Introduzione al Rapporto 2009 di Nessuno tocchi Caino, di Bill Richardson

03 Gennaio 2011 :

Governatore del New Mexico
 
 
Il 18 marzo 2009, il Governatore Bill Richardson ha ratificato la legge che abolisce la pena di morte nel New Mexico. Quello che segue è il “discorso della firma” con il quale il Governatore spiega perché ha deciso di ratificare la legge che sostituisce la pena capitale con l’ergastolo e perché, a differenza del passato, non è più favorevole alla pena di morte. Il Governatore Richardson ha accettato che fosse anche la sua Introduzione a questo Rapporto.
 
La giornata di oggi segna per me la fine di un lungo cammino personale sulla questione della pena di morte.
Nel corso della mia vita, ho creduto fermamente nella pena di morte come una punizione giusta, da applicare in casi davvero rari e solo per i crimini più odiosi. Ne sono ancora convinto. Ma sei anni fa, quando sono diventato Governatore dello Stato del New Mexico, ho cominciato a mettere in discussione il mio modo di pensare sulla pena di morte.
La questione è divenuta per me più concreta perché mi rendevo conto che sarebbe arrivato il giorno in cui una o due cose sarebbero capitate: avrei dovuto prendere una decisione sulla legge che abolisce la pena di morte o, peggio, avrei potuto dover firmare un ordine di esecuzione di qualcuno.
Onestamente, ero profondamente turbato dalla prospettiva sia dell’una che dell’altra decisione. Ma sono stato eletto dai cittadini del New Mexico proprio per prendere questo tipo di decisioni.
Come molti sostenitori che hanno trovato il tempo di incontrarmi questa settimana, ho creduto che la pena capitale potesse servire da deterrente per chi avesse intenzione di uccidere un tutore della legge, un agente di polizia penitenziaria, il testimone di un delitto o di rapire e uccidere un bambino. Eppure, c’è qualcuno che continua a commettere crimini orribili anche di fronte alla prospettiva della pena di morte, e persone responsabili sia dell’uno che dell’altro schieramento si trovano in forte disaccordo su questo argomento.
Quello su cui però non possiamo non essere tutti d’accordo è il carattere definitivo di questa punizione estrema. Una volta presa la decisione finale e la condanna a morte eseguita, non si può più tornare indietro. Ed è in considerazione di questo che ho preso la mia decisione.
Ho deciso di firmare la legge che abolisce la pena di morte nello Stato del New Mexico.
A prescindere dalla mia personale opinione sulla pena di morte, e con il massimo rispetto per tutti coloro che operano nel nostro sistema di giustizia penale, non nutro la massima fiducia in un sistema che di fatto agisce da arbitro assoluto stabilendo chi deve vivere e chi deve morire per il crimine commesso. Se lo Stato si assume questa terribile responsabilità, il sistema che impone una pena così definitiva deve essere perfetto e non può mai sbagliare.
Ma la verità è che il sistema non è perfetto. Lo hanno provato i test del DNA. Persone innocenti sono state imprigionate nei bracci della morte in tutto il Paese.
Nonostante i progressi fatti con gli esami del DNA e altre tecniche di prova forense, non possiamo essere sicuri al cento per cento che solo i veri colpevoli saranno condannati per un reato capitale. Una prova, anche quella del DNA, può essere manipolata. I procuratori possono ancora abusare del loro potere. Non siamo in grado di assicurare una difesa legale adeguata a tutti gli imputati. La triste verità è che, a tutt’oggi, si può ancora condannare la persona sbagliata, e nei casi in cui quella condanna comporta la massima pena, dobbiamo avere la massima fiducia – direi la certezza – che il sistema è privo di vizi o pregiudizi. Purtroppo, è provato che non è così. Oltre 130 detenuti nel braccio della morte sono stati rilasciati negli ultimi 10 anni in tutto il Paese, inclusi quattro nello Stato del New Mexico, e questo è un fatto che non posso ignorare.
Mi preoccupa anche molto il fatto che nella popolazione carceraria e nei bracci della morte le minoranze siano sovra-rappresentate.
Inoltre, nella prospettiva internazionale sui diritti umani, non vi è ragione per cui gli Stati Uniti debbano rimanere indietro rispetto al resto del mondo su questo argomento. Molti Paesi che continuano a praticare la pena di morte sono anche i Paesi più oppressivi al mondo. Non è una compagnia di cui andare fieri.
Devo dire che tutti i tutori della legge e in particolar modo i genitori e i coniugi delle vittime di omicidi, hanno portato argomentazioni degne di attenzione a sostegno del mantenimento della pena di morte. Rispetto il loro punto di vista e porto nel cuore le loro esperienze, ed è questo il motivo per cui ero combattuto – e ancora oggi lo sono – nel prendere la mia decisione finale.
Si, la pena di morte è uno strumento per far valere la legge. Ma non è l’unico. Per alcuni malintenzionati, la pena di morte può rappresentare un deterrente. Ma, per molti, molti altri, non lo è e non lo sarà mai.
Di fronte al dato di fatto che il nostro sistema, nel comminare la pena di morte, non può mai essere perfetto, la mia coscienza mi impone di sostituirla con una pena alternativa che comunque mantiene sicura la nostra società. La legge che firmo oggi e che è stata coraggiosamente proposta per tanti anni dalla parlamentare Gail Chasey, rimpiazza la pena di morte con un vero ergastolo senza possibilità di uscita, una pena che assicura che un criminale violento sia tenuto per sempre lontano dalla società, ma che può anche essere rivista se una persona innocente viene condannata per errore.
In una società come la nostra, che considera la vita e la libertà della persona al di sopra di tutto, dove la giustizia e non la vendetta è l’unico principio guida del sistema penale, la eventualità di una condanna sbagliata e, Dio non voglia, dell’esecuzione di una persona innocente è una maledizione per la nostra sensibilità di esseri umani. E’ questa la ragione per cui ho deciso di firmare questa legge.