Dossier 'I VOLTI DELLA REPRESSIONE'

13 Febbraio 2020 :


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Per aggiornare la lista UE dei soggetti a misure restrittive per gravi violazioni dei diritti umani in Iran
Gennaio 2020

L’associazione NESSUNO TOCCHI CAINO – Spes contra Spem è stata fondata nel 1993 dal Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito.
È un organismo ad adesione diretta o federativa che conduce una campagna mondiale per l’abolizione della pena di morte, della pena fino alla morte e della morte per pena.
È conosciuta nel mondo per aver portato al successo, nel 2007, la Risoluzione per la Moratoria universale delle esecuzioni capitali da parte dell’Assemblea Generale dell’ONU.

Via di Torre Argentina, 76 00186 - Roma Tel. 06 68979330 info@nessunotocchicaino.it  www.nessunotocchicaino.it - www.handsoffcain.info

INTRODUZIONE
di Elisabetta Zamparutti*
L’elezione di Hassan Rouhani come Presidente della Repubblica Islamica nel giugno del 2013 e la sua riconferma alle elezioni del maggio 2017, hanno portato molti osservatori, alcuni difensori dei diritti umani e la comunità internazionale a salutare il suo avvento come una svolta e a essere ottimisti sul futuro dell’Iran. Tuttavia, se consideriamo l’applicazione della pena di morte, il suo Governo non ha cambiato regime; anzi, il tasso di esecuzioni è nettamente aumentato a partire dall’estate del 2013. Oltre 3.883 prigionieri sono stati giustiziati dal 1° luglio 2013, inizio della presidenza di Rouhani. Almeno 310 persone, compresi sette minorenni al momento del fatto e cinque donne, sono state impiccate nel 2018. Nell’anno appena passato, le esecuzioni sono state almeno 285, tra cui quelle di otto minorenni e diciassette donne. Il primo Capodanno degli Anni Venti del terzo millennio è stato festeggiato con l’impiccagione collettiva di otto uomini nel carcere di Rajai-Shahr della città di Karaj. Almeno altre 2 donne sono state giustiziate nei primi dell’anno, portando a 106 il numero totale di donne giustiziate durante il regno del presunto moderato Hassan Rouhani. Il 1° gennaio 2020, era anche il 48° giorno in cui cittadini iraniani in massa scendevano in piazza contro il regime, nonostante la repressione di quelle manifestazioni avesse già provocato almeno 1.500 morti tra uomini, donne e bambini, freddati per lo più da proiettili sparati a bruciapelo dai Pasdaran e almeno 12.000 persone fossero state arrestate. Di questi iraniani inermi oggi non si sa più nulla e nessuno se ne interessa, nonostante penda su di loro la minaccia di finire con un cappio intorno al collo. Poi è accaduto che il 2 gennaio un militare iraniano, tra i più feroci dei generali in circolazione, Qassem Suleimani, capo della Forza Quds, corpo speciale dei Pasdaran, incontrasse un drone americano, e per ciò stesso tramutarsi in martire ed eroe da carnefice qual era. Questo ha anche acceso i riflettori sull’Iran ma di una luce che non dirada le tenebre perché non fa conoscere la vera natura di questo regime e i crimini di cui costantemente si rende responsabile. Suleimani era disprezzato dalla stragrande maggioranza degli iraniani e, durante le rivolte nel 2018 e nel 2019, i dimostranti hanno strappato e incendiato i suoi manifesti in diverse città. Anche in Iraq, dove i manifestanti ne chiedevano da tempo l’espulsione, hanno accolto con favore la sua morte come un segno della fine del controllo del regime dei mullah sul loro Paese. Suleimani è stato descritto come uno stratega a capo di milizie implicate in vari scenari funzionali a un disegno espansionista iraniano, ma non è stata comunicata con altrettanta enfasi la natura sanguinaria delle sue milizie e del suo operato. Alcuni magari le ricordano per l’assedio di Aleppo in Siria. Io le ricordo per il massacro di 141 oppositori al regime iraniano, membri dell’Organizzazione dei Mojahedin del Popolo Iraniano, che sono stati attaccati a più riprese tra il 2009 e il 2016 in Iraq, dove godevano dello status di rifugiati. Ricordo, in particolare, l’attacco del 1° settembre 2013 a Campo Ashraf quando 52 rifugiati furono freddati dai miliziani di Suleimani. Era il tentativo di una soluzione finale degna di un regime nazista. E non uso questo termine a caso, proprio perché il regime iraniano proclama la cancellazione di Israele dalla carta geografica. Lo stesso successore di Suleimani, quell’Esmail Ghaani che per vent’anni è stato suo vice e il cui curriculum nulla ha da invidiare al suo defunto capo, sembra oggi molto più incline a un approccio violento contro Israele. D’altro canto parliamo di un regime nel quale componenti la “commissione della morte”, che nel 1988, nel giro di poche settimane, si rese responsabile del massacro di 30.000 prigionieri politici, ricoprono tutt’ora posti apicali a partire dall’attuale Ministro della Giustizia Ebrahim Raisi. Di fronte a questo non sono risposte adeguate gli appelli alla moderazione delle parti in causa che si invocano da chi non distingue le responsabilità e la differenza tra aggressori e aggrediti e non pone il rispetto dei diritti umani quale unico indice, serio ed universalmente riconosciuto, per valutare se un Paese rappresenta una minaccia alla pace e alla sicurezza. L’Italia, questa moderazione, l’ha argomentata in nome di una normalizzazione e di una stabilità necessarie a evitare che dalla tensione traggano vantaggio l’estremismo violento e il terrorismo. Come se il detonatore dell’estremismo violento e del terrorismo non fosse l’Iran stesso! Né la soluzione può essere quella dei droni, non solo perché il suo uso avviene al di fuori di ogni norma e disciplina previste dal diritto internazionale, ma anche perché è un metodo mascherato, sbrigativo e segreto di esecuzione capitale, che viene adottato nei confronti di acerrimi nemici dell’America come Suleimani, ma anche nei confronti di cittadini americani all’estero sospettati di attività anti-americane, gli uni e gli altri, cittadini stranieri e cittadini americani, che uccisi sommariamente per via dei droni in America avrebbero avuto invece un processo con tutte le garanzie possibili, anche quelle previste dal sistema arcaico della pena capitale. Vale dunque anche per Qassem Suleimani il nostro Nessuno tocchi Caino, motto che Marco Pannella applicò anche nel caso di Saddam Hussein, non certo per difendere il dittatore assassino, ma per denunciare l’aberrazione di uno Stato che nel nome di Abele diventa esso stesso Caino!

