governo: stato comunista
stato dei diritti civili e politici: Non libero
costituzione: 15 aprile 1992
sistema giuridico: si basa sulla teoria comunista e sul sistema francese
sistema legislativo: monocamerale, Assemblea Nazionale (Quoc-Hoi)
sistema giudiziario: Corte Suprema del Popolo, capo eletto per cinque anni dall'Assemblea Nazionale su raccomandazione del Presidente
religione: 9,3% buddhisti, 6,7% cattolici, altre minoranze, 80% nessuna
metodi di esecuzione: plotone d'esecuzione
braccio della morte: 681 (al 1 luglio 2016 secondo un rapporto (05/BC-BCA-C81) del Ministro della Pubblica Sicurezza, 4 gennaio 2017)
Data ultima esecuzioni: 0-0-0
condanne a morte: 29
Esecuzioni: 2
trattati internazionali sui diritti umani e la pena di morte:Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici
Convenzione sui Diritti del Fanciullo
Convenzione contro la Tortura ed i Trattamenti e le Punizioni Crudeli, Inumane o Degradanti
situazione:
La pena capitale rimane in vigore per ancora molti reati (18), tra cui omicidio, rapina a mano armata, traffico di droga, abuso sessuale di minori. È prevista anche per 6 atti di natura politica avvertiti come “minacce alla sicurezza nazionale”.
Nel 1985, il Codice Penale prevedeva 29 reati capitali. Dopo di che, il Codice ha subito quattro emendamenti, che hanno portato a 44 il numero di reati punibili con la morte.
Nel 1999, il Codice è stato rivisto di nuovo e il numero dei reati capitali è stato ridotto a 29.
Il Codice Penale è stato modificato anche nel 2009, il che ha ridotto a 22 il numero di reati capitali.
Infine, il 27 novembre 2015, l’Assemblea Nazionale ha approvato con una maggioranza schiacciante una riforma del Codice Penale che abolisce la pena di morte per sette reati, riducendo il numero totale di reati capitali da 22 a 15.
In linea di principio,nquindi, il numero di reati capitali in Vietnam dovrebbe essere di 15. Tuttavia, dopo uno studio approfondito del testo, il Vietnam Committee on Human Rights (VCHR) ha trovato che 18 crimini comportano la pena capitale. In realtà, la pena di morte è stata abolita effettivamente per certi reati, ma in altri casi i crimini sono stati semplicemente riformulati. Per esempio, mentre la pena di morte è stata abolita per gli articoli 193 e 194 sulla produzione, il commercio o il possesso di sostanze stupefacenti, il codice modificato contiene tre articoli (248, 250 e 251) che condannano crimini apparentemente simili. Si aggiunge anche un nuovo reato relativo alla “sicurezza nazionale” sulle “attività terroristiche volte a opporsi all’amministrazione del popolo” (articolo 113).
Nel 2016, sono state imposte almeno 63 nuove condanne a morte, di cui 54 per reati legati alla droga, secondo Amnesty International.
Pena di morte per reati non violenti, politici e di opinione
Nel novembre 2015, il Vietnam ha abolito la pena di morte per sette reati, tra cui cinque di natura non violenta: disobbedienza agli ordini in campo militare (articolo 394); resa al nemico, che è applicabile nell’esercito (articolo 399); produzione e commercio di beni contraffatti: cibo, spezie e additivi alimentari (articolo 193); possesso illegale di sostanze stupefacenti (articolo 249); appropriazione illecita di sostanze stupefacenti (articolo 193). La riforma prevede inoltre la commutazione della pena di morte per corruzione, nel caso in cui funzionari corrotti restituiscano almeno il 75% del denaro intascato illegalmente.
La pena capitale rimane in vigore per ancora molti reati, tra cui reati economici come appropriazione indebita, uso di tangenti e diversi atti di natura politica avvertiti come “minacce alla sicurezza nazionale”.
Infatti, il codice penale modificato continua a prevedere la pena di morte per reati politici vagamente definiti, già elencati nel primo codice penale e ora facenti parte del capitolo VIII: alto tradimento (Art. 108); attività finalizzate a rovesciare il governo popolare (Art. 109); spionaggio (Art.110); ribellione (Art. 112); terrorismo anti-governativo (Art. 113); sabotaggio delle basi fondamentali della Repubblica Socialista del Vietnam.
La vaga definizione dei crimini contenuti nel capitolo VIII permette al Governo di interpretare espressioni o attività politiche non violente come “attività finalizzate a rovesciare il governo popolare”, che non fa nessuna distinzione tra atti violenti come terrorismo e atti non violenti.
Nel 2015 non risulta siano state comminate condanne a morte per reati elencati nel capitolo VIII del Codice Penale riformato, mentre condanne a morte sono state comminate per reati finanziari. Non si sono avute notizie di esecuzioni o condanne a morte per reati non violenti nel 2016, mentre nei primi sei mesi del 2017 si sono registrate due condanne a morte per reati economici.
