governo: Repubblica Islamica
stato dei diritti civili e politici: Non libero
costituzione: nuova, firmata il 16 gennaio 2004 (sulla base di quella del 1964)
sistema giuridico: Basato su un misto tra Sharia e diritto civile
sistema legislativo: bicamerale, composta dall’Assemblea Nazionale (Wolesi Jirga) e dal Meshrano Jirga
sistema giudiziario: Corte Suprema (o Stera Mahkama), Alte Corti e Corti d’Appello
religione: 80% sunniti, 19% sciiti, 1% altro
metodi di esecuzione: impiccagione lapidazione plotone d'esecuzione
braccio della morte: oltre 200 (www.tolonews.com)
Data ultima esecuzioni: 0-0-0
condanne a morte: 11
Esecuzioni: 6
trattati internazionali sui diritti umani e la pena di morte:Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici
Convenzione sui Diritti del Fanciullo
Convenzione contro la Tortura ed i Trattamenti e le Punizioni Crudeli, Inumane o Degradanti
Statuto della Corte Penale Internazionale (esclude il ricorso alla pena di morte)
situazione:
In Afghanistan la pena capitale è espressamente prevista da
numerose leggi del paese, a partire dalla legge fondamentale. Infatti, la
Costituzione del 2004, all’articolo 23, afferma il diritto alla vita, ma nello
stesso tempo consente che si possa essere privati di questo diritto nei casi previsti dalla legge.
In base all’Articolo 396 della Costituzione afghana, un condannato a morte ha
diritto a due gradi di appello. Inoltre, la Costituzione considera la pena di
morte come un atto complesso che, per essere applicato, necessita non solo di
una sentenza giudiziaria definitiva, ma anche dell’approvazione particolare del
Presidente. L’Articolo 129 della Costituzione stabilisce che “...Tutte le
decisioni irrevocabili dei tribunali devono essere attuate, fatta eccezione per
la pena capitale, che richiede dell’approvazione presidenziale.”
Il Codice Penale del 1976, tuttora in vigore, prevede la
pena di morte per numerose fattispecie di reato che rimandano a due principali
categorie: reati contro la sicurezza dello Stato e reati contro la persona, in
particolare alcuni casi di omicidio aggravato.
Altri casi di omicidio di primo grado sono stati previsti da leggi più recenti
come: la legge anti-droga entrata in vigore nel novembre 2003 che prescrive la
pena di morte nel caso in cui un trafficante di droga, nel resistere
all’arresto, uccide un tutore della legge; il decreto presidenziale del 3
luglio 2004 che prevede la pena di morte per chi sequestra bambini e ne
espianta gli organi, per poi venderli.
Reati capitali sono inoltre previsti nella Legge sui Reati
contro la Sicurezza Interna ed Esterna del 1987 e nella Legge Militare del
1989, retaggio tutte e due dell'occupazione sovietica e ancora in vigore. I
reati previsti da queste leggi, riferibili principalmente alla sicurezza dello
Stato in particolare in tempo di guerra, sono giudicati rispettivamente dal
Tribunale per la Sicurezza Nazionale e dal Tribunale Militare.
Comunque, il Codice Minorile recentemente approvato, che definisce come
minorenne “una persona che ha compiuto i dodici anni di età e non ancora
compiuto i diciotto”,all’articolo
39, paragrafo C, stabilisce che un ragazzo non può essere condannato a morte.
Il 9 ottobre 2004, nelle prime elezioni democratiche della storia del paese,
gli afgani hanno votato come loro Presidente Hamid Karzai, alla guida
dell’Afghanistan dal 2001. Il suo governo ha sostituito l’amministrazione ad
interim costituita sotto l’egida dell’Onu il 22 dicembre 2001, dopo gli
attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 alle Torri Gemelle e al Pentagono
e il susseguente intervento americano in Afghanistan che ha portato alla caduta
del regime talebano.
Il Codice penale afghano risale a più di trent’anni fa e il Governo ne sta preparando uno nuovo per unificare
norme frammentarie e coprire reati lasciati fuori quando l’ultima versione è
stata scritta.