*Tesoriere di Nessuno Tocchi Caino - Spes contra Spem, ex membro del Comitato Europeo prevenzione tortura per conto dell’Italia.


I VOLTI DELLA REPRESSIONE
Quelli che seguono sono esponenti del regime iraniano responsabili di gravi violazioni dei diritti umani. Tra questi, alcuni hanno avuto un ruolo centrale nel massacro di oltre 30.000 prigionieri politici, compiuto nel 1988 e considerato da alcuni Stati, come il Canada, un crimine contro l’umanità. Altri hanno responsabilità nella sanguinosa repressione della recente rivolta esplosa nel mese di novembre 2019 e che ha provocato la morte di oltre 1.500 persone, 4.000 feriti e 12.000 arresti. Di conseguenza, Nessuno tocchi Caino – Spes contra spem chiede la loro inclusione nell’elenco dell’Unione Europea delle persone destinatarie delle misure restrittive in vista della sua revisione prevista entro il 13 aprile 2020. Consideriamo importante che questi uomini siano “citati per nome e smascherati” in ragione delle gravi violazioni dei diritti umani di cui si sono resi responsabili in Iran e fuori dall’Iran. È una forma di espressione di solidarietà con il popolo iraniano, oppresso dal regime da oltre 40 anni. È anche un modo per cercare la giustizia e riconoscere la responsabilità per i crimini che hanno commesso ponendo fine alla cultura dell’impunità. Il fatto che, in conseguenza del loro inserimento nella lista europea, le loro risorse economiche vengano congelate, gli affari economici e finanziari con loro siano interdetti così come visti e permessi di ingresso in Europa, è un modo per preservare l’impegno europeo a tutela e promozione dei diritti umani e dello Stato di Diritto, oltre che evitare ogni forma di complicità nei crimini commessi da questi esponenti del regime. La conoscenza di questi profili rende manifesto anche come l’Iran non possa essere considerato parte della soluzione della crisi del Medio Oriente essendo questo regime teocratico, al contrario, il problema, la causa della crisi e la fonte principale della minaccia alla pace e alla stabilità nella regione. La pace e la sicurezza si possono affermare solo quando i diritti umani sono rispettati e i responsabili di gravi violazioni finalmente rimossi.

Ebrahim Raisi
È attualmente il Capo della Magistratura, incarico che ricopre dal marzo 2019. È stato scelto direttamente dalla Guida Suprema, l’Ayatollah Ali Khamenei, in sostituzione di Sadegh Amoli Larijani, che è sotto sanzioni americane ed europee per le gravi violazioni dei diritti umani che ha compiuto. Lo stesso può valere per Raisi che ha ricoperto diverse altre posizioni di rilievo nella magistratura iraniana, tra cui quella di Procuratore (1980-1994), di Vice Capo della Magistratura (2004-2014) e di Procuratore Generale (2014-2016). In tali vesti, ha cercato prove o accusato, ha detenuto, torturato e giustiziato moltissimi detenuti. Raisi ha fatto anche parte della “Commissione della morte” che ha deciso e messo in atto quel massacro di almeno 30 mila prigionieri politici nel 1988 dopo processi sommari, a volte basati su interrogatori di pochi minuti.
Durante il suo mandato, il numero delle esecuzioni è aumentato da circa 100 esecuzioni all’anno fino a quasi 1.000. In un’occasione, ha lodato l’amputazione della mano di un ladro, definendola “punizione divina” e “fonte di orgoglio”. Nel novembre 2019, durante le manifestazioni anti regime scoppiate a seguito dell’annuncio di massicci aumenti dei prezzi del carburante, Ebrahim Raisi ha minacciato i leader della protesta che erano stati arrestati di comminare loro “severe punizioni”, compresa la pena di morte. Raisi è stato anche candidato alla presidenza della Repubblica Islamica ed è attualmente il custode di Astan Quds Razavi, incarico che ricopre dal marzo 2016. Astan Quds Razavi è un conglomerato internazionale con un portafoglio immobiliare del valore stimato di 20 miliardi di dollari. È una centrale di corruzione e di criminalità in Iran. Ebrahimi Raisi è sottoposto a sanzioni USA dal marzo 2019.


