NORTH CAROLINA (USA): COMMUTAZIONE PER PREGIUDIZIO RAZZIALE

23 Aprile 2012 :

il giudice Gregory Weeks della Cumberland County Superior Court in North Carolina ha commutato in ergastolo senza condizionale la condanna a morte di Marcus Robinson, 35 anni, nero.
Si tratta della prima applicazione del “Racial Justice Act”, una legge approvata nel 2009 che permette di fare ricorsi specifici basati sul fattore di razza. Se il pregiudizio razziale viene dimostrato, anche attraverso l’uso di studi statistici, un giudice può annullare una condanna a morte se già emessa, o impedire alla pubblica accusa di chiederla, se il processo è ancora in corso.
La legge, nei casi accertati, prevede la commutazione automatica delle condanne a morte in ergastoli senza condizionale. Quando la legge entrò in vigore nell’estate 2009, ricorsero ad essa 151 dei 158 detenuti del braccio della morte del North Carolina. Robinson è stato rappresentato in questa fase dal Center for Death Penalty Litigation, un’associazione no-profit.
Robinson era stato condannato a morte nel 1994 con l’accusa di aver ucciso, nel giugno 1991 durante una rapina, Erik Tornblom, 17 anni, bianco. La difesa di Robinson, nell’udienza del 25 luglio 2011 aveva citato uno studio condotto da un professore della Michigan State University sui 173 casi capitali processati in North Carolina tra il 1990 e il 2010. Secondo questo studio un nero che uccide un bianco ha 2,6 più probabilità di essere condannato a morte rispetto a casi in cui le vittime non sono bianche.
I difensori hanno citato anche  una statistica secondo la quale la pubblica accusa nello stato, quando si tratta di formare le giurie popolari, chiede vengano scartati la metà dei potenziali giurati neri, ma solo il 15% dei potenziali giurati bianchi o comunque di altre razze diversa dalla nera.
Nel leggere la sua decisione, il giudice Weeks ha detto: “All’epoca del processo di Robinson il fattore razziale era materialmente, praticamente e statisticamente importante nelle strategie usate dai Procuratori per formare le giurie popolari. Le disparità erano forti abbastanza da poter dire che determinavano inferenza, quando non intenzionale discriminazione”.
 

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