Introduzione al Rapporto 2014 di Elisabetta Zamparutti

12 Gennaio 2017 :

INTRODUZIONE
di Elisabetta Zamparutti
Tesoriera di Nessuno tocchi Caino

E’ già abbastanza grave che la pena di morte resista nella più antica democrazia del mondo, gli Stati Uniti, e sia anche ancora connotata da elementi di razzismo e arbitrarietà nella sua applicazione. Tuttavia è ancor più inquietante assistere alle conseguenze della presunta civiltà dell’iniezione letale.
Nessuno tocchi Caino si era messa di traverso nel dicembre 2010 quando, con una mozione approvata dal Parlamento, impegnammo il Governo a controllare l’intera filiera del Pentotal che la società farmaceutica americana Hospira avrebbe voluto produrre in Italia nel suo stabilimento di Liscate, al fine di assicurare che non venisse utilizzato per la pena di morte. Ottenemmo il blocco totale della produzione di questo farmaco da parte dell’azienda. A questa decisione seguirono quelle di altre multinazionali che hanno introdotto blocchi e controlli tali da prevenire che l’anestetico e altri farmaci di loro produzione potessero finire nei penitenziari degli Stati Uniti per la pratica delle iniezioni letali. La progressiva penuria che si era venuta così determinando ha indotto alcuni Stati della federazione americana, non solo ad adottare nuovi protocolli di iniezione letale o a sostituire il Pentotal con altri farmaci, ma anche a percorrere strade che rischiano ora di far deragliare l’America dal binario dello Stato di Diritto e dai suoi stessi principi fondativi.
Viste, infatti, le ormai quasi insormontabili difficoltà a reperire i farmaci mortali sul normale mercato nazionale e internazionale, le amministrazioni penitenziarie hanno pensato di rivolgersi a laboratori artigianali, quelli che negli USA si chiamano “Compounding Pharmacies”. Il passaggio a questo nuovo tipo di “rifornimento” è stato accompagnato da una serie di leggi sulla segretezza (Secrecy Laws) che consentono alle amministrazioni penitenziarie di non rispondere a giornalisti, avvocati o associazioni per i diritti umani che chiedono informazioni sui nomi dei fornitori e sulle sostanze usate nella procedura di esecuzione. Dei 32 Stati che utilizzano ancora l’iniezione letale, almeno 11 – Arkansas, Colorado, Florida, Georgia, Louisiana, Mississippi, Missouri, Oklahoma, South Dakota, Tennessee e Texas – hanno adottato leggi sul segreto di Stato che impediscono al pubblico o ai detenuti di conoscere la fonte dei farmaci di esecuzione. Tra questi figurano i più attivi Stati esecuzionisti americani: il Texas, la Florida, il Missouri e l’Oklahoma.
La maggior segretezza intorno ai protocolli farmacologici è solo l’ultima tattica che legislatori e autorità carcerarie stanno mettendo in atto in tutto il Paese pur di continuare a uccidere “civilmente”, ed è motivata con l’argomento avanzato da funzionari delle prigioni secondo cui rivelare il fornitore potrebbe essere pericoloso. In particolare, le compounding pharmacies sarebbero facilmente accessibili al pubblico e costituirebbero un bersaglio facile per attacchi violenti. Al contrario, gli avvocati dei condannati a morte sostengono la necessità di tali informazioni per verificare l’efficacia dei farmaci e proteggere i loro clienti da punizioni crudeli.
La questione è esplosa in tutta la sua drammaticità e gravità a seguito della disastrosa esecuzione di Clayton Lockett avvenuta lo scorso 29 aprile in Oklahoma, uno degli Stati che aveva introdotto una legge sulla segretezza. Clayton Lockett ha impiegato 43 minuti per morire, fra indicibili sofferenze, dopo l’iniezione di un cocktail di farmaci non testati la cui origine non è stata resa pubblica. Gli avvocati di Lockett avevano sostenuto in anticipo che avrebbe rischiato una punizione crudele e inusuale a causa della mancanza di informazione sulla fonte dei farmaci, ma la Corte Suprema dello Stato ha dato il via libera per la forte pressione da parte dei politici locali, alcuni dei quali hanno minacciato di mettere sotto accusa i giudici. Dopo il “caso Lockett”, l’Oklahoma ha deciso di sospendere le esecuzioni per sei mesi per consentire la conclusione di un’indagine interna sull’accaduto. Anche il Presidente Obama è intervenuto sulla vicenda, descrivendo l’esecuzione di Lockett “profondamente preoccupante” e chiedendo all’Attorney General Eric Holder di rivedere il modo in cui la pena di morte è condotta negli Stati Uniti.
Rispetto a questa situazione, il 15 maggio 2014, The Guardian, Associated Press e i tre principali quotidiani del Missouri – il Kansas City Star, lo Springfield News-Leader e il St Louis Post-Dispatch – hanno deciso di presentare un ricorso giurisdizionale per mettere in discussione il segreto di Stato a fronte del diritto del popolo americano a sapere come la pena capitale viene applicata in suo nome. L’azione legale sostiene che in base al Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti il pubblico ha il diritto di accesso alla conoscenza “del tipo, della qualità e della fonte dei farmaci utilizzati da uno Stato per giustiziare un individuo in nome del popolo”. E’ la prima volta che il Primo Emendamento, nella parte che tutela la libertà di stampa, è stato chiamato in causa per sfidare il segreto nell’applicazione della pena di morte.