Mohammad-Javad Azari Jahromi
È attualmente Ministro delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (ICT), incarico che ricopre dall’agosto 2017. È il più giovane ministro nel Governo Rouhani. Nonostante i proclami a sostegno dell’ampliamento dell’accesso a Internet in Iran, Jahromi ha giocato un ruolo determinante nella campagna di repressione, controllo e censura che il Governo iraniano ha messo in atto durante la rivolta iniziata nel novembre 2019 nei confronti degli attivisti. Ha anche detto che le manifestazioni erano sostenute da potenze straniere che volevano rovesciare il regime. L’accesso a Internet in Iran è stato infatti bloccato dal suo ministero per diversi giorni motivandolo con problemi di sicurezza nazionale. Azari Jahromi è un ex dipendente del tristemente noto Ministero dell’intelligence iraniano e il recente blocco di Internet ha riprodotto schemi e modalità analoghi al blocco del 2017 e del 2018. Jahromi è stato coinvolto anche in operazioni di repressione delle proteste del 2009, quando ha aiutato ad identificare, rintracciare, arrestare e imprigionare molti manifestanti. È stato ritenuto responsabile di aver anche interrogato personalmente attivisti durante questo periodo. Dal 22 novembre 2019, Mohammad-Javad Azari Jahromi è soggetto alle sanzioni statunitensi per il ruolo che ha avuto nella censura su larga scala che ha messo in atto.


Abbas Salehi
È attualmente Ministro della Cultura e della Guida Islamica (MCIG), incarico che ricopre dall’agosto 2017. Salehi supervisiona un ferreo sistema di censura nei confronti del dissenso e di propaganda della politica del regime che riguarda ogni forma di intrattenimento e di cultura. Tutta la comunicazione è sottoposta a licenza che Salehi concede a fronte di garanzie di rispetto della linea di governo. Attraverso il controllo dell’arte e della cultura, si determinano gli arresti di quei titolari di licenza che non si attengono alla linea del regime o la reclusione e la tortura di coloro che pubblicano senza una licenza. Dagli anni ‘80, il MCIG ha svolto un ruolo di primo piano nel sopprimere il dissenso politico e culturale essendo la sua missione la protezione della “società dall’influenza delle culture aliene” e la promozione dei “valori della rivoluzione islamica” basati sul pensiero e la politica dell’allora Guida Suprema, l’Ayatollah Ruhollah Khomeini. L’amministrazione Obama ha sanzionato il Ministero della Cultura nel 2012 per via di questa censura. Tuttavia, anche chi ne è alla guida necessita di attenzione. Il Ministro fa anche parte del Consiglio supremo del Cyberspazio, la massima autorità del regime in materia di politica di Internet, che emette regolarmente direttive per monitorare i dissidenti e vietare siti Web discutibili. Salehi ha chiarito di essere fedele alla brutale ideologia del regime. Come documentato da Reporter sans frontières, nel 2019, l’Iran già era uno dei cinque Paesi che maggiormente ricorre al carcere nei confronti dei giornalisti e primo al mondo per numero di donne giornaliste detenute.


Mahmoud Alavi
È attualmente Ministro dell’Intelligence (MOIS), incarico che ricopre dal 2013. Mahmoud Alavi è uno strenuo difensore della Repubblica Islamica in nome della quale combatte “l’egemonia globale guidata dagli Stati Uniti, che cercano il dominio sul mondo, il sionismo criminale e il regime Saudita che uccide i bambini”. Per volere della Guida Suprema Ali Khamenei, è stato a capo del corpo politico e ideologico dell’esercito iraniano (dal 2000 ad agosto 2009). Ha anche assunto l’incarico di Viceministro della Difesa. Alavi vede il suo ministero come l’avanguardia di un fronte plurimo. Sotto la sua guida, il MOIS ha mantenuto tutta la sua aggressività e la sua azione spesso si sovrappone agli sforzi del più noto Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC), inclusa la Forza Quds. Ha reti e connessioni a livello globale. Sotto la sua leadership, sono proseguite le violazioni dei diritti umani e, d’intesa con altre organizzazioni paramilitari iraniane, vengono spesso arrestati e torturati giornalisti, attivisti per i diritti umani, oppositori politici e minoranze etniche e religiose. Alavi ha contribuito a promuovere la propaganda di regime sui mezzi di informazione, compresa la trasmissione di confessioni forzate da parte di prigionieri politici. Il 3 settembre 2019, in una discussione nel Majlis (Parlamento iraniano), Mahmoud Alavi ha riconosciuto il fatto che il regime dei mullah ricorre alla tortura e alle misure volte a ottenere confessioni forzate. È stato attivamente impegnato nella repressione delle proteste anti-regime nel novembre 2019 e ha chiesto l’arresto di manifestanti e le loro condanne a morte.


