esecuzioni nel mondo:

Nel 2024

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Dal 2000 a oggi

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legenda:

  • Abolizionista
  • Mantenitore
  • Abolizionista di fatto
  • Moratoria delle esecuzioni
  • Abolizionista per crimini ordinari
  • Impegnato ad abolire la pena di morte

INDONESIA

 
governo: repubblica presidenziale
stato dei diritti civili e politici: Parzialmente libero
costituzione: agosto 1945, abrogata nel 1949, reintrodotta il 5 luglio 1959 ed emendata più volte, l'ultima nel 2002
sistema giuridico: basato sul diritto romano-olandese, modificato da elementi tradizionali e da nuove norme di procedura penale
sistema legislativo: l’Assemblea Consultiva del Popolo (Majelis Permusyawaratan Rakyat o MPR) è la camera alta; ha il ruolo di insediare e accusare il presidente e di emendare la costituzione ma non si occupa di politica nazionale; la Camera dei Rappresentanti (Dewan Perwakilan Rakyat or DPR); la Camera dei Rappresentanti Regionali (Dewan Perwakilan Daerah or DPD) il cui mandato costituzionale prevede di fornire input legislativi alla DPR sulle questioni che riguardano le regioni.
sistema giudiziario: Corte Suprema, giudici nominati dal Presidente; Corte Costituzionale, Corte del Lavoro
religione: 87% musulmani; 9% cristiani; 2% indù; 1% buddisti
metodi di esecuzione: plotone d'esecuzione
braccio della morte: 262 fine 2017 (AI), 165 (HRI)
Data ultima esecuzioni: 29-7-2016
condanne a morte: 13
Esecuzioni: 0
trattati internazionali sui diritti umani e la pena di morte:

Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici

Convenzione sui Diritti del Fanciullo

Convenzione contro la Tortura ed i Trattamenti e le Punizioni Crudeli, Inumane o Degradanti


