governo: democrazia parlamentare federale
stato dei diritti civili e politici: Non libero
costituzione: ratificata il 15 ottobre 2005 (attualmente sottoposta a revisione da parte del Comitato costituzionale e in futuro a probabile referendum)
sistema giuridico: si basa sul diritto civile europeo e islamico
sistema legislativo: Consiglio dei Rappresentati
sistema giudiziario: secondo la costituzione il potere giudiziario federale comprende l'Alto Consiglio Giuridico, la Corte Suprema Federale, la Corte di Cassazione Federale, il Dipartimento del Procuratore Pubblico, la Commissione di Sorveglianza della Magistratura e gli altri tribunali federali
religione: 97% mussulmani; minoranze cristiane e indù
metodi di esecuzione: decapitazione impiccagione plotone d'esecuzione
braccio della morte: almeno 6000, al dicembre 2017, secondo il Comitato diritti umani dell'ONU di cui 300 definitivi al 30/12/2016 secondo il Ministro della Giustizia
Data ultima esecuzioni: 0-0-0
condanne a morte: 65
Esecuzioni: 125
trattati internazionali sui diritti umani e la pena di morte:Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici
Convenzione sui Diritti del Fanciullo
Convenzione contro la Tortura ed i Trattamenti e le Punizioni Crudeli, Inumane o Degradanti
situazione:
In Iraq, la legge islamica è la fonte principale della legislazione secondo la Costituzione del 2005.
Il codice penale non vieta espressamente gli atti omosessuali, ma persone sono state uccise dalle milizie o condannate a morte dai giudici in base alla Sharia.
Dopo la caduta del regime di Saddam Hussein, il 9 aprile 2003, la pena di morte era stata sospesa dall’Autorità Provvisoria della Coalizione. È stata reintrodotta dopo il trasferimento dei poteri alle autorità irachene, avvenuto il 28 giugno 2004.
L’8 agosto 2004, a poco più di un mese dal suo insediamento, l’allora Governo iracheno ad interim guidato da Iyad Allawi ha infatti varato una legge che ha ripristinato la pena di morte per omicidio, sequestro di persona, stupro e traffico di stupefacenti. Il 4 ottobre 2005, il Parlamento iracheno ha approvato una nuova legge anti-terrorismo che prevede la pena di morte per “chiunque commetta ... atti terroristici”, così come per “chiunque istighi, prepari, finanzi e metta in condizione terroristi di commettere questo tipo di crimini”. Il 30 maggio 2010, il Consiglio dei Ministri iracheno ha esteso l’applicazione della pena capitale per reati economici (art. 197 del Codice penale del 1989) anche al furto di elettricità. La pena capitale può essere imposta attualmente per circa 48 reati, inclusi diversi crimini non-mortali come il danneggiamento di proprietà pubbliche in certe circostanze. La ratifica delle condanne a morte rientra tra le prerogative del capo di Stato iracheno, come sancito dall’articolo 73 della Costituzione. Tutte le condanne capitali devono essere confermate dalla Corte di Cassazione e, poi, sottoposte al Consiglio Presidenziale composto dal Presidente e dai due Vice Presidenti per la loro ratifica ed esecuzione. L'ex Presidente iracheno Jalal Talabani, contrario alla pena di morte, non ha mai firmato ordini di esecuzione delegando i suoi poteri di ratifica ai due Vice Presidenti. Il 13 giugno 2011, il presidente Talabani ha autorizzato il suo primo vice presidente Khudayr al-Khuzaie a firmare i decreti di esecuzione e, il 19 agosto, ha autorizzato il suo secondo vice presidente Tareq al-Hashemi a fare lo stesso. Attualmente gli ordini di esecuzione sono firmati dal nuovo Presidente Fuad Massoum.