Abdolreza Rahmani Fazli
È attualmente Ministro degli Interni, incarico che ricopre dall’agosto 2013. Rahmani Fazli è promotore di una visione integralista del regime e vigila sul divieto di raduni pubblici e sulle organizzazioni della società. Ha incoraggiato maltrattamenti di attivisti dei diritti umani, la repressione di sindacalisti e ha limitato l’accesso delle donne al posto di lavoro. Fazli è legato anche alla gestione della brutale polizia denominata Law Enforcement Force (LEF) che lavora a stretto contatto con altre organizzazioni, in particolare con il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC), il Basij e il Ministero dell’Intelligence. Da quando sono iniziate le proteste a livello nazionale alla fine del 2017, la polizia ha arrestato migliaia di manifestanti reclusi anche in quei centri di detenzione non ufficiali, che questo corpo di polizia gestisce direttamente e dove i suoi ufficiali abusano sistematicamente dei detenuti tanto fisicamente che psicologicamente. Quando la rivolta è iniziata a novembre 2019, il Ministro degli Interni ha lanciato minacce, dicendo che “se le proteste continuano, nonostante la moderazione delle forze dell’ordine e delle forze di sicurezza, queste dovranno svolgere i loro compiti”. Una dichiarazione di “tolleranza” che è stata fatta quando già 20 manifestanti erano stati uccisi dalle forze di sicurezza. Fazli ha continuato a negare informazioni su chi avesse autorizzato l’uso letale della forza contro i manifestanti e su quanti fossero i morti, i feriti e gli arrestati. In una dichiarazione davvero inquietante, ha insistito sul fatto che gli arrestati avrebbero confessato in TV ciò che avevano fatto durante le proteste. Tuttavia, è notorio che la televisione iraniana trasmette confessioni estorte sotto tortura. A proposito delle manifestazioni, Rahmani Fazli ha prima ammesso per poi negarlo il blocco di internet da parte del suo Ministero, mentre in una intervista ha anche ammesso che durante la rivolta di novembre i manifestanti sono stati colpiti alla testa e “ad alcuni hanno sparato anche alle gambe”.


Hossein Ashtari
È attualmente Capo della Law Enforcement Force (LEF), nominato direttamente dalla Guida Suprema Khamenei nel 2015. La LEF o NAJA, nel suo acronimo persiano, è la polizia della Repubblica Islamica dell’Iran, coinvolta non solo nel mantenimento della sicurezza da un punto di vista fisico ma di quella “morale e sociale”. Ciò significa che la polizia mira a preservare e far rispettare l’ideologia islamista del regime. In questo senso, i compiti della LEF spesso si sovrappongono al lavoro del Basij, la polizia religiosa ufficiale. Ashtari è tra quei funzionari che hanno avuto un ruolo cruciale nella conservazione del potere da parte di Khamenei, sopprimendo sistematicamente il dissenso attraverso la violenza e l’intimidazione. Sotto la guida di Ashtari, dalla fine del 2017, la LEF ha ucciso decine di persone e ne ha arrestate altre migliaia, sparando tra la folla e picchiando i manifestanti. Le forze dell’ordine sono state dispiegate per strada per intimidire i cittadini ed evitare disordini.
La LEF gestisce anche centri di detenzione non ufficiali, dove gli ufficiali abusano dei detenuti fisicamente e psicologicamente. Quando la rivolta è iniziata nel novembre del 2019, Ashtari è stato tra coloro che ha avuto una chiara responsabilità politica nella repressione e nella morte dei manifestanti. Li aveva ammoniti severamente quando ha detto che chi mette in discussione l’ordine o viola i diritti delle persone sarebbe stato trattato secondo la legge. “Non permetteremo che la pace e la sicurezza – che prevalgono nel paese – siano interrotte”, aveva aggiunto. Ashtari ha affermato che la polizia “ha compiuto la sua missione con pazienza durante i giorni delle proteste”. Ha anche accusato i manifestanti di obbedire alle organizzazioni controrivoluzionarie. Nel gennaio 2019, Ashtari ha dichiarato che le forze di polizia sotto il suo comando erano disposte a formare organizzazioni terroristiche per combattere contro l’Occidente.


Gholamreza Soleimani
È attualmente il Comandante della forza di resistenza Basij, una forza paramilitare subordinata al Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC). È stato nominato dalla Guida Suprema nel luglio 2019. La milizia Basij recluta, addestra e schiera bambini soldato nei conflitti alimentati dall’IRGC in tutta la regione, impone l’hijab, arresta le donne che violano il codice di abbigliamento e arresta i giovani che partecipano a feste dove ci sono ragazzi insieme a ragazze e che si fanno vedere in pubblico in compagnia di chi è di sesso opposto. I Basiji sono usati per diffondere l’ideologia di Stato, fanno propaganda attraverso campagne politiche, proteggono i politici, fanno rispettare la morale e le regole islamiche, si avvalgono di una rete di milioni di informatori, in questo modo controllando e reprimendo il dissenso, rivolte e manifestazioni. Il capo dei Basiji ha affermato che la democrazia iraniana con le sue esecuzioni e le sue frustate è un modello per il mondo. Gholamreza Soleimani, quando era brigadiere generale dell’IRGC, si è reso responsabile di una dura repressione in varie provincie e città iraniane durante la rivolta del 2018. È soggetto alle sanzioni statunitensi dal 10 gennaio 2020.


Ali Shamkhani
È attualmente Segretario del Consiglio Supremo di Sicurezza Nazionale (SNSC), nominato dalla Guida Suprema nel settembre 2013. Ali Shamkhani, ammiraglio dell’IRGC, determina le politiche di sicurezza e di difesa del Paese e coordina le attività politiche, di intelligence, sociali ed economiche in conformità con la linea della Guida Suprema tanto sul piano interno che su quello della politica estera.
Il 12 dicembre 2019, ha ammesso il brutale massacro di manifestanti nel corso della recente rivolta scoppiata nel novembre 2019. Secondo l’agenzia di stampa ufficiale dell’IRNA, in un incontro con le famiglie delle persone uccise durante le proteste, ha dichiarato: “Oltre l’85% di coloro che sono morti nei recenti eventi a Teheran non ha preso parte alle proteste”. In modo ridicolo, ha affermato che “sono stati uccisi in modo sospetto con armi non ufficiali”. Ha avuto il coraggio di fare una simile dichiarazione, quando è risaputo che le forze dell’ordine erano le uniche ad essere armate con i social media inondati di filmati dove si vedono le forze repressive del regime e agenti in borghese che sparano sui manifestanti indifesi. Per quanto riguarda la politica estera, Shamkhani ha recentemente affermato: “Se le truppe statunitensi non lasciano la nostra regione volontariamente e in posizione verticale, faremo qualcosa per portare via i loro corpi in orizzontale”. Il 10 gennaio 2020, il Dipartimento degli Stati Uniti ha annunciato sanzioni contro di lui.