Come parte del processo legislativo, nel novembre 2013, una
commissione aveva avanzato un progetto di codice penale relativo ai “crimini
morali” che prevedeva per gli adulteri sposati la lapidazione e le frustate per
gli adulteri non spostati. Il gruppo di lavoro del Ministero della Giustizia aveva
raccomandato che se una coppia è riconosciuta colpevole da un tribunale di
rapporti sessuali al di fuori di un matrimonio legale, sia l’uomo che la donna
“saranno condannati alla lapidazione se l’adultero o l’adultera sono sposati”.
Se “l’adultero o l’adultera non sono sposati”, la condanna sarà “di 100
frustate”, secondo la bozza. Le disposizioni prevedevano inoltre che “la
lapidazione dovrà avvenire in pubblico in un luogo predeterminato”. Dopo
diversi giorni di silenzio di fronte alla crescente protesta internazionale, il
Ministero della Giustizia ha dichiarato che, sebbene la lapidazione sia stata
proposta, non entrerà nella nuova legislazione, perché non c’è “alcuna
necessità di regolamentare la questione”. Il Codice penale del Paese comprende
già la Sharia, ma alcuni controversi aspetti delle punizioni tradizionali come
la lapidazione non sono mai formalmente entrati nelle leggi dell’Afghanistan.
Il 28 novembre 2013, il Presidente Hamid Karzai ha dichiarato in un’intervista
che una punizione del genere, diventata a suo tempo simbolo della brutalità dei
Talebani, non sarà reintrodotta.
Il 4 gennaio 2004, dopo tre settimane di acceso dibattito,
i 502 membri della Loya Jirga hanno promulgato la nuova Costituzione
dell’Afghanistan. Nei 160 articoli di cui è composta non è contenuto nessun
riferimento esplicito alla Sharia, sebbene si dichiari che l’Afghanistan è una
“repubblica islamica” e inoltre vi sia scritto, all’articolo 3, che “nessuna
legge può essere contraria ai principi e alle prescrizioni della sacra
religione dell’Islam.” – prescrizioni
che come è noto prevedono la pena capitale, in particolare per reati contro la
religione islamica (rapina, adulterio e apostasia o blasfemia) e per reati
contro la persona (omicidio). Ma un’altra norma costituzionale, l’articolo 27,
richiede l’esistenza di una legge che sia stata promulgata per qualificare e
punire un fatto come reato, ed è facile arguire come le prescrizioni coraniche
sulla pena di morte non possano essere considerate alla stessa stregua.
Di fatto, dalla caduta del regime dei talebani nel 2001, in
Afghanistan non è stata emessa nessuna condanna a morte per reati come
l’adulterio o l’apostasia, previsti dalla legge islamica ma senza nessuna
corrispondenza a norme di diritto positivo.
Nel paese l’influenza dei leader religiosi sul sistema
giudiziario è comunque ancora forte. Il tristemente famoso “Ministero per la
Promozione della Virtù e per la Prevenzione del Vizio”, l’implacabile agenzia
talebana per l’applicazione dei principi religiosi, non è mai stato abolito,
anche se ha perso il suo stato ministeriale e ora è denominato Dipartimento di
Istruzione Islamica.
Non esistono statistiche ufficiali sulle esecuzioni
effettuate nel periodo dei talebani, ma nel solo 2001 almeno 68 persone,
comprese due donne, sono state giustiziate.
Dal crollo del regime nel 2001, numerose condanne a morte
sono state emesse ma il numero preciso è sconosciuto e le notizie variano dalle
11 rese pubbliche dai media alle 38 che sono state sottoposte all’approvazione
presidenziale nel luglio del 2005.
Nel 2002, per la prima volta dopo moltissimi anni, non si
sono registrate esecuzioni in Afghanistan e vi è stata una sola condanna a
morte. Nel 2003, per il secondo anno consecutivo, non sono state effettuate
esecuzioni.