Il 9 giugno 2015, il portavoce della presidenza irachena, Khalid Shwani, ha detto a BasNews che 667 ordini di esecuzione erano in attesa di essere implementati, “la maggior parte pendenti dal Governo precedente”. Il Presidente Fuad Masum, curdo, ha istituito un comitato di revisione complessiva degli ordini al fine di evitare esecuzioni di detenuti condannati durante il governo di Nouri al-Maliki per motivi settari o personali. Le esecuzioni sono iniziate nell’agosto 2005. Da allora e fino al 30 dicembre 2016, sono state eseguite almeno 828 condanne a morte, la gran parte per fatti di terrorismo
Nel 2016, l’Iraq ha più che triplicato il numero delle persone giustiziate che sono state almeno 92 a fronte delle almeno 30 del 2015. Almeno 88 esecuzioni sono avvenute per terrorismo, le altre 3 per violenza sessuale. Non si sono registrate esecuzioni nella Regione del Kurdistan.
Nel 2014, l’Iraq aveva giustiziato almeno 67 persone. Le esecuzioni nel 2013 erano state almeno 177, il numero più alto dal 2005. Nel 2012, l’Iraq aveva messo a morte almeno 129 persone, un aumento significativo e preoccupante rispetto al 2011, quando sono state giustiziate almeno 68 persone, che erano già il quadruplo rispetto alle 17 messe a morte nel 2010. Nel 2016, sono state imposte almeno 145 condanne a morte, secondo Amnesty International.
Nel novembre 2015, c’erano almeno 1.700 detenuti condannati a morte e in attesa di esecuzione, la maggior parte dei casi legati al terrorismo, secondo il Comitato diritti umani dell’ONU.
Il 30 dicembre 2016, il Ministro della Giustizia ha detto che c’erano circa 300 condannati a morte i cui ordini d’esecuzione non erano ancora stati eseguiti.
La guerra al terrorismo
La legge irachena prevede la pena di morte per 48 reati, ma la maggior parte delle esecuzioni, per le quali è nota l’accusa penale, è stata effettuata in base all’Articolo 4 della Legge Anti-Terrorismo dell’ottobre 2005.
La legge anti-terrorismo prevede la pena di morte per “chiunque commetta atti terroristici”, così come per “chiunque istighi, prepari, finanzi e metta in condizione terroristi di commettere questo tipo di crimini”.
La legge contiene una definizione ampia di terrorismo, che è suscettibile di un’interpretazione estensiva: “Ogni atto criminale commesso da un individuo o un gruppo organizzato che abbia avuto come obiettivo un individuo o un gruppo di individui, organismi e istituzioni ufficiali o non ufficiali e abbia causato danni a proprietà pubbliche o private, al fine di turbare la pace, la stabilità e l’unità nazionale, portare orrore e paura tra la gente e creare il caos per raggiungere gli obiettivi del terrorismo”.
Inoltre, la legge ha offerto l’amnistia e l’anonimato agli al-mukhbir al-sirri, informatori segreti che denunciano presunte attività terroristiche. Tali informazioni hanno contribuito alla detenzione di migliaia di iracheni, spesso condannati a morte poco dopo essere stati arrestati. Il Governo iracheno è solito anche video-registrare le confessioni di coloro che hanno commesso atti di terrorismo. È difficile sapere in quali condizioni tali confessioni sono state rese. Sta di fatto che i detenuti sono a volte torturati e costretti a confessare crimini o atti di terrorismo durante gli interrogatori, confessioni che poi ritrattano in tribunale. Tali confessioni sono comunque fortemente pubblicizzate e regolarmente trasmesse dalla TV di Stato, una prassi che mina fortemente lo Stato di Diritto e il diritto a un processo equo.
Il 9 marzo 2006, sono state eseguite le prime condanne a morte per terrorismo in base alla nuova legge.
Il 5 novembre 2015, il Comitato Diritti Umani delle Nazioni Unite, che monitora l’applicazione da parte degli Stati del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, ha accusato l’Iraq di violare i diritti umani dei propri cittadini in nome della guerra al terrorismo. Il Comitato di 18 esperti indipendenti ha riconosciuto la necessità dell’Iraq di adottare misure per combattere gli atti di terrorismo, in particolare, alla luce dei gravi crimini commessi dal cosiddetto Stato Islamico, tra cui omicidi, rapimenti, stupri, riduzioni in schiavitù e torture. Tuttavia il Comitato ha affermato che questi atti orribili non giustificano le violazioni dei diritti umani commessi contro civili da parte delle forze di sicurezza irachene e da gruppi armati alleati, nei loro sforzi per sconfiggere lo Stato Islamico. Gli esperti si sono mostrati preoccupati dalle notizie secondo cui la polizia spesso utilizza la tortura per estorcere confessioni di persone sospettate di terrorismo e altri crimini.