Abolhassan Firouzabadi
È attualmente consigliere militare senior della Guida Suprema Ali Khamenei ed ex capo delle forze armate iraniane dal 1989 al 2016. Firouzabadi è coinvolto in gravi violazioni dei diritti umani, come l’assassinio di manifestanti, arresti di massa e torture di civili. Ha avuto un ruolo di primo piano nella persecuzione della minoranza Bahai e ha incoraggiato pubblicamente la persecuzione e l’azione penale nei confronti degli ambientalisti, anche stranieri. Dal 30 maggio 2018, è soggetto alle sanzioni statunitensi per aver intrapreso attività di censura per proibire, limitare o penalizzare l’esercizio della libertà di espressione o d’assemblea così come per le limitazioni imposte alla stampa o ai media televisivi. È considerato tra i principali responsabili del blocco delle applicazioni social, come Telegram, in questo modo costringendo gli iraniani a utilizzare le applicazioni gestite dallo Stato come tali monitorate dal regime. È inserito nell’elenco delle sanzioni finanziarie consolidate dell’Unione europea, ma non è ancora nell’elenco di coloro sotto sanzione per gravi violazioni dei diritti umani in Iran.

Mohammad Reza Ashtiani
È attualmente Vice Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate Iraniane nominato dalla Guida Suprema Ali Khamenei nel luglio 2019. Come politico conservatore ha rappresentato la città di Qom nel Parlamento iraniano dal 2004 al 2016. Ashtiani ha servito a lungo l’esercito. Nel 2013, è stato nominato vicedirettore dell’ispezione del personale delle forze armate. Nel nominarlo, Khamenei ha spiegato che la sua nomina era dovuta alla raccomandazione di Mohammad Bagheri, il capo di stato maggiore delle forze armate. Nel suo ordine, Khamenei ha chiesto ad Ashtiani di impegnarsi per “migliorare le capacità difensive e di sicurezza delle forze armate”. Mohammad Reza Ashtiani è soggetto alle sanzioni statunitensi dal 10 gennaio 2020.


Hossein Salami
È attualmente capo del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC), nominato dalla Guida Suprema, l’Ayatollah Ali Khamenei, nell’aprile 2019. L’IRGC è la più potente organizzazione militare e di sicurezza dell’Iran, nonché un attore economico chiave. Il Maggiore Generale Salami, un veterano della guerra del 19801988 con l’Iraq, era stato Vice Comandante dell’IRGC, organizzazione che aveva servito in precedenza come capo dell’aeronautica militare, che è responsabile del programma missilistico iraniano. Salami che aveva precedentemente minacciato gli Stati Uniti, Israele e i paesi arabi del Golfo Persico, nel novembre 2019, ha minacciato di distruggere gli Stati Uniti e i suoi alleati mediorientali, accusandoli, durante un discorso televisivo, di aver istigato le proteste del novembre 2019. “Abbiamo mostrato moderazione. ... Abbiamo dimostrato pazienza nei confronti delle mosse ostili dell’America, del regime sionista (Israele) e dell’Arabia Saudita contro la Repubblica islamica dell’Iran”, ha affermato in occasione di comizi pubblici. “Se attraversi la nostra linea rossa, ti distruggeremo. Non lasceremo nessuna mossa senza risposta.” Salami aveva precedentemente affermato che l’Iran è “riuscito a ottenere la capacità di distruggere il regime sionista impostore”, quattro decenni dopo la Rivoluzione iraniana. “Il secondo passo della rivoluzione è il passo che riorganizza la costellazione del potere a favore della rivoluzione. L’evoluzione islamica dell’Iran sarà in cima a questa costellazione”, ha detto Salami, aggiungendo, “nel secondo passo, penseremo alla mobilitazione globale dell’Islam”. Hossein Salami è soggetto alle sanzioni statunitensi dall’aprile 2019 ed è inserito nell’elenco consolidato delle persone, gruppi ed entità soggetti a sanzioni finanziarie dell’UE, ma non ancora nell’elenco di quelli soggetti a misure restrittive per gravi violazioni dei diritti umani in Iran.

Ali Fadavi
È attualmente Vice Direttore del Corpo delle Guardie della Rivoluzione islamica (IRGC), un incarico che ricopre dal 23 agosto 2018 quando ha sostituito Jamaladin Abromand. Fadavi è stato comandante della Marina dell’IRGC dal maggio 2010 al 23 agosto 2018. A questo proposito, è importante sapere che accanto alla marina ufficiale dell’Iran, che ha un numero impressionante di navi, anche se alcune sono obsolete, c’è la forza navale delle guardie rivoluzionarie iraniane. Questa è una forza segreta che mantiene un gran numero di piccole navi e sottomarini progettati per compiere azioni che potrebbero essere considerate “extra-governative” o in realtà terroristiche. In effetti, si ritiene che le forze navali dell’IRGC siano alla base della maggior parte delle azioni terroristiche marittime dell’Iran compiute lo scorso anno. Viene spesso utilizzata anche per minacciare gli Stati Uniti, come quando nel 2015 l’IRGC ha condotto un’esercitazione militare che simulava l’attacco e il sequestro di una portaerei americana, tra i beni militari più preziosi degli Stati Uniti. L’esercitazione è avvenuta proprio sotto il comando di Fadavi che si vantava al tempo di come “le portaerei americane siano facili da affondare ... Sono piene di missili, munizioni, carburante per aerei e siluri. Basta un attacco per scatenare un’onda di esplosioni a catena”. Minacce simili si sono ripetute da allora contro le portaerei statunitensi. Nel febbraio 2016, insieme ad altri comandanti dell’IRGC, Fadavi ha ricevuto la medaglia “Fath” per l’arresto dei marinai della Marina degli Stati Uniti, avvenuto il 12 gennaio 2016 nel Golfo Persico. Ali Fadavi è nell’elenco delle persone, dei gruppi e delle entità soggetti alle sanzioni finanziarie dell’UE ma non è ancora nell’elenco di coloro che sono sottoposti a misure restrittive in risposta a gravi violazioni dei diritti umani in Iran.