situazione:
Il sistema giuridico indonesiano è basato sul diritto romano-olandese, modificato da elementi tradizionali e da nuove norme di procedura penale.
Il Codice Penale prevede la pena di morte per una serie di reati tra cui omicidio, terrorismo, reati relativi alle armi illegali, alla droga e alla corruzione, rapina aggravata, tradimento, spionaggio ed una serie di reati militari. Non tutti i casi di corruzione prevedono la pena di morte. In Indonesia, la lapidazione per adulterio è sanzionata nella regione di Aceh, ma vietata a livello nazionale.
In base all’Art. 2 comma 1 della Legge sulla Corruzione, può essere applicata la pena di morte solo nei casi di appropriazione indebita di fondi stanziati a seguito di disastri naturali, crisi economiche o rivolte. In base alla legge indonesiana le richieste di grazia sono automatiche e inoltrate dai tribunali stessi quando i condannati a morte non provvedono da soli.
La legge 12/1951 sulle armi da fuoco stabilisce che chiunque, non avendone l’autorizzazione, importa, esporta, produce, accetta, ottiene, fornisce, tenta di fornire, possiede o porta con sé un’arma da fuoco, munizioni o esplosivo è passibile di pena di morte o di una pena detentiva fino a un massimo di 20 anni.
La legge 5/1997 sulla droga prevede che chi produce o traffica sostanze psicotrope può essere condannato a morte. Si stima che in Indonesia, su una popolazione di più di 200 milioni di abitanti ci siano circa un milione e mezzo di tossicodipendenti, che spendono in media 100.000 rupie al giorno per acquistare la droga.
In base alla Legge 20/2001 sulla corruzione chi è accusato di questo reato rischia la condanna a morte se è stato commesso durante una crisi economica.
Il 6 marzo 2003, la Camera dei Rappresentanti ha convertito in legge il decreto d’emergenza antiterrorismo emesso nell’ottobre 2002 in seguito agli attacchi dinamitardi di Bali nei quali sono morte 202 persone. La legge introduce la pena di morte per chi organizza o conduce attacchi terroristici e permette alle autorità di detenere i sospetti senza accuse formali fino a tre giorni solo in base a rapporti di servizi di intelligence. Un giudice può esaminare il caso e stabilire che il sospettato sia trattenuto fino a sei mesi per ulteriori interrogatori in assenza di una incriminazione formale.
Nel 2000 il governo indonesiano ha provveduto all'istituzione di un tribunale ad hoc sui diritti umani per giudicare i responsabili delle violenze commesse durante le elezioni a Timor Est, volute dall’Onu nel 1999 e durante le quali la maggioranza ha votato per l’indipendenza dall’Indonesia che occupava il territorio dal 1975. Circa mille persone erano state uccise da soldati e forze dell’ordine indonesiani. L’Indonesia ha deciso di istituire questo tribunale per evitare la creazione di un tribunale internazionale per crimini di guerra simile a quelli per l’ex Iugoslavia e il Ruanda. Gruppi per i diritti umani hanno espresso critiche sull’effettiva capacità dei giudici di questo tribunale interno di processare i vertici militari e hanno denunciato la corruzione delle giurie.
Una sentenza della Corte Costituzionale del 2008 afferma che la pena capitale dovrebbe essere applicata con parsimonia e che anche ai detenuti del braccio della morte dovrebbe essere concessa una chance di riabilitazione. Mentre sei dei nove membri della Corte hanno considerato la pena di morte compatibile con la costituzione indonesiana, è significativo il fatto che tre giudici hanno detto che non lo è. Per di più, la decisione della maggioranza ha sostenuto la necessità di limitare la sua applicazione, sostenendo che dovrebbe essere usata solo in circostanze eccezionali, in quanto “pena speciale e alternativa”.
Questo cambiamento strategico nella politica indonesiana riflette le esigenze di una società sempre più globalizzata. Circa 6 milioni e mezzo di cittadini indonesiani sono impiegati all'estero come lavoratori domestici e operai e, al 10 febbraio 2015, quelli nel braccio della morte erano 229. La maggior parte è detenuta in Malesia con 168 casi, Arabia Saudita con 38 e Cina con 15. Si tratta di detenuti per lo più coinvolti in casi di droga (131) e omicidio (77).
In base alla legge indonesiana le richieste di grazia sono automaticamente inoltrate dai tribunali stessi quando i condannati a morte non provvedono da soli. Nel corso dei suoi due mandati, l’ex Presidente Susilo Bambang Yudhoyono ha commutato un totale di 19 condanne a morte delle 126 richieste di clemenza presentate.
Agli inizi di dicembre 2014, il nuovo Presidente Joko Widodo ha rifiutato di concedere la clemenza per i trafficanti di droga condannati a morte, dicendo che l’Indonesia era in uno “stato di emergenza in materia di droga”. Tuttavia, nel febbraio 2015, il Presidente Widodo ha commutato in ergastolo la condanna a morte di tre condannati per omicidio premeditato.
Il 25 maggio 2016, il Presidente Widodo ha firmato una legge che prevede la pena di morte per gli stupratori di bambini, dopo che una serie di stupri di gruppo hanno sollevato indignazione nel Paese. I responsabili di abusi sessuali sui bambini, così come i violentatori seriali, potranno incorrere nella castrazione chimica e nell’applicazione di chip elettronici per seguire i loro movimenti.