L’Iraq ha giustiziato almeno 92 persone nel 2016, 88 esecuzioni per terrorismo sono state riconosciute ufficialmente dal Ministro della Giustizia il 30 dicembre 2016 ma il numero è decisamente più alto in base alle notizie raccolte da Nessuno tocchi Caino, essendo di almeno 94 esecuzioni per terrorismo. Nel 2015, le esecuzioni sono state 30 dicui 27 per terrorismo.
Nel 2014, l’Iraq ha giustiziato almeno 67 persone, quasi tutte per reati connessi al terrorismo.
Al 20 giugno 2016, secondo il Direttore Generale del Dipartimento di Riforma del Ministero della Giustizia, Khaled Hussein al-Askari, c’erano circa 9.000 detenuti con l’accusa di terrorismo nelle carceri irachene, tra cui 200 cittadini arabi e stranieri.
Numerosi sono i casi di esecuzioni di massa compiute in Iraq per terrorismo. Il 19 ottobre 2014, in un rapporto pubblicato congiuntamente dalla Missione ONU in Iraq e dall’Ufficio ONU sui Diritti Umani, le Nazioni Unite hanno detto che l'Iraq deve porre fine alla pratica diffusa della pena di morte, che è ingiusta, sbagliata e alimenta solo la violenza che pretende di scoraggiare. "Lungi dal rendere giustizia alle vittime di atti di violenza e terrorismo e alle loro famiglie, gli errori giudiziari non fanno altro che aggravare le conseguenze del crimine; sopprimendo la vita di una persona innocente, si nega una vera giustizia alle vittime e alle loro famiglie", si afferma nel rapporto. Alcuni parenti dei condannati hanno detto che gli era stata offerta la possibilità di evitare la pena di morte se avessero accettato di assumere un determinato avvocato per 100.000 dollari, mentre molte donne detenute hanno detto che erano state condannate al posto di un loro parente maschio. L’Alto Commissario ONU per i Diritti Umani Zeid Ra’ad Al Hussein e il Rappresentante speciale delle Nazioni Unite per l'Iraq Nickolay Mladenov hanno chiesto all'Iraq di stabilire una moratoria sulla pena di morte. Secondo il rapporto ONU, il punto di vista del Governo iracheno secondo cui la pena di morte avrebbe dissuaso atti di violenza "non sembra avere fondamento dato il deterioramento dello stato della sicurezza negli ultimi anni", per cui le esecuzioni non sono altro che una mera reazione alla violenza. “Dal momento che molti di coloro che sono coinvolti in atti di terrorismo in Iraq sono motivati da un'ideologia estremista e sono disposti a morire per raggiungere i loro obiettivi, è possibile che non vedano la pena di morte come deterrente.” Il rapporto ha anche respinto la tesi del Governo secondo cui la pena di morte gode del sostegno popolare in Iraq. "Una volta informata dei fatti, compreso che non ha alcun effetto deterrente sui livelli di violenza e che rischia di determinare errori giudiziari gravi e irreversibili, è improbabile che la pubblica opinione confermi l’attuale presunto sostegno alla pena di morte."
La pena di morte top secret
Le esecuzioni sono iniziate nell’agosto 2005. Da allora e fino al 30 dicembre 2016, sono state eseguite almeno 828 condanne a morte, la gran parte per fatti di terrorismo. Ma queste cifre potrebbero essere molto più alte, poiché non esistono statistiche ufficiali e le notizie pubblicate dai giornali non coprono tutti i fatti.
Tutti i condannati le cui sentenze sono state ratificate dal Consiglio Presidenziale sono trasferiti nella Quinta Sezione (al Shuba al Khamisa) del complesso carcerario di Al-Adalah di Baghdad prima di essere giustiziati. Questa sezione del carcere dipende dal Ministero dell’Interno, mentre le altre afferiscono a quello della Giustizia.