Hassan Shahvarpour
È attualmente Generale di brigata del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC) nel Khuzestan. Ha combattuto durante la guerra contro l’Iraq del 1988 ed è responsabile delle gravi violazioni dei diritti umani compiute contro manifestanti a Mashshahr nel novembre 2019. Secondo quanto riportato dai mezzi di informazione e da informazioni trasmesse da iraniani attraverso una linea dedicata al Dipartimento di Stato americano, le unità dell’IRGC sotto il comando di Shahvarpour hanno ucciso ben 148 manifestanti durante le proteste di piazza. Le sue milizie hanno circondato con veicoli corazzati i manifestanti, sparando con mitragliatrici contro folla. Quando alcuni dei manifestanti si erano nascosti e riparato in una vicina palude, i militari hanno appiccato il fuoco. Questo è il motivo principale per cui Hassan Shahvarpour è stato inserito nella lista delle persone soggette alle sanzioni statunitensi dal 17 gennaio 2020. È anche nell’elenco consolidato di persone, gruppi ed entità soggetti a sanzioni finanziarie dell’UE ma non ancora nell’elenco di coloro che hanno adottato misure restrittive per gravi violazioni dei diritti umani in Iran.


Mohammad Pakpour
È un generale di brigata e comandante delle forze di terra del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica, un incarico che ricopre dal 2009. Mohammad Pakpour ha combattuto con l’IRGC fin dall’inizio della rivoluzione islamica in Kurdistan ed è un veterano della guerra Iran-Iraq. La Guida Suprema Khamenei lo ha insignito di una medaglia al valore.
Sotto il suo comando, le forze di terra dell’IRGC si sono schierate per combattere in Siria a sostegno dell’IRGC-Qods Force (IRGC-QF) e del brutale regime di Assad. Era sotto sanzioni americane prima dell’accordo sul nucleare (JCPOA) che gli erano state tolte dopo il 2015. Tuttavia, dal 24 giugno 2019 è nuovamente soggetto alle sanzioni statunitensi.


Gholamhossein Gheybparvar
È attualmente il Vice Capo del quartier generale della Sicurezza centrale del Corpo delle Guardie della Rivoluzione iraniana (IRGC), un incarico che ricopre da settembre 2019. È stato Hossein Salami, comandante dell’IRGC, a nominarlo per rafforzare le misure di sicurezza contro possibili proteste. Gheibparvar è stato precedentemente, e per volere diretto della Guida Suprema Khamenei che lo aveva designato nel dicembre 2016, comandante della milizia legata all’IRGC Basij, milizia principalmente preposta a sopprimere il dissenso. Come comandante del Basij, Gheybparvar ha dato sostegno militare al regime siriano e alle sue atrocità di massa mentre in Iran ha massacrato manifestanti e perseguito dissidenti insieme a minoranze etniche e religiose. Le sue forze hanno anche promosso e perpetrato la violenza contro le donne e attuano la brutale applicazione di leggi e pratiche discriminatorie. Chiamando Gheybparvar come suo vice, Salami ha detto che Khamenei aveva espresso apprezzamento per il suo operato. Nel suo nuovo incarico, Gheybparvar sarà il comandante del quartier generale della sicurezza centrale dell’Imam Ali, un’unità incaricata nel 2011 di affrontare proteste e rivolte pubbliche. Il quartier generale è stato istituito in seguito a massicci disordini in Iran dopo le contestate elezioni presidenziali del 2009.


Mostafa Pourmohammadi
È attualmente consigliere di Ebrahim Raisi, il capo della magistratura iraniana. Come ex Ministro della Giustizia e dell’Interno, Pourmohammadi ha supervisionato le gravi violazioni dei diritti umani a danno della popolazione e dei prigionieri politici in particolare. Come Raisi, anche Pourmohammadi ha fatto parte di “commissione della morte” che decretò l’esecuzione di almeno 30.000 prigionieri politici nel marzo del 1988. In un’intervista rilasciata nell’agosto 2019, in occasione della ricorrenza del 31° anniversario di quel massacro, Pourmohammadi ha rivendicato alla rivista Mosalas che le uccisioni erano giustificate essendo quei prigionieri da considerare “nemici dello Stato in tempo di guerra”. In quella intervista, Pourmohammadi ha anche detto che “non abbiamo ancora definito il punteggio”, dando l’idea che quella carneficina sia parte di un progetto ancora da compiere nei suoi esiti finali.
Poiché il Governo ha di nuovo e di recente affermato di essere in guerra contro “il cambio di regime, guidato da CIA, Israele e Arabia Saudita”, ci si può solo aspettare che fatti come quelli del 1988 accadano di nuovo. Mostafa Pourmohammadi, come responsabile delle operazioni all’estero del Ministero dell’Intelligence, ha diretto il programma di omicidi di dissidenti e leader della diaspora, fossero leader politici, noti scrittori e giornalisti che vivono all’estero.