Il 12 aprile 2017, il Procuratore Generale Muhammad Prasetyo ha ribadito che l'Indonesia continuerà a giustiziare condannati, confermando che il governo non introdurrà una moratoria sulla pena di morte nonostante le richieste dei gruppi per i diritti umani.
Ha fatto capire che ci sarà presto un quarto round di esecuzioni.
“Non abbiamo mai detto che avremmo attuato una moratoria”, ha detto Prasetyo. “Stiamo considerando molti aspetti", ha aggiunto.
Prasetyo ha reso la dichiarazione rispondendo a Arsul Sani dello United Development Party (PPP), che gli aveva chiesto di fornire aggiornamenti sui piani del governo relativi alle esecuzioni, nel corso di un incontro presso la Camera dei Deputati.
Arsul aveva chiesto lumi sulla sorte di oltre 100 detenuti nel braccio della morte, mentre continuano le discussioni tra governo e legislatori sul rendere la pena di morte una condanna alternativa, come previsto nel progetto di revisione del codice penale (KUHP).
Il disegno di legge, che viene deliberato dalla Camera, ammorbidisce la posizione del governo sulla pena di morte in quanto stabilisce che la pena può essere ridotta al carcere a vita.
L'articolo 89 del disegno di legge afferma che “la pena di morte deve essere l'ultima opzione presa per proteggere i cittadini”. L'articolo 91 aggiunge che i detenuti possono avere le loro condanne ridotte se si comportano bene durante la prigionia. Il disegno di legge non definisce le linee guida per valutare la pena di morte né stabilisce istituzioni autorizzate a fare tali valutazioni.
“Se la revisione del KUHP entrerà in vigore mentre abbiamo ancora detenuti nel braccio della morte, ci impegniamo a rispettare questa nuova legge”, ha detto Prasetyo.
Nell’ottobre 2017, il Presidente Joko Widodo, a seguito di una serie di arresti di grossi trafficanti, si è espresso a favore di una politica di sparare a vista nei confronti di sospetti di traffico di droga.
Una posizione questa che contraddice quanto sostenuto nel  novembre 2016, dal Presidente Widodo che, alla vigilia di una visita di due giorni in Australia, aveva detto ai microfoni di ABC che il suo paese voleva andare verso l'abolizione della pena di morte. "Siamo molto aperti alle opzioni", ha detto, "non so quando, ma vogliamo andare verso quella direzione".

La guerra alla droga
La legge sulla droga del 1997 prevede la pena di morte per chi produce o traffica sostanze psicotrope, anche se la pena massima è comminata raramente.
Anche le esecuzioni sono state abbastanza rare fino al 2004 quando, nel quadro di una campagna nazionale contro l’abuso e lo spaccio di droga lanciata dall’allora Presidente Megawati Sukarnoputri in vista delle elezioni di ottobre, tre cittadini stranieri sono stati fucilati per traffico di eroina.
Il nuovo Presidente dell’Indonesia, Joko Widodo, che si è insediato nell’ottobre 2014, ha adottato una linea particolarmente dura nei confronti delle persone nel braccio della morte per reati di droga, ribadendo più volte che non avrebbero ricevuto la grazia presidenziale, poiché l’Indonesia – ha detto – sta affrontando una “emergenza” a causa di alti livelli di consumo di droga.
Dopo una sospensione che durava dal 2008, l’Indonesia ha ripreso le esecuzioni nel 2013, quando sono state messe a morte cinque persone, due delle quali condannate per traffico di droga.
Nessuna esecuzione è stata effettuata nel 2014, ma nel 2015 l’Indonesia ha giustiziato 14 condannati a morte per reati di droga.
Il 18 gennaio 2015, sono stati giustiziati una cittadina indonesiana e cinque stranieri, tutti condannati a morte per reati di droga, nelle prime esecuzioni effettuate sotto il Presidente Joko Widodo, il quale ha rifiutato di ascoltare tutti gli appelli internazionali alla clemenza. Una donna vietnamita, Tran Thi Bich Hanh, è stata giustiziata nel distretto di Boyolali, nel centro dell’isola di Java, mentre gli altri cinque – una donna indonesiana, Rani Andriani; un brasiliano di 53 anni, Marco Archer Cardoso Moreira; un olandese di 62 anni, Ang Kiem Soei; due nigeriani, Daniel Enemuo e Solomon Chibuike Okafor, che è stato però registrato come cittadino del Malawi perché è stato arrestato con un passaporto malawiano recante il nome Namaona Denis – sono stati messi a morte nell’isola di Nusakambangan, sede di un carcere di massima sicurezza. Sono stati condannati a morte tra il 2000 e il 2011 e tutti sono stati giustiziati da un plotone all’incirca alla stessa ora, poco dopo la mezzanotte. Erano stati tutti catturati nel tentativo di contrabbandare la droga, a parte l’olandese che è stato condannato a morte per la gestione di un enorme fabbrica di ecstasy. 

