03 Maggio 2025 :
Francesco Morelli* su l’Unità del 3 maggio 2025
Leggendo la decisione della Corte Edu Garofalo contro Italia, in materia di confische preventive, emergono poche ma granitiche certezze.
La prima è che la Corte è restia ad applicare limpidamente il diritto della Convenzione e i suoi corollari naturali. Lo dichiara spiegandocene le ragioni: le misure di questo tipo incontrano un «crescente consenso internazionale». Una posizione politica e, sebbene una Corte stia proprio lì per assicurare la prevalenza del diritto, saremmo ingenui a pensare che sia del tutto estranea alla “ragion di Stato”.
La seconda è che lo Stato è legittimato a perseguire reati senza instaurare il processo penale, e quindi senza presumere innocente la persona colpita. Questa è una novità, non certo rispetto all’attualità, ma rispetto alle Carte dei diritti. Perché dalla Convenzione, o dalle Costituzioni, questo dato non emerge. Ma qualcuno di voi aveva per caso inteso che la presunzione d’innocenza proteggesse l’imputato in un processo penale, ma se si fosse avuta l’idea di colpire i beni e la vita di una persona senza renderlo imputato, egli sarebbe stato ritenuto responsabile senza accertamento?
Mi si dirà che ho frainteso: la confisca preventiva non punisce nessuno, non è una pena; non si fonda su un reato, ma sulla pericolosità; e poi colpisce cose, non persone, infatti è una actio in rem, dice la Corte. Ma non credo di aver frainteso. Certo che non è formalmente una pena, non c’è neppure un processo penale infatti. E tuttavia, negli effetti materiali, è proprio identica a una pena, ma non secondo una osservazione del fenomeno (prendo delle cose tue e te le porto via, for dummies), ma secondo proprio i criteri che la stessa Corte Edu ha individuato per definire una pena in senso materiale e non formale.
La confisca non si fonda su un reato, ma sulla pericolosità dei beni. Da cosa desumiamo la pericolosità? Dai fatti illeciti, le azioni criminose, i delitti (reati, for dummies) attribuiti in sede preventiva alle persone che quei beni posseggono o hanno posseduto. I beni non potranno mai essere pericolosi se non sono collegati a ciò che le persone hanno fatto per averli, generarli, usarli. Quindi, la confisca preventiva si fonda sull’esistenza di reati. Attendo smentite. Argomentate, però.
È così chiaro questo pensiero, che la Cassazione italiana s’è dovuta inventare una “appartenenza” mafiosa diversa dalla “partecipazione” mafiosa. La prima presupposto della confisca ma non reato, la seconda reato. Quindi il Governo italiano, tutto tronfio, per salvare l’insalvabile, ossia le confische preventive, è andato sostenendo a Strasburgo che l’appartenenza all’associazione mafiosa, al contrario della partecipazione, in Italia non è reato e se io appartengo alla mafia (ma non vi partecipo) e sono nullatenente, agisco nel lecito e non posso essere colpito. L’Italia è il paese dell’avanguardia nella lotta alla criminalità organizzata. Tutto torna.
La confisca colpisce solo cose, beni, non persone. Quindi le persone possono stare tranquille, a loro non accade nulla. Actio in rem. Sì, ma le cose appartengono a delle persone, perché se avessero una vita separata da queste, nessuno si lamenterebbe. Le “cose” sono soprattutto aziende che impiegano operai. Tanto più che la proprietà e l’iniziativa economica, sono diritti stabiliti dalle Costituzioni e dalla stessa Convenzione Edu. L’actio sarà pure in rem, ma l’exitus è ad personam.
La terza certezza logica che possiamo trarre dalla Corte Edu, però, spalanca un mondo. La presunzione di innocenza non è solo quella che nasce da una accusa in un processo penale, dice la Corte (§143). È anche un principio che assicura a chi sia stato assolto dalle accuse di non essere trattato da alcuna autorità statale come fosse colpevole e quindi di non patire conseguenze negative di sorta in ragione di fatti che non gli possono essere attribuiti. La presunzione impedisce all’autorità statale di colpire le persone di cui un giudice non ha dimostrato la colpevolezza, di trattarli come fossero colpevoli, dato che non lo sono (for dummies).
I Cavallotti, davanti alla Corte Edu, di questo si sono lamentati, al contrario dei ricorrenti in Garofalo. Ci diranno i Cavallotti, assolti in via definitiva da ogni accusa in sede penale, se sono stati trattati, dall’autorità statale, da innocenti o da colpevoli. Ci dirà la Corte Edu se confiscare tutti i beni di una famiglia, per gli stessi fatti che hanno comportato una assoluzione, significa trattare quelle persone da innocenti o da colpevoli, in ragione del “second aspect” della presunzione di innocenza, come ricorda la sentenza Garofalo. Ce lo dirà e noi ascolteremo. Ma scriveremo, anche.
* Professore Associato di Diritto Processuale Penale, Università di Messina