Asghar Jahangir
È attualmente a capo delle carceri iraniane, incarico che ricopre dall’aprile 2014. Sotto la sua responsabilità, i prigionieri sono stati regolarmente sottoposti a torture fisiche e psicologiche, tra cui stupri e scosse elettriche, con molti deceduti per questa violenza praticata nei loro confronti. Prima della sua nomina a capo dell’amministrazione penitenziaria, Jahangir ha lavorato come stretto consigliere del capo della magistratura iraniana, che ha presieduto le esecuzioni e le torture dei prigionieri. In un rapporto del marzo 2018, l’ufficio del relatore speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani in Iran ha descritto i penitenziari iraniani come “disumani e degradanti”. Durante il mandato di Asghar Jahangir a capo delle carceri, l’Iran ha raggiunto il numero record di 800 esecuzioni nel 2014, almeno 970 nel 2015, 530 nel 2016, 544 nel 2017, 309 nel 2018 e 285 nel 2019. All’inizio del 2019, Jahangir ha dichiarato in un’intervista che le carceri iraniane sono piene del doppio della loro capacità. Jahangir mantiene legami con altre persone e istituzioni ai sensi delle sanzioni statunitensi e dell’UE per le violazioni dei diritti umani.


Mansour Gholami
È Ministro della Scienza, della Ricerca e della Tecnologia dall’ottobre 2017. Gholami presiede il sistema di istruzione superiore dell’Iran e il suo ministero verifica la lealtà al regime di chi si candida ad insegnare nelle Università e attua discriminazioni su base religiosa ed etnica. Nell’ottica del regime, l’istruzione superiore deve inculcare agli studenti i valori della rivoluzione islamica, garantendo così la loro prosecuzione e diffusione. Su queste basi le università formano gli studenti in funzione delle varie carriere. Come dichiarato dal leader supremo Khamenei nel 2015, le università mantengono “lo scopo di creare la nuova civiltà islamica”. Gli amministratori dell’università, ha aggiunto, “dovrebbero pianificare tutto sulla base di questo”. In questo sistema che ha tratti simili a quello dell’apartheid, chi è ad esempio di fede Bahai non può frequentare le università.
Gholami ha collaborato con il ministero dell’intelligence per aiutare a monitorare ed arrestare tanto gli studenti quanto i professori dei vari atenei. Questo ha implicato anche il ricorso alla violenza nei confronti degli studenti che manifestavano, con conseguenti gravi lesioni e morti, oltre alla repressione della libertà di espressione, d’assemblea pacifica e di associazione.


Mohsen Reza’i
Dal 1997 è membro del Consiglio per il Discernimento (Expediency Council o Majma’ Taškhīs Maṣlaḥat Nezām, in iraniano), di cui ha ricoperto anche il ruolo di Segretario Generale. Il Consiglio è un organismo creato nel 1988 con decreto dell’allora Ayatollah Khomeini e inserito nella costituzione in occasione della riforma del 1989. In primis consiglia la Guida Suprema in tutti i settori politici e può anche legiferare nel modo seguente: dopo che il Consiglio dei Guardiani (che vaglia tutta la legislazione in merito alla sua costituzionalità e alla sua congruenza con la legge islamica) ha posto il veto a un atto legislativo, il parlamento (Majlis) può decidere a maggioranza dei 2/3 di inviare il progetto legislativo al Consiglio, che può quindi decidere di approvare la legge nella versione trasmessa dai Majlis o con le modifiche richieste dal Consiglio dei Guardiani o in un’altra versione ancora. Reza’i è un ex comandante del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica ed è sospettato di essere coinvolto nell’attacco terroristico del 1994 contro la comunità ebraica in Argentina, che provocò la morte di 85 persone. Per questo fatto, Reza’i è ancora nella lista delle persone ricercate dall’Argentina e su di lui pende un mandato di arresto dell’Interpol dal marzo 2007. È un politico che esprime le posizioni più reazionarie. Ad esempio, parlando alla televisione di stato l’8 giugno 2019, ha dichiarato che, in risposta a una mossa militare degli Stati Uniti, “non rimarrà nulla per gli alleati degli Stati Uniti nella regione, incluso Israele.” È soggetto alle sanzioni statunitensi dal 10 gennaio 2020.


Mohammad Ali Abdollahi
È attualmente coordinatore delegato dello Stato Maggiore delle Forze Armate della Repubblica islamica dell’Iran (AFGS), un ruolo a cui è stato nominato dalla Guida Suprema nel luglio 2016. È un alto ufficiale militare e un politico che ha ricoperto incarichi di Governatore e Vice Ministro durante la presidenza di Mahmoud Ahmadinejad. È stato membro del Corpo delle Guardie della Rivoluzione iraniana sin dalla loro fondazione e vice comandante delle forze dell’ordine iraniane. È soggetto alle sanzioni statunitensi dal 10 gennaio 2020.