Il 20 aprile 2004, è stata eseguita la prima condanna a
morte comminata dalla caduta del regime dei talebani: un ex comandante
militare, Abdullah Shah, condannato per più di 20 omicidi è stato ucciso con un
colpo d’arma da fuoco alla nuca nella prigione Pul-e-Charkhi, nella zona
orientale della capitale, davanti a testimoni, tra cui rappresentanti della
polizia e della Procura.
Dopo due anni di sospensione, nel 2005 e nel 2006, nel 2007
l’Afghanistan ha ripreso le esecuzioni effettuandone 15. Nel 2008 se ne sono registrate
almeno 17, mentre non risultano esecuzioni nel 2009 né nel 2010. Due le
esecuzioni compiute nel 2011, 14 quelle del 2012 e 2 nel 2013.
Secondo il Ministro della Giustizia, al 20 novembre 2012,
vi erano almeno 200 persone, sulle 2000 detenute nel carcere di Pul-e Charkhi,
in attesa di esecuzione. In Afghanistan vi sono circa 24.000 detenuti nelle
varie carceri del paese.
Nel 2013, sono state comminate 174 nuove condanne a morte per omicidio e terrorismo, mentre erano circa 300 i
prigionieri nel braccio della morte alla fine dell’anno, secondo Amnesty
International.
Il 14 ottobre 2014, funzionari della Presidenza afghana
hanno reso noto che il Governo avrebbe rivisto i casi di 400 condannati a
morte, circa 100 dei quali erano stati già definiti dalla Corte Suprema
dell'Afghanistan ed erano in attesa della firma del nuovo Presidente, Ashraf
Ghani, mentre più di 300 non erano stati ancora approvati dalla Corte. I
funzionari hanno comunque precisato che il Governo avrebbe cercato alternative
per i detenuti in attesa di esecuzione. Il consulente legale del Presidente
Ghani, Abdul Ali Mohammadi, ha detto a Radio Free Europe (RFE) che la visita al
carcere di Pul-e-Charkhi era un esempio del suo impegno a garantire la
giustizia nel Paese.
Lapidazioni per adulterio, extra-giudiziarie e sommarie,
sono state effettuate in Afghanistan in zone controllate dai Talebani che hanno
spesso gestito sistemi di giustizia informali, applicando una rigida versione
della Sharia, dalla lapidazione delle donne adultere al taglio delle mani dei
ladri.
Alcuni afghani spesso si rivolgono a tribunali talebani per risolvere
contrasti, anche perché le autorità costituite sono viste con diffidenza per la
corruzione dilagante nel governo. Nelle zone che controllano, i Talebani vietano
alle ragazze di frequentare la scuola e impongono la separazione tra i sessi
nelle manifestazioni pubbliche, tra cui i matrimoni. Raccolgono anche le tasse
dai residenti per mantenere il loro controllo armato delle aree.
Il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, in
occasione della Revisione Periodica Universale dei diritti umani nel 2009 ha
avanzato nei confronti dell’Afghanistan, diverse raccomandazioni relative
all'uso della pena di morte, come l’introduzione di una moratoria delle esecuzioni
e l’abolizione della pena di morte che però l’Afghanistan ha respinto.
Il 27 gennaio 2014, l’Afghanistan è stato riesaminato
nell’ambito della Revisione Periodica Universale del Consiglio dei Diritti
Umani delle Nazioni Unite. Nelle sue risposte alle raccomandazioni ricevute, il
Governo ha respinto quelle di stabilire una moratoria sulle esecuzioni in
attesa di eliminare la pena di morte dalle leggi penali e ratificare il Secondo
Protocollo Opzionale al Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici. Il
19 giugno, nella sua dichiarazione orale per l’adozione del rapporto finale
sull’Afghanistan, il capo della delegazione del Paese ha detto che “le
decisioni degli organi giurisdizionali, tra cui la Corte Suprema, non bastano a
imporre la pena di morte. Il Presidente di rado usa il suo potere approvando le
decisioni della Corte Suprema ... In pratica egli applica una sorta di
moratoria sulla pena di morte”.
Il 18 dicembre 2014, l'Afghanistan ha votato contro la
risoluzione per una moratoria delle esecuzioni capitali all’Assemblea Generale
delle Nazioni Unite.