RAPPORTO 2002 DI NESSUNO TOCCHI CAINO

28 Giugno 2002 :

La vita umana è sacra e intoccabile. Sopprimerla è un delitto per tutti e sempre. L´uomo colpevole può essere giustamente punito senza infrangere queste regole che salvaguardano la dignità e il rispetto dell´umana specie nei confronti del creato.
La pena di morte è, non il trionfo supremo, ma la suprema sconfitta della giustizia. Perché non è mai vero che il fine giustifica i mezzi, anzi, è vero il contrario: il fine è prefigurato e pregiudicato dai mezzi adoperati per raggiungerlo e se il mezzo è violento il risultato non può essere altro che violento, e causa di altra violenza. La pena di morte è perdita non solo del nostro senso di umanità ma anche del nostro vivere civile.
"Chi ha ucciso deve essere ucciso", dicono i suoi fautori, volendo in questo modo - elementare, primordiale - fare giustizia. Credo, invece, che non occorra mai "fare giustizia", ma creare, cercare giustizia. Vorrei sempre dare a chi ha sbagliato l´occasione di una rinascita, e alla sua pena la forza di un riscatto. La giustizia nella sua dimensione umana, senza la grazia, senza la pietà, è una giustizia monca, letteralmente spietata.
L´uomo della pena è diverso da quello del delitto, non estraneo ma diverso. Una giustizia giusta deve poter cogliere questa diversità, e uno stato che decide di uccidere - dopo uno, dieci o vent´anni - una persona, è come se uccidesse un innocente, un innocente che può divenire tale nel tempo della pena, se la pena ha un tempo.
La pena di morte è pena senza tempo, è condanna a un´eternità inumana perché tutta volta al passato. E´ un marchio d´infamia, che su una persona fissa la scritta indelebile: tu non cambierai mai! La pena di morte cristallizza un essere umano nell´atto criminale che ha commesso. E´ il mito di Sodoma, ma senza una via di scampo: condannato a morte, condannato cioè a voltarsi indietro, a guardare l´orrore lasciato alle proprie spalle ed esser fatto, per questo, statua di sale.
La giustizia umana deve saper cogliere l´innocenza che si conquista nel tempo, l´innocenza del divenire nella pena, giorno dopo giorno, una persona diversa da quella del delitto: un´innocenza forse più autentica, perché continuamente rinnovata. E se uccidere un innocente rispetto al delitto è un crimine contro il diritto, uccidere un innocente divenuto tale nella pena è per me un crimine contro l´umanità.
Spesso si argomenta che la pena di morte non può essere abolita perché l´opinione pubblica è contraria. Io penso che se questo ragionamento fosse fondato e se noi l´avessimo fatto nostro, sarebbero state poche nel nostro passato le conquiste sul fronte dei diritti civili. Penso innanzitutto all´America di John Fitzgerald Kennedy e di Martin Luther King. Se la politica, i parlamenti, i governi e gli intellettuali non fossero sempre, soprattutto nel campo delle libertà e dei diritti civili, un passo in avanti rispetto alle opinioni pubbliche, noi abdicheremmo al nostro ruolo di leaders, saremmo soltanto dei notai acritici e neutrali degli umori popolari.
Credo che la battaglia contro la pena di morte non sarà vinta definitivamente finché la comunità internazionale non sarà riuscita ad affermare in un testo contro la pena di morte - che abbia la portata storica e il richiamo simbolico equivalenti a quello della Dichiarazione Universale dei Diritti dell´Uomo - qualcosa di analogo a quello che ha scritto sui delitti contro l´umanità, come la schiavitù, la tortura... Un testo in cui sia riconosciuto un nuovo diritto umano, quello a non essere uccisi, in nome di una legge, per mano di uno Stato.
Passi importanti in questo senso sono stati fatti in questi anni, soprattutto grazie all´approvazione per sei anni consecutivi da parte della Commissione dell´ONU per i diritti umani di una risoluzione che afferma il principio che "l´abolizione della pena di morte contribuisce al rafforzamento della dignità umana e al progresso dei diritti umani".
Bisogna continuare su questa via e rafforzare la battaglia di Nessuno tocchi Caino, che è riuscita, prima grazie al Governo italiano, poi con il sostegno dell´Unione Europea, a far discutere le Nazioni Unite di pena di morte e di moratoria delle esecuzioni. Mi piace l´idea della moratoria perché non spacca il mondo in due: i "buoni" da una parte, i "cattivi" dall´altra. Scegliere la moratoria significa scegliere di dialogare con quelli più lontani e diversi da noi, significa scegliere un metodo che può far vincere una battaglia così importante.
E sono fiero che questa battaglia sia partita dall´Italia perché rappresenta la traduzione in sede internazionale dei principi garantisti affermati per primo proprio da un importante giurista italiano, Cesare Beccaria, che sulla pena di morte ha scritto nel suo "Dei delitti e delle pene" parole per me definitive: "Questa inutile prodigalità di supplicii, che non ha mai resi migliori gli uomini, mi ha spinto ad esaminare se la morte sia veramente utile e giusta in un governo bene organizzato. Qual può essere il diritto che si attribuiscono gli uomini di trucidare i loro simili? ... Parmi un assurdo che le leggi, che sono l´espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono l´omicidio, ne commettono uno esse medesime, e, per allontanare i cittadini dall´assassinio, ordinino un pubblico assassinio. … Non è dunque la pena di morte un diritto, mentre ho dimostrato che tale essere non può, ma è una guerra della nazione con un cittadino, perché giudica necessaria o utile la distruzione del suo essere. Ma se dimostrerò non essere la morte né utile né necessaria, avrò vinto la causa dell´umanità."
Sono consapevole di essere un uomo particolarmente fortunato per tutto quello che il destino ha saputo regalarmi, e tra queste gioie c´é, sicuramente, la soddisfazione di essere il capitano della Nazionale Italiana Cantanti, che da più di venti anni lavora e si impegna perché i più deboli, in modo particolare i bambini che soffrono, possano trovare alleati pronti a combattere battaglie giuste e necessarie per un mondo di uguaglianza, in cui la cittadinanza sia terrestre, i diritti umani siano davvero universali e non un lusso consentito solo a una parte dell´umanità.
Il fatto che la Nazionale Cantanti, costituita da personaggi del mondo della musica sensibili a promuovere e realizzare progetti di solidarietà, abbia abbracciato la campagna di Nessuno tocchi Caino per la moratoria delle esecuzioni, mi lusinga particolarmente. Noi, forse, potremo comunicare il messaggio abolizionista a cuori e menti che le sole parole della politica o degli addetti ai lavori non riuscirebbero a raggiungere.
Correre su un campo di calcio per una partita di pallone e vedere il pubblico intorno sorridere divertito mi riempie il cuore di gioia, ma se per un attimo mi fermo a riflettere e penso che ci sono paesi in cui uomini e donne, proprio negli stadi di calcio, vengono ancora giustiziati, a volte senza neanche un processo, la mia responsabilità di uomo grida al vento perché dall´oceano il profumo del mare torni sul pianeta e cancelli da noi, rei dell´annullamento esistenziale della vita, il lezzo della vergogna.