Ali Asghar Hejazi
È un alto funzionario presso l’ufficio della Guida Suprema, incaricato della sicurezza. Hejazi mantiene anche stretti legami con la Forza Qods dell’IRGC ed era stato soggetto alle sanzioni statunitensi dal maggio 2013 per la sua responsabilità nella commissione di gravi violazioni dei diritti umani in Iran a partire dal giugno 2009, oltreché per aver fornito supporto materiale all’IRGC e al Ministero dell’intelligence e la sicurezza (MOIS). Dal 1981 è stato responsabile della espulsione dall’apparato di governo di tutti coloro che fossero considerati dissidenti politici o simpatizzanti di forze o gruppi politici dissenzienti. Nel 1985 è stato tra i fondatori del MOIS. Successivamente la Guida Suprema Khamenei lo ha nominato quale responsabile della politica estera di quello stesso Ministero. Durante questo mandato, si è reso responsabile della morte di oppositori e dissidenti iraniani che vivevano all’estero. Con la successione di Khamenei, Hezaji è stato traferito all’ufficio della Guida Suprema come responsabile speciale e responsabile della sicurezza e politico del suo ufficio. È stato tra i principali responsabili della repressione delle manifestazioni del 2018. Ali Asghar Hejazi, dal 10 gennaio 2020, è di nuovo sotto sanzioni americane.


Mohsen Qomi
È attualmente vicedirettore per gli affari internazionali nell’ufficio della Guida Suprema ed è suo diretto consigliere per le comunicazioni internazionali. Qomi ha rappresentato l’Ayatollah Khamenei in occasione di visite internazionali ufficiali e ha ricoperto per gran parte della sua vita incarichi ricevuti dalla Guida Suprema, incluso quello di membro del Consiglio Fiduciario dell’ufficio di propaganda islamica del Seminario di Qom. Dal 1998, Qomi è membro dell’Assemblea degli esperti che ha il potere di designare e rimuovere la Guida Spirituale. Nell’Assemblea, Qomi è membro della Commissione 111 che – almeno teoricamente – controlla il leader supremo per assicurarsi che si comporti secondo i principi della rivoluzione islamica. Nel 1999, Khamenei ha nominato Qomi quale presidente dell’ufficio di rappresentanza del leader supremo per le università, posizione che ha ricoperto fino al 2005. Durante quegli anni, Qomi acquisì esperienza diretta nella repressione del dissenso. Come Khamenei, Qomi è profondamente impegnato nella guerra culturale che ritiene stia contrapponendo l’Iran all’Occidente. Dal 1996 al 1998, è stato direttore dell’“Enciclopedia della Scienza Islamica”, pubblicata dall’Istituto Educativo guidato da Mohammad Taghi Mesbah Yazdi, uno dei chierici più fondamentalisti della scuola di Qom.
Qomi è un uomo dai modi gentili propri di un diplomatico, ma è un “sostenitore della linea dura”. Ha definito Israele “un tumore” che “dovrebbe essere eliminato” e ha difeso l’intervento dell’Iran in Siria. La sua posizione di consulente per gli affari esteri lo porta a viaggiare come rappresentante di Khamenei in paesi chiave come Afghanistan, Iraq e Russia. È soggetto alle sanzioni statunitensi dal 10 gennaio 2020.


Esmail Ghaani
In seguito alla morte di Qasem Soleimani, la Guida Spirituale Ali Khamenei, che è anche comandante in capo delle forze armate, ha emesso un decreto che lo nomina nuovo comandante della forza d’élite iraniana Quds. La Forza Quds (Gerusalemme) è il corpo d’élite del Corpo dei Guardiani della Rivoluzione Islamica (i ‘Pasdaran’), un’organizzazione paramilitare che risponde solo al leader supremo dell’Iran. Come il suo predecessore, Esmail Ghaani da giovane partecipò negli anni ’80 alla guerra durata otto anni contro l’Iraq, ha partecipato alla repressione della rivolta curda in Iran a seguito della caduta dello scià e poi si è unito alla nuova Forza Quds. La Forza Quds fornisce assistenza tattico-militare agli alleati di Teheran nella regione, come ad esempio il movimento sciita di Hezbollah in Libano e la Jihad Islamica nei Territori palestinesi. “Siamo figli della guerra”, ha detto una volta Ghaani in merito al suo rapporto con Soleimani, secondo l’agenzia di stampa iraniana IRNA. “Siamo compagni sul campo di battaglia e siamo diventati amici in battaglia.” Ghaani è rimasto molto più nell’ombra rispetto al suo predecessore, ma la sua storia personale rispecchia ampiamente quella di Soleimani con il quale ha collaborato e si è occupato di operazioni di controspionaggio. Nel 2012, il Ministero del Tesoro degli Stati Uniti lo ha posto sotto sanzioni ritenendolo implicato in operazioni finanziarie legate alla Forza Quds. In particolare si era trattato di una spedizione di armi sequestrate nel 2010 a Lagos in Nigeria e destinate al Gambia. Sempre nel 2012, Ghaani ha attirato critiche dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti dopo aver riferito che “se la Repubblica islamica non fosse presente in Siria, il massacro sarebbe avvenuto su una scala molto più ampia”. Quel commento è arrivato dopo che forze iraniane a sostegno del Presidente siriano Bashar Assad avevano ucciso oltre 100 persone a Houla, nella provincia di Homs. Nel gennaio 2015, Ghaani ha indirettamente ammesso che l’Iran invia missili e armi ai palestinesi per combattere Israele. “Gli Stati Uniti e Israele sono troppo piccoli per considerarsi in linea con il potere militare dell’Iran”, ha detto Ghaani. “Questo potere è ora apparso a fianco della popolazione oppressa della Palestina e di Gaza sotto forma di missili e armi”. Ora, Ghaani è saldamente a capo della Forza Quds.