Il Ministero della Giustizia raramente fornisce in anticipo informazioni sulle esecuzioni, le identità dei giustiziati, le accuse contro di loro o le prove presentate contro di loro al processo. Il Ministero dice semplicemente che essi erano “terroristi di Al-Qaeda” condannati ai sensi dell’articolo 4 della legge antiterrorismo del 2005 e che avevano partecipato a omicidi, esplosioni e altri attacchi terroristici. Un dipendente del Ministero della Giustizia ha detto a Human Rights Watch che ordini di esecuzione per le persone nel braccio della morte sono trasmessi direttamente alle strutture carcerarie dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Le impiccagioni avvengono attraverso una forca di legno in un’angusta cella del complesso carcerario di Al-Adalah, nel quartiere sciita di Kadhimiya a nord di Baghdad, anche se alcune esecuzioni sono effettuate anche nella prigione di Al Hut a Nassiriya, nel governatorato di Thi Qar.
La maggior parte dei detenuti in attesa di esecuzione è tenuta in un’ala speciale all’interno del carcere di Al Adalah. Il giorno dell’esecuzione, il condannato è trasferito in una cella speciale dove rimane fino a che non viene portato al patibolo. Nella prigione vi è una doccia dove il condannato può fare abluzioni prima dell’esecuzione se lo desidera. Il detenuto è anche pesato e misurato per stabilire la lunghezza appropriata della corda per l’impiccagione, la quale è effettuata subito dopo la lettura della sentenza e del decreto di esecuzione. I testimoni si riuniscono in una stanza per osservare l’esecuzione attraverso una finestra di vetro unidirezionale. Dopo l’impiccagione, il corpo è restituito ai parenti, su loro richiesta, altrimenti la persona sarà sepolta dalle autorità, senza una cerimonia funebre.
L’ex dittatore Saddam Hussein è stato impiccato nel complesso di Al-Adalah il 30 dicembre 2006. Alla sua esecuzione hanno fatto seguito negli anni successivi, tra il 2007 e il 2012, quelle di altri esponenti del deposto regime.
Il 5 giugno 2015, Tareq Aziz, il Ministro degli Esteri iracheno e vice Primo Ministro, che per decenni è stato il volto pubblico di Saddam Hussein sulla scena mondiale, è morto in un ospedale di Nassiriya, dove era stato portato a seguito di un attacco di cuore. Nel 2010, Aziz era stato condannato a morte per la persecuzione dei partiti religiosi sciiti, ma l’allora Presidente Jalal Talabani ha rifiutato di firmare l’ordine di esecuzione.
La pena di morte nei confronti delle donne
Il codice penale punisce l'adulterio con la prigione e non proibisce esplicitamente gli atti omosessuali, ma persone sono state uccise dalle milizie o condannate a morte dai giudici per questi comportamenti sulla base della sharia. Un rapporto pubblicato dalle Nazioni Unite nel 2014 mostra che molte donne in detenzione hanno dichiarato di essere state condannate al posto di uno dei loro parenti maschi.
Secondo la legge irachena sui procedimenti penali (articolo 287), l'esecuzione di una donna in stato di gravidanza è sospesa durante la gravidanza, fino a quattro mesi dopo il parto e può essere ridotta. La condanna di una detenuta incinta viene automaticamente sottoposta a revisione per una riduzione della pena, ma può essere eseguita quattro mesi dopo il parto.
Le Nazioni Unite
Nel novembre 2014, l’Iraq è stato esaminato nell’ambito della Revisione Periodica Universale da parte del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite. Nel suo Rapporto Nazionale, il Governo ha detto che “dal momento che si trova ad affrontare crimini atroci e aberranti di terrorismo… l’Iraq deve mantenere la pena di morte”. Tuttavia, ha manifestato la volontà di rivedere l’applicazione della pena di morte stabilendo un dipartimento nel Ministero dei Diritti Umani per esaminare la questione in futuro, nella speranza che la pena possa essere limitata ai reati più gravi.
Il 19 dicembre 2016, l’Iraq ha votato contro la Risoluzione per una Moratoria delle esecuzioni capitali all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Il 29 settembre 2017, l’Iraq ha votato contro la risoluzione sulla pena di morte (L6/17) alla 36° sessione del Consiglio diritti umani.