A seguito dell’esecuzione di Clayton Lockett in Oklahoma, la rivista americana “The New Republic” ha pubblicato le impressionanti foto dell’esecuzione di Angel Diaz tramite iniezione letale compiuta il 13 dicembre 2006 in Florida, foto emblematiche che abbiamo deciso di pubblicare come copertina di questo nostro Rapporto. Le sostanze chimiche, iniettate malamente, hanno bruciato la pelle delle sue braccia che ha cominciato a staccarsi, rivelando il tessuto bianco sottocutaneo. Tutto questo sembra confliggere con la decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti, adottata nel 2008, secondo la quale l’iniezione letale non rappresenta una punizione “crudele e inusuale” e quindi non è contraria alla Costituzione americana. Ma soprattutto dimostra che non esiste alcun metodo umano per uccidere un essere umano.
Non è solo questione relativa alla pena di morte, che è ormai considerata nella gran parte del mondo un ferrovecchio della storia, inumano, inutile e costoso, ma è anche questione relativa ai Diritti Umani in generale. Nel mondo cosiddetto “libero”, “democratico” e magari anche “abolizionista”, il connotato è sempre più quello di regimi che potremmo definire di “democrazia reale”, che sono l’opposto della Democrazia, come è accaduto nella storia che i regimi di “socialismo reale” si connotassero come l’opposto del Socialismo. La realtà, oggi, è quella di un Potere di Fatto delle “democrazie reali” che si sta affermando nel mondo contro lo Stato di Diritto, la Democrazia e il sistema ONU dei trattati e delle convenzioni sui Diritti Umani. E’ il combinato disposto della Ragion di Stato e del Segreto di Stato che si manifesta di nuovo, dopo cinquant’anni, come tremendo potere tecnologico, strutturale e fuori controllo, che lo stesso Ike Eisenhower profeticamente denunciava mezzo secolo fa, in riferimento al potere del “complesso militare industriale congressuale”, quale minaccia massima per il mondo e soprattutto per gli Stati Uniti. Emblematico da questo punto di vista è il ricorso dell’America a ordigni letali per l’eliminazione “mirata” di certe persone sulla base di processi decisionali avvolti dalla segretezza.
In questo Rapporto, noi classifichiamo come “esecuzioni extragiudiziarie” le decapitazioni, le lapidazioni e le fucilazioni effettuate dagli estremisti islamici di Al-Shabaab in Somalia, dai Talebani in Afghanistan e in Pakistan, dagli estremisti filo Al-Qaeda in Yemen e dal gruppo jihadista sunnita Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIL), nelle zone da loro controllate nelle quali impongono una rigida applicazione della Sharia. Sono invece ancora in attesa di classificazione le uccisioni effettuate con gli aerei senza pilota, i cosiddetti droni, che, secondo stime della New America Foundation di Washington e del Bureau of Investigative Journalism di Londra, al febbraio 2014, avevano già ucciso 4.700 persone, inclusi i civili, in Afghanistan, Yemen, Somalia, Pakistan.
Gli attacchi con gli aerei senza pilota sono coperti da un velo spesso di segretezza, e si sarebbero intensificati soprattutto nel corso della presidenza Obama. Le uccisioni sono state estese anche a cittadini americani all’estero sospettati di attività anti-americane, cittadini che in patria avrebbero avuto un processo con tutte le garanzie possibili, anche quelle previste dal sistema arcaico della pena capitale. Glenn Greenwald, il giornalista che dal quotidiano The Guardian per primo parlò del caso Snowden, ha commentato la notizia di un possibile utilizzo di un drone per uccidere un cittadino statunitense, membro di Al-Quaeda, che stava attivamente pianificando attacchi contro Americani all’estero, in questi termini: “L’idea che il governo USA pensi di colpire qualcuno non per le cose fatte ma per quelle che immagina farà è una specie di previsione del futuro su chi diventerà un criminale. A quel punto non lo tratta come un criminale, che ha diritto ad un processo pubblico, ma lo dichiara colpevole dopo un processo segreto… attraverso un decreto del Presidente degli Stati Uniti”.
Come definire queste uccisioni decise dalle autorità USA senza alcun processo, in base a sospetti di attività anti-americane, nel nome della guerra mondiale al terrorismo: esecuzioni illegali? Sommarie? Extragiudiziarie? Il Segretario Generale dell’ONU, Ban Ki-moon ha dichiarato che “L’uso di droni armati, come ogni altra arma, dovrebbe sottostare a una legge internazionale, inclusa la legge umanitaria internazionale”. Noi crediamo che si debba arrivare a una sorta di Trattato Internazionale che almeno regolamenti se non si vuole, come invece io credo si debba fare, mettere al bando questa pratica, come è stato fatto con i trattati, ad esempio, sulla messa al bando delle mine anti-uomo e delle armi di distruzione di massa.
La via internazionale può aiutare gli Stati Uniti a uscire anche dalle contraddizioni, a mio parere irrisolvibile, di voler assicurare standard umani nella pratica della pena di morte. In autunno l’Assemblea Generale voterà una nuova Risoluzione per una moratoria delle esecuzioni capitali e gli Stati Uniti potrebbero prendere in considerazione un voto a favore, o quantomeno astenersi, in modo da corrispondere con coerenza, non solo alle preoccupazioni espresse dal Presidente Obama dopo l’esecuzione di Lockett, ma anche alla nuova realtà di una federazione americana dove ormai la maggioranza delle giurisdizioni – 28 su 53 – o non hanno la pena di morte oppure non la praticano da almeno 10 anni.