La guerra alla droga
Il Vietnam ha emanato norme sulla droga tra le più severe in Asia. Una legge del 1997 considera reato capitale il possesso o lo spaccio di almeno 100 grammi di eroina o di almeno 5 chilogrammi di oppio. Nel luglio 2001, la Corte Suprema del Popolo ha emanato una direttiva che raccomanda per il traffico di droga pene diverse a seconda della quantità di stupefacente: 20 anni di reclusione da 100 a 300 grammi di eroina, carcere a vita da 300 a 600 grammi e pena di morte per quantità superiori a 600 grammi. La direttiva non sempre è rispettata dai tribunali. Nel 2009, l’Assemblea Nazionale del Vietnam ha rimosso il semplice uso illegale di droga dalla lista dei reati capitali.
Nel novembre 2015, il Vietnam ha rivisto il Codice Penale abolendo la pena di morte per sette reati, tra cui possesso di droga e appropriazione di droga, mantenendo però il traffico di droga come reato capitale.
Secondo i media vietnamiti, circa la metà di tutte le esecuzioni è per reati di droga. Inoltre, delle quasi 700 persone nel braccio della morte in Vietnam, molte vi si trovano per reati di droga. Delle almeno 47 nuove condanne a morte del 2015, 27 sarebbero per reati legati alla droga.
Nel 2016, sono state imposte almeno 63 nuove condanne a morte, di cui 54 per reati legati alla droga, secondo Amnesty International.
La pena di morte “top secret”
Nel 2003 il Governo vietnamita ha deciso di classificare i dati sulla pena di morte come segreto di Stato e nel gennaio 2004 ha anche stabilito essere un reato diffondere informazioni sulla pena capitale. Prima di questa decisione, il capo della Corte Suprema del Popolo presentava il numero delle condanne a morte emesse nel Paese in un rapporto annuale all’Assemblea Nazionale, evento trasmesso sulla televisione nazionale.
Fino al 2004, il Vietnam era ritenuto uno dei Paesi che faceva maggior ricorso alla pena capitale: le esecuzioni si aggiravano tra le 80 e le 100 per anno, molte delle quali per reati legati alla droga. Negli anni successivi sono apparentemente diminuite.
Da quando il plotone di esecuzione è stato sostituito con l’iniezione letale nel luglio 2011 e fino al 6 agosto 2013, quando è stato giustiziato il primo detenuto del braccio della morte con il nuovo metodo, il Vietnam non avrebbe giustiziato nessuno, prima a causa della mancanza delle strutture necessarie e di personale addestrato, poi per la carenza delle sostanze letali. Nel 2013, il Paese ha utilizzato tale metodo per uccidere un totale di almeno otto persone. Secondo i media locali, almeno tre esecuzioni sono state effettuate nel 2014, ma il numero reale potrebbe essere molto più alto.
Nel dicembre 2014, Tran Van Do, vice Presidente della Corte Suprema del Popolo, ha detto in una conferenza che i tribunali vietnamiti emettono circa 200 condanne a morte ogni anno.
Come negli anni precedenti, nel 2014 le autorità non hanno mai ufficialmente comunicato il numero di persone condannate a morte o giustiziate. Tuttavia, secondo i dati rilevati dal Vietnam Human Rights Network basati su scambi interni tra le agenzie di stato, nel corso dei primi 9 mesi del 2014, 53 persone sono state condannate a morte e 162 sono state giustiziate tra un totale di 742 detenuti nel braccio della morte in attesa di esecuzione.
Nel dicembre 2014, Tran Van Do, vice Presidente della Corte Suprema del Popolo, ha detto in una conferenza che i tribunali vietnamiti emettono circa 200 condanne a morte ogni anno. Questa dichiarazione trova conferma nel più recente dato relativo alla cifra di 1.134 criminali condannati a morte in cinque anni, tra il 1°luglio 2011 e il 30 giugno 2016.
Un rapporto del Ministero della Pubblica Sicurezza, reso noto nel febbraio 2017, ha infatti evidenziato che a partire dalla prima iniezione letale nell’agosto 2013, 429 prigionieri sono stati giustiziati con questo metodo fino a luglio 2016 in cinque impianti ad Hanoi, Ho Chi Minh City, Nghe An, Son La, e Dak Lak. Questo dato, seppur non disaggregato per singoli anni, evidenzia un ricorso alla pena di morte che pone il Vietnam tra i paesi che ne fanno maggior uso, con una media di 143 esecuzioni per anno.
