‘NON SONO PRONTO A MORIRE DI NUOVO’

Kenneth Smith

24 Gennaio 2024 :

Sergio D’Elia su L’Unità del 24 gennaio 2024

Nella storia infinita – arcaica, moderna, contemporanea – della pena di morte in America le hanno provate tutte per mandare all’altro mondo chi in questo mondo è stato cattivo. Occhio per occhio, chi ha ucciso dev’essere ucciso. Nessuno pietà per chi ha violato la legge e squilibrato l’ordine: pubblico, sociale, morale.
La lotta millenaria tra il bene e il male ha generato la realtà maligna della “striscia della Bibbia” che in America coincide con quella della pena di morte. In Texas, in Alabama e in altri Stati del sud, la regola terribile dell’Antico Testamento raramente ha conosciuto eccezioni. Nella cosiddetta “fascia della morte”, la giustizia è stata cieca alla vista dell’uomo della pena che, pur non estraneo, può cambiare e diventare diverso da quello del delitto. La giustizia ha usato solo la spada, non ha conosciuto la grazia, non ha raggiunto l’equilibrio della bilancia, non ha posto un limite alla pena. Il Libro sacro non ha voltato pagina, si è fermato al principio dell’antico messaggio. Il lieto fine della seconda parte della storia non è stato raccontato, la sua buona novella– “non giudicare” e, soprattutto “non uccidere” – raramente è stata ascoltata e accolta.
È “crudele e inusuale”, ha sentenziato a un certo punto della storia la Corte Suprema degli Stati Uniti. Trent’anni fa. In base all’Ottavo Emendamento della Costituzione americana. Ma “crudele e inusuale” che cosa? Non la pena di morte, in quanto castigo fuori dal tempo e fuori dal mondo, ma la maniera di passare dalle parole ai fatti, dal dire giustizia al fare giustizia. E così, nella storia arcaica della pena di morte in America, la modernità e civiltà della pena ha riguardato solo il come, il modo di eseguirla.
Una volta si praticava il linciaggio. L’esecuzione sommaria di individui ritenuti pericolosi dall’opinione comune non ebbe termine con la fine della persecuzione di attivisti, bianchi e neri, impegnati contro la schiavitù e a favore dell’integrazione razziale. La “legge di Linch” durò fino agli anni Sessanta del secolo scorso e colpì anche attivisti appartenenti al movimento dei diritti civili. Dalla giustizia extragiudiziaria si passò poi a una teoria di mezzi di esecuzione considerati “legali” e civili ma non meno terribili di quelli della giustizia fai-da-te: dall’impiccagione alla fucilazione, dalla sedia elettrica alla camera a gas.
Quando la Corte Suprema li ha dichiarati mezzi “crudeli e inusuali” seppur giustificati da nobili fini di giustizia, l’America scoprì una nuova frontiera, quella della iniezione letale, la dolce morte, un metodo “più civile e umano” di fare giustizia. Pensate un po’ come avviene: il condannato è legato con le braccia aperte a una barella, viene prima addormentato, poi anestetizzato e infine avvelenato. Il condannato muore su un lettino a forma di croce che, in tal modo, da simbolo universale di amore e fratellanza, ritorna al suo scopo originario, cioè lo strumento dell’estremo supplizio.
Kenneth Smith arrivò all’ultima stazione di un calvario simile la sera del 17 novembre 2022, in Alabama. Era la sua prima volta faccia a faccia con la morte. I carnefici del carcere di Holman avevano diverse ore a disposizione per ucciderlo. Lo hanno legato al lettino a forma di croce nella “camera della morte” e hanno cercato di iniettargli una miscela letale di sostanze chimiche. Ma hanno fallito. Come quello di Cristo, il corpo di Kenneth fu trafitto più volte in oltre un’ora di tentativi di inserire i due aghi dell’iniezione letale. Incapaci di trovare la vena giusta, i carnefici hanno abbandonato il proposito quando l’orologio ha raggiunto la mezzanotte e la condanna a morte dello Stato è scaduta.
In un paese civile, accade anche in Iran che civile non lo è, chi sopravvive a un primo tentativo di esecuzione ha salva la vita. È umano, è giusto.