Il Presidente del Brasile e il Ministro degli Esteri olandese hanno condotto una protesta internazionale contro le esecuzioni. Il Brasile ha richiamato il suo ambasciatore a Jakarta per consultazioni e ha detto che le esecuzioni avrebbero pregiudicato le relazioni bilaterali. “L’uso della pena di morte, che il mondo sempre più condanna, mina gravemente le relazioni tra i nostri Paesi”, ha detto la Presidente Dilma Roussef in un comunicato. Anche i Paesi Bassi, ex potenza coloniale in Indonesia, hanno richiamato il loro ambasciatore e condannato l’esecuzione del loro cittadino, Ang Kiem Soei. “È una punizione crudele e disumana che costituisce un’inaccettabile negazione della dignità e dell’integrità umana”, ha dichiarato il Ministro degli Esteri olandese Bert Koenders.
Il 13 febbraio 2015, il Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha chiesto all’Indonesia di non giustiziare altri prigionieri nel braccio della morte per reati di droga. Il portavoce delle Nazioni Unite Stephane Dujarric ha detto che Ban aveva parlato con il Ministro degli Esteri indonesiano Retno Marsudi “per esprimere la sua preoccupazione per la recente applicazione della pena capitale in Indonesia”. “Le Nazioni Unite si oppongono alla pena di morte in tutte le circostanze”, ha detto Dujarric in una dichiarazione.
Il 29 aprile 2015, sfidando forti pressioni da parte della comunità internazionale, il Governo indonesiano ha giustiziato altri otto detenuti per traffico di droga mezz’ora dopo la mezzanotte sull’isola-carcere di Nusakambangan vicino a Cilacap, nella Provincia Centrale di Java. Gli otto giustiziati sono l’indonesiano Zainal Abidin, gli australiani Andrew Chan e Myuran Sukumaran, il brasiliano Rodrigo Gularte, i nigeriani Sylvester Obiekwe Nwolise, Raheem Agbaje Salame e Okwudili Oyatanze, il ghanese Martin Anderson. Chan e Sukumaran erano stati arrestati sull’isola di Bali nel 2005 per aver tentato di contrabbandare 8 chili di eroina in Australia. Erano considerati i capifila di un gruppo di trafficanti australiani conosciuti come i Nove di Bali. L’unica donna, la filippina Mary Jane Fiesta Veloso, che doveva essere fucilata insieme a loro è scampata al plotone d’esecuzione dopo aver accettato di testimoniare contro il sindacato della droga. Le otto condanne a morte sono state eseguite dopo che Jakarta ha respinto tutte le suppliche dell’ultima ora delle famiglie dei detenuti e della comunità internazionale. Le previste esecuzioni sono state condannate dalle Nazioni Unite e hanno causato tensioni diplomatiche tra l’Australia e l’Indonesia.
Il 18 aprile 2016, il Presidente Joko Widodo ha difeso l’uso della pena di morte per reati di droga, sostenendo che l’abuso di droga costituisca una grande emergenza nel Paese, dove da 30 a 50 persone al giorno muoiono a causa di sostanze proibite. Il Presidente indonesiano si è così espresso dopo l’incontro avuto con la cancelliera tedesca Angela Merkel, che da parte sua ha sottolineato l’opposizione della Germania alla pena capitale e il suo desiderio che l’Indonesia “non la applichi, se possibile”. Dalla sua indipendenza nel 1945, l’Indonesia ha giustiziato 82 persone (al 31 dicembre 2017).
Nessuna esecuzione è stata effettuata nel 2014, ma nel 2015 l’Indonesia ha giustiziato 14 condannati a morte per reati di droga, nelle prime esecuzioni effettuate sotto il nuovo Presidente Joko Widodo, che si è insediato nell’ottobre 2014 e poi altri 4 nel 2016, per reati di droga.