Secondo questo rapporto, che copre un periodo di cinque anni, sono 681 le persone nel braccio della morte al 1 luglio 2016 per 80 delle quali la condanna è sospesa ed è in corso di revisione per errore di giudizio mentre 36 sono quelle decedute nel braccio della morte nell’arco dei 5 anni.
Per cui, nel 2016 se dai mezzi di informazione è trapelata la notizia di una sola esecuzione, sarebbero oltre 100 le esecuzioni compiute.
Le condizioni nel braccio della morte sono particolarmente disumane, con 3-4 detenuti per cella, in un ambiente estremamente carente dal punto di vista igienico, con un secchio nel quale fare i propri bisogni e nessuna ventilazione. Ai prigionieri non è consentito uscire dalle celle se non per le visite coi familiari, peraltro molto rare. Con le gambe incatenate a un lungo palo, sono generalmente messi in fila in ordine di esecuzione, con il primo da giustiziare più vicino alla porta. A volte, per “ragioni umanitarie”, è consentito ai prigionieri di cambiare posto nella fila.
Le esecuzioni avvengono di solito alle quattro di mattina. Siccome non sono informati in anticipo della data dell’esecuzione, stanno svegli per paura di essere chiamati, iniziando a dormire alle sei, una volta certi che non è arrivato il loro turno. I loro familiari non sono avvisati dell’esecuzione se non dopo che è stata effettuata, ma gli viene chiesto di andare a prendere gli effetti personali dei giustiziati due o tre giorni dopo l’esecuzione. Una volta, i corpi dei giustiziati erano tenuti per tre anni prima di essere consegnati alle famiglie per i funerali, ma nel 2006 il Ministero della Pubblica Sicurezza ha proposto di permettere alle famiglie di prendersi i corpi immediatamente, ma solo in caso che li seppelliscano nel rispetto delle norme igieniche.
Almeno 1 esecuzione è avvenuta nel 2015, ma il numero reale potrebbe essere molto più alto.
Nel 2015, sono state imposte almeno 47 nuove condanne a morte, di cui 27 per reati legati alla droga e due per crimini economici, secondo Amnesty International.
Secondo la relazione del Ministro della Giustizia Ha Hung Cuong presentata all’Assemblea Nazionale il 28 ottobre 2015, le persone nel braccio della morte erano 684, diminuite di 58 rispetto all’anno precedente. Secondo il Vietnam Human Rights Network, questo potrebbe essere il risultato di un notevole aumento del processo di esecuzione mediante l’uso nel 2015 di iniezioni letali con sostanze prodotte dal Vietnam stesso.
La civiltà dell’iniezione letale
Il 17 giugno 2010, l’Assemblea Nazionale del Vietnam ha approvato la Legge sulla Esecuzione delle Condanne Penali, secondo la quale le esecuzioni devono essere effettuate mediante iniezione letale e non più tramite fucilazione. Secondo un documento preparatorio elaborato da un gruppo ad hoc di deputati, l’iniezione di veleno è “un modo di esecuzione più umano” rispetto al plotone, perché “provoca meno dolore ai condannati, costa di meno e riduce lo stress psicologico degli addetti all’esecuzione”. Inoltre, i corpi dei giustiziati saranno restituiti integri alle proprie famiglie.
Ai condannati sono iniettate droghe letali da una macchina automatica. La camera di esecuzione è dotata di una barella o letto da ospedale, con cinghie, linee di cannule per via endovenosa e cardiofrequenzimetri. La camera della morte è inoltre dotata di un sistema di monitoraggio a distanza per assicurare che l’esecuzione sia rigorosamente supervisionata dagli addetti alla pratica dell’iniezione letale. In base alla procedura, i condannati saranno portati alla camera della morte e poi legati al letto. Le loro vene saranno collegate alle linee in cui scorre la droga, che operano automaticamente. Dopo di che i funzionari della prigione verificheranno se il prigioniero è morto o no. Se la prima iniezione non funziona, ai condannati saranno iniettate le droghe letali per altre due o tre volte finché non saranno morti davvero.
Le esecuzioni con il nuovo metodo sarebbero dovute partire dal 1° luglio 2011, quando la legge sull’esecuzione delle condanne penali è entrata in vigore, ma sono state rinviate più volte, prima a causa della mancanza delle strutture necessarie e di personale addestrato, poi per la carenza delle sostanze letali.
Nel maggio 2013, il Governo ha approvato una nuova legge che consente l’uso di sostanze chimiche di produzione nazionale per giustiziare i prigionieri. La nuova legge, in vigore a partire dal 27 giugno 2013, non menziona il nome delle sostanze chimiche. Tuttavia, il veleno sarà fornito dal Ministero della Salute e comprende tre farmaci: uno per addormentare il condannato, il secondo per rilassare i muscoli e il terzo per fermare il cuore.
Nonostante la costruzione nel 2014 di 5 strutture nazionali per praticare le iniezioni letali, il trasferimento