IRAN - Il caso Sotoudeh.

18 Novembre 2019 :

Il caso Sotoudeh. Nasrin Sotoudeh (scritto anche Sotoodeh) è una avvocatessa per i diritti umani in Iran. Nata nel 1963 a Langarūd (anche Langarood), una piccola città sulle coste del Mar Caspio, Dopo essersi laureata in una delle più prestigiose università iraniane, la Shahid Beheshti University di Teheran, nel 1995 ha superato l'esame di avvocato, ma ha dovuto attendere altri otto anni per ottenere il permesso di esercitare la professione legale. Come avvocato ha rappresentato attivisti e politici dell'opposizione iraniana incarcerati a seguito delle contestate elezioni presidenziali iraniane del giugno 2009 e dei prigionieri condannati a morte per crimini commessi quando erano minorenni. Tra i suoi clienti c'erano il giornalista Isa Saharkhiz, il premio Nobel per la pace Shirin Ebadi e Heshmat Tabarzadi, capo del gruppo di opposizione messo fuori legge “National Democratic Front”. Ha anche rappresentato donne arrestate per essersi mostrate in pubblico senza hijab. È sposata, ed ha due figli. Il 28 agosto 2010, le autorità iraniane hanno fatto irruzione e perquisito l'ufficio di Sotoudeh. All'epoca, Sotoudeh rappresentava Zahra Bahrami, una donna con doppia cittadinanza olandese-iraniana accusata di reati “contro la sicurezza dello stato”. Il 4 settembre 2010 Sotoudeh è stata arrestata e condotta alla prigione di Evin (a Teheran). Il 9 gennaio 2011 è stata condannata a 11 anni per accuse che includono "attività contro la sicurezza nazionale" e "propaganda contro il regime". Inoltre, le è stato proibito di praticare la legge e di lasciare il paese per 20 anni. A metà settembre 2011, una corte d'appello ha ridotto la pena detentiva Sotoudeh a sei anni; e il divieto di esercitare la professione forense è stato ridotto a dieci anni. Dopo due lunghi scioperi della fame, e un forte interessamento della comunità internazionale, Sotoudeh è stata rilasciata il 18 settembre 2013 assieme ad altri dieci prigionieri politici, tra cui il leader dell'opposizione Mohsen Aminzadeh, pochi giorni prima di un discorso del presidente iraniano Hassan Rouhani alle Nazioni Unite. Nessuna spiegazione ufficiale è stata data per il suo rilascio anticipato. Sotoudeh ha iniziato la sua carriera presso l'ufficio legale del Ministero dello Sviluppo Urbano, e dopo due anni è entrata a far parte della sezione legale della banca statale Tejarat. Sotoudeh ha iniziato ad occuparsi dei diritti delle donne curano una raccolta di interviste, relazioni e articoli per la rivista Daricheh. Il caporedattore della pubblicazione ha respinto la raccolta, circostanza che sembra abbia aumentato la determinazione di Sotoudeh. È stata nuovamente arrestata il 13 giugno 2018. Secondo il suo avvocato, è stata accusata di spionaggio, diffusione di propaganda e denigrazione del leader supremo dell'Iran, Ali Khamenei. Il 22 agosto 2018, 60 membri del Parlamento europeo hanno invitato il presidente iraniano Hassan Rouhani a lavorare con forza per la "liberazione incondizionata" di Sotoudeh. Il 6 marzo 2019, è stata condannata in contumacia, dopo aver rifiutato di partecipare al processo dinanzi alla corte rivoluzionaria islamica di Teheran perché non le è stato consentito di scegliersi un avvocato il proprio avvocato. È stata accusata di una serie di reati, tra cui essere membro di un'organizzazione per i diritti umani e alimentare la "corruzione e la prostituzione". L'11 marzo, il giudice Mohammad Moqiseh, intervistato dall’agenzia filogovernativa IRNA, ha detto che la donna era stata condannata a 7 anni, cinque per aver messo in pericolo la sicurezza del Paese e due per aver offeso Khamenei. Altre fonti hanno riportato che era stata condannata a 10 anni e 148 frustate, più altre 6 condanne concorrenti per un totale di 38 anni. Il 12 marzo, il marito di Sotoudeh, Reza Khandan, ha dichiarato che la moglie avrebbe scontato solo la pena più alta, ossia i 10 anni inferti per “incoraggiamento alla corruzione e della dissolutezza”. Di solito in Iran nei casi di condanne per capi d’imputazione multipli si sconta la pena più alta, che assorbe le pene inferiori. Prima che la sentenza fosse resa pubblica, il vice Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Kate Gilmore, aveva avuto il permesso di visitare Sotoudeh. Quella della Gilmore è stata la prima visita che le autorità iraniane hanno autorizzato in molti anni di tentativi dei vari Investigatori per i diritti umani delle Nazioni Unite. L’attuale Alto Commissario con la delega per l’Iran, Javaid Rehman, non è mai riuscito ad ottenere il visto d’ingresso nel paese, e men che mai è riuscito a visitare un carcere. L'11 marzo 2019 Rehman ha sollevato il caso di Sotoudeh al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite a Ginevra, affermando che era stata "dichiaratamente condannata per accuse relative al suo lavoro e che avrebbe dovuto affrontare una lunga pena detentiva".

 

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