La esecuzione capitale che è anche, se non del tutto, un rito simbolico ha già compiuto la sua opera mortifera e teatrale di giustizia esemplare. L’esecuzione è stata fatta già nel novembre del 2022. Ora l’Alabama vuole ucciderlo di nuovo. Questa volta, lo Stato della “striscia della morte” ha escogitato un piano infallibile. Vuole soffocare Smith legandogli una maschera ermetica sul viso e costringendolo a inalare solo azoto puro, un gas inerte che priverebbe il suo corpo di ossigeno.
In Alabama sono vietati gli incontri in presenza tra giornalisti e prigionieri nel braccio della morte. Ma puoi parlare per telefono col condannato o porre domande scritte e ricevere risposte scritte tramite un intermediario. Se penso che in Italia, nelle sezioni di isolamento del 41 bis i detenuti sono “oscurati” da una specie di segreto di stato e i loro sensi e sentimenti umani fondamentali totalmente negati!
“Non sono pronto, sogno che mi vengono a prendere. Dov’è la pietà?”, ha detto il condannato a morire asfissiato in una telefonata dal braccio della morte. Smith oggi ha 58 anni, ne aveva 20 quando ha commesso l’omicidio che lo ha portato nel braccio della morte. È stato in carcere già per 35 anni, come si fa a dire che non è stato punito? È stato nella camera della morte già una volta, come si fa a dire che non è stato già giustiziato? Ha sofferto lui, ha sofferto la sua famiglia. Nausea, attacchi di panico, emicrania, insonnia, ansia e depressione, lo accompagnano da quando è uscito “vivo” quella prima volta dalla stanza della morte. “Questa è solo una piccola parte di ciò con cui ho a che fare quotidianamente. Tortura, fondamentalmente”, ha detto.
Dalla iniezione letale alla “ipossia da azoto”, questo è il termine scientifico e ipocrita del nuovo protocollo di morte dello Stato dell’Alabama, ma come nella vecchia, crudele e inusuale camera a gas, di fatto i condannati verranno uccisi privandoli completamente dell’ossigeno. Morti asfissiati, come si usava fino al 1999, quando nella camera della morte a tenuta stagna scioglievano la pasticca di cianuro, un veleno che impediva all’ossigeno di arrivare al cervello e subito dopo nel cuore.
Lo Stato sostiene che l’esecuzione con gas di azoto causerà rapidamente uno stato di incoscienza e la morte giungerà dolce e beata, come dolce e beata doveva essere l’iniezione di veleno con cui Kenneth è già stato torturato una volta. Non esiste alcuna prova plausibile di questo. Esperti medici e attivisti hanno messo in guardia dal rischio di incidenti catastrofici, che vanno dalle convulsioni violente alla sopravvivenza in uno stato vegetativo, e persino dalla possibilità che il gas fuoriesca dalla maschera e uccida altre persone nella stanza.
La storia americana è fondata sulla Bibbia e il fucile. Dall’una origina l’idea di giustizia, dall’altro l’idea di sicurezza. Ma pene di morte e pene fino alla morte non hanno fatto diminuire i reati. La libera circolazione delle armi ha minato l’ordine e la sicurezza negli Stati Uniti. La società “legge e ordine”, la potestà punitiva dello Stato e il potere politico nato dalla canna del fucile, invece di impedire i delitti di sangue, per tragico paradosso, ha prodotto la realtà degli omicidi che in America avvengono con frequenza maggiore rispetto al resto del mondo.
È la solita storia. È la maledizione dei mezzi che prefigurano i fini.
Sul viatico manicheo della lotta tra il bene e il male, a furia di pena capitale e di “legge e ordine”, anche uno Stato democratico può generare Caini o diventare esso stesso Caino! Se vogliamo dirci uno stato democratico, un paese civile, occorre cambiare paradigma, adottare un modo di pensare, di sentire e di agire radicalmente nonviolento.
Perché il paradigma meccanicistico secondo il quale “al male, si risponde con il male”, genera mostri e fatti terribili, crudeli e inusuali come quelli dell’Alabama. Uno Stato che evidentemente considera Kenneth Smith l’uomo peggiore d’America, se è così fortemente intenzionato a ucciderlo. A ucciderlo due volte.

 

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