. Si tratta di Kaoru Akinaga, 61 anni, Masahito Sakamoto, 41, Masaharu Nakamura, 61, e Katsuyoshi Nakamoto, 64. In risposta a chi ha rilevato un’accelerazione delle esecuzioni nel paese, il Ministro della Giustizia Hatoyama ha dichiarato: “Come Ministro della Giustizia, mi limito ad attuare ciò che la legge richiede.”
Il 17 giugno 2008, altri tre uomini sono stati impiccati per omicidio in Giappone. I giustiziati sono: Tsutomu Miyazaki, 45 anni, impiccato nel carcere di Tokyo per gli omicidi di quattro bambine, commessi sul finire degli anni ‘80; Yoshio Yamasaki, 73 anni, giustiziato ad Osaka per gli omicidi di due persone; Shinji Mutsuda, 37 anni, messo a morte nel centro detentivo di Tokyo per duplice omicidio. “La vita delle vittime è stata spezzata con una brutalità inesprimibile a parole,” ha detto il ministro della Giustizia Kunio Hatoyama, aggiungendo che “per assicurare giustizia e proteggere con fermezza una nazione fondata sul rispetto della legge, io sto eseguendo le condanne a morte.”
Giungono così a 13 le esecuzioni praticate nel paese da quando, nell’agosto 2007, è entrato in carica il Ministro della Giustizia di Kunio Hatoyama, che aveva promesso di “svuotare il braccio della morte”. Con queste tre impiccagioni, infatti sono stati “ridotti” a 102 i prigionieri del braccio della morte, due di troppo rispetto alla regola non scritta “al massimo 100”.
Il 7 luglio 2008, il Ministro della Giustizia, soprannominato lo ‘Spietato Mietitore’ per aver ordinato un numero record di esecuzioni, ha difeso la pena di morte in quanto “civile” ma ha detto di aver perso il sonno per aver firmato gli ordini di esecuzione. “Questa è civiltà” ha detto Hatoyama in un un’intervista pubblicata dal settimanale Shukan Post. “I detenuti nel braccio della morte… non vengono portati via dallo ‘Spietato Mietitore’ ma vanno incontro alla morte in accordo con la legge.” “Non riesco a dormire nei giorni tra la firma degli ordini e le esecuzioni. Sono solo, senza aiuto perché il Ministro della giustizia non ha alcuno con cui consultarsi,” sui decreti di esecuzione, ha dichiarato Hatoyama.
...e i suoi successori
Il 1° agosto 2008, nel Fukuda bis, nato dal rimpasto di governo giapponese, il discusso Ministro della Giustizia Kunio Hatoyama, soprannominato dalla stampa “spietato mietitore” e “boia” per aver autorizzato in meno di un anno di servizio un numero record di esecuzioni capitali, è stato sostituito da Okiharu Yasuoka, ex guardasigilli nel 2000.
Appena nominato Ministro della Giustizia, il successore di Hatoyama ha però dichiarato che la pena di morte deve essere mantenuta nell’ordinamento giapponese. “Credo che la pena capitale debba essere mantenuta in quanto è sostenuta dalla popolazione,” ha spiegato Yasuoka in una breve conferenza, riferendo i risultati di un sondaggio in base al quale più dell'80% dei giapponesi è favorevole alla pena di morte.
L’11 settembre 2008, sono stati giustiziati tre condannati a morte. Sono state le prime esecuzioni avvenute in Giappone sotto il nuovo ministro della Giustizia, Okiharu Yasuoka, che le ha rese note spiegando che tutti e tre erano stati riconosciuti colpevoli di omicidio in tre casi distinti. Si tratta di Yoshiyuki Mantani, 68 anni, di Mineteru Yamamoto, 68, e di Isamu Hirano, 61. Il primo era stato condannato per aver accoltellato diverse donne nel corso di rapine, uccidendo una diciannovenne nel 1998. Il secondo era stato giudicato colpevole in due casi di furto, e condannato a morte per l’omicidio di una coppia, suo cugino e la moglie, nel tentativo di rapinarli nel 2004. Il terzo avrebbe ucciso la coppia presso cui lavorava, rubando dei soldi e dando fuoco alla loro abitazione. Mantani e Yamamoto sono stati impiccati nel carcere di Osaka mentre Hirano nella prigione di Tokyo.
Il 28 ottobre 2008, due uomini sono stati impiccati per omicidio, portando così a 15 le esecuzioni praticate nel paese dall’inizio dell’anno. I giustiziati – ha reso noto il Ministero della Giustizia – sono Michitoshi Kuma, 70 anni, e Masahiro Takashio, 55, riconosciuti colpevoli rispettivamente del sequestro e omicidio di due bambine nel 1992 e degli omicidi a scopo di rapina di due donne nel 2004. Si tratta delle prime impiccagioni da quando, a fine settembre, si è insediato come primo ministro il conservatore Taro Aso. Negando che il Giappone voglia accelerare il ritmo delle esecuzioni, il ministro della Giustizia Eisuke Mori ha dichiarato che “le esecuzioni di oggi sono state effettuate dopo un completo, prudente e adeguato esame”. “Non mi lascio assolutamente condizionare dagli intervalli tra le esecuzioni o dalla loro collocazione temporale”, ha aggiunto Mori, che in occasione della nomina a Ministro della Giustizia ha promesso di svolgere in modo “estremamente serio” i propri compiti relativi alla pena capitale.
Dopo queste due ultime esecuzioni, i prigionieri in attesa di essere impiccati in Giappone diventano 101, un numero vicino alla capienza tollerata dal governo del braccio della morte.