La pena di morte top secret
Le esecuzioni di solito avvengono di primo mattino tramite fucilazione e sono di dominio pubblico solo una volta che sono state effettuate, mentre familiari, avvocati e gli stessi condannati a morte sono tenuti all’oscuro di tutto.
Il condannato riceve la notizia della sua esecuzione soltanto 72 ore prima.
Questa mancanza di trasparenza è devastante non solo per i detenuti e le loro famiglie, ma può anche impedire appelli dell’ultimo minuto per una sospensione dell’esecuzione.
Nessuna esecuzione è stata effettuata nel 2014, ma nel 2015 l’Indonesia ha giustiziato 14 condannati a morte per reati di droga, nelle prime esecuzioni effettuate sotto il nuovo Presidente Joko Widodo, che si è insediato nell’ottobre 2014. Alla fine di aprile 2016, c’erano circa 180 detenuti condannati a morte, molti dei quali per traffico di droga.
Nel 2016, sono state fucilate 4 persone, tutte per reati legati alla droga. Dalla sua indipendenza nel 1945, l’Indonesia ha giustiziato 82 persone (al 31 dicembre 2016). Almeno 60 condanne a morte sono state comminate nel 2016, secondo Amnesty International per la quale alla fine dell’anno c’erano 215 detenuti condannati a morte, molti dei quali per traffico di droga.
Nessuna esecuzione si è registrata invece nel 2017, ma delle almeno 47 nuove condanne a morte pronunciate nel corso dell’anno, 33 erano per droga secondo Amnesty International. Almeno 262 persone erano nel braccio della morte alla fine del 2017 secondo Amnesty International mentre Harm Reduction International, citando la direzione indonesiana dei servizi di correzione presso il Ministero del Lavoro e i Diritti Umani, riporta un totale di 165 detenuti nel braccio della morte, di cui 75 per droga.
Secondo dati dell'ambasciata nigeriana a Jakarta resi noti il 3 maggio 2017, in carcere vi sono attualmente 121 nigeriani per vari reati legati alla droga, 13 dei quali condannati a morte.

Le Nazioni Unite
Nel 2008, il Consiglio diritti umani dell’ONU, nell’ambito del processo universale di revisione periodico sui diritti umani, ha raccomandato all’Indonesia di abolire la pena di morte ma il Governo ha replicato di voler mantenere questa pena per applicarla in modo selettivo e limitato migliorando le garanzie legate alla sua applicazione. Il 23 maggio 2012, l’Indonesia è stata sottoposta alla Revisione Periodica Universale del Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU. Il Governo ha respinto le raccomandazioni di stabilire una moratoria ufficiale sulle esecuzioni in vista dell’abolizione della pena di morte. Il 6 novembre 2014, il nuovo Ministro per i Diritti Umani e la Legge Yasonna Laoly si è detto personalmente contrario alla pena di morte. "Sono tra coloro che sulla pena di morte pensano in modo diverso. Questo è il mio principio. Non sono un sostenitore della pena capitale." Ciò nonostante, Yasonna ha detto di non volere “esercitare pressioni", nel rispetto delle sentenze emesse dai tribunali. Il 20 dicembre 2012, l'Indonesia ha cambiato il suo voto sulla Moratoria ONU sull'uso della pena di morte da contrario ad astensione. Il delegato indonesiano ha dichiarato che il dibattito pubblico sulla pena di morte in Indonesia era "in corso, anche riguardo a una possibile moratoria".
Nel maggio 2017, l'Indonesia durante il terzo ciclo della Revisione Periodica Universale, ha accolto due raccomandazioni relative alla pena di morte: prendere in considerazione una moratoria sulle esecuzioni e garantire il diritto a un processo equo e il diritto di ricorso per persone condannate a morte. Ha invece rigettato quelle per l'abolizione della pena di morte, dicendo che "la pena di morte è ancora prevista dalla legge" e che "il codice penale rivisto prevede maggiori garanzie nei processi capitali. 

Il 29 settembre 2017, l’Indonesia si è astenuta sulla risoluzione sulla pena di morte (L6/17) alla 36° sessione del Consiglio diritti umani
Il 17 dicembre 2018 l’Indonesia si è astenuta sulla Risoluzione per una Moratoria delle esecuzioni capitali all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

 

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