USA - Texas. Bobby Moore, 60 anni, nero, ha ottenuto la libertà sulla parola dopo quasi 40 anni nel braccio della morte.

12 Giugno 2020 :

 

Bobby Moore, 60 anni, nero, ha ottenuto la libertà sulla parola dopo quasi 40 anni nel braccio della morte. Per la precisione, oggi Moore ha ottenuto un “parere favorevole” da parte dell’apposita “Parole Board”, ma ogni provvedimento considerato “di clemenza” deve essere ratificato dal Governatore, e quindi Moore per essere effettivamente scarcerato dovrà attendere la controfirma del governatore Greg Abbott, sulla quale ci sono pochi dubbi, anche considerata la fase di tensione con la comunità nera a seguito dell’uccisione di George Floyd in Minnesota. Il 6 novembre 2019 (vedi) la condanna a morte di Moore era stata commutata in ergastolo, e poiché il reato di Moore è del 1980, e all’epoca non era in vigore l’ergastolo senza condizionale bensì l’ergastolo “semplice” che prevedeva la possibilità di condizionale dopo 20 anni, Moore ha potuto chiedere la condizionale (“Parole”). Nel marzo 2020 23 deputati del Texas (membri del bipartisan “Texas House Criminal Justice Reform Caucus”) avevano scritto una lettera di esortazione alla Commissione che decide le libertà sulla parola: "Al Sig. A Moore sono state negate in modo improprio sia numerose occasioni per chiedere la libertà condizionale, sia la possibilità di soddisfare alcuni dei criteri che avrebbero pesato a suo favore. Questo è sbagliato, e mentre continueremo a lavorare per soluzioni legislative ai problemi che ci hanno portato qui, la Commissione ha l'opportunità di agire in questo momento, per intervenire laddove il legislatore non ha svolto il suo ruolo". Il caso di Moore negli ultimi anni è stato molto seguito dai media. Dopo molte polemiche, e due sentenze della Corte Suprema degli Stati Uniti, la corte d’appello texana il 6 novembre 2019 si è “piegata” all’evidenza che Moore è un disabile mentale, e come tale non poteva essere giustiziato. Moore venne condannato a morte il 24 luglio 1980 nella Harris County con l’accusa di aver ucciso il 25 aprile 1980, durante una rapina in un negozio, Jim McCarble, 73 anni. Il 17 giugno 2003 Moore, assistito da nuovi avvocati, contestò che ai sensi dell’Ottavo Emendamento e della sentenza Atkins v. Virginia (Corte Suprema degli Stati Uniti, 20 giugno 2002) la sua esecuzione non poteva essere consentita in quanto portatore di ritardo mentale (definizione che in seguito verrà aggiornata con “deficit intellettivo” o “disabilità intellettiva”). Nel 2014 un giudice di stato esaminò il ricorso, e dopo aver ascoltato diversi esperti concluse che Moore, il cui quoziente intellettivo era stato misurato in 70,6 punti, rientrava negli standard del ritardo mentale, e come tale non poteva essere giustiziato. La sentenza venne impugnata dalla pubblica accusa, e la Texas Court of Criminal Appeals il 16 settembre 2015 annullò l’annullamento. Il 28 marzo 2017 la Corte Suprema USA annullò la decisione della corte d’appello, e confermò la validità della sentenza precedente. Per la Corte Suprema, il metodo di valutazione della corte d’appello, basato su protocolli vecchi di 25 anni, doveva considerarsi “scientificamente superato” in quanto basato largamente su concetti stereotipati, noti come “fattori Briseño” (dal nome di una sentenza del 1992 in cui per la prima volta venivano elencati 7 criteri di giudizio). La Corte d’appello inoltre aveva fatto riferimento una sentenza del 2004 che citava un famoso personaggio letterario, Lennie Small, nel romanzo “Uomini e topi” di John Steinbeck, come esempio di una persona nei confronti della quale non si dovrebbe procedere con l’esecuzione. La Corte Suprema stabilì che né i fattori Briseño né citare Lennie Small come parametro di chi è o non è un ritardato mentale fossero un metodo scientifico. Nel 2014 la stessa Corte Suprema Usa aveva già affrontato il tema del ritardo mentale, e in un caso proveniente dalla Florida (Hall v. Florida) aveva dichiarato incostituzionale la legge di quello stato nella parte in cui era troppo rigida e formale nel fissare a 70 punti il limite del deficit intellettivo. La prima sentenza Moore v. Texas (No. 15–797) del 2017 si rifà a quella sentenza, ma oltre al deficit cognitivo indicava che deve essere preso in considerazione anche il deficit adattivo. Dopo l’annullamento del 2017, il 1° novembre 2017 la procuratrice della Harris County, Kim Ogg, bianca, Democratica, aveva comunicato alla Corte d’Appello di riconoscere la disabilità intellettiva dell’imputato, e di concordare che la sua pena venisse rideterminata in un ergastolo. Parere favorevole alla conferma della condanna a morte era invece stato espresso dal Procuratore Generale del Texas. La Corte d’Appello (vedi 6 giugno 2018) decise di confermare la condanna a morte, seppure con un voto a stretta maggioranza, 4-3. Il 19 febbraio 2019 (vedi) la Corte Suprema degli Stati Uniti aveva annullato per la seconda volta (con un voto 6-3) la condanna a morte di Moore, rilevando che la seconda sentenza d’appello era praticamente identica alla prima, e non teneva conto dei rilievi della Corte Suprema. Nel novembre 2019 la Corte d’Appello, con una formulazione che ne indicava la riluttanza, in una motivazione di 3 pagine aveva scritto: “La Corte Suprema ha stabilito che Moore è una persona con disabilità intellettiva […] dopo questa determinazione, non possiamo fare altro che implementare la decisione della Corte Suprema e riformare la sentenza dell’appellante in ergastolo”.

https://deathpenaltyinfo.org/news/bobby-moore-whose-case-changed-how-texas-determines-intellectual-disability-granted-parole-after-40-years-in-prison

https://www.texastribune.org/2020/06/08/texas-death-row-bobby-moore-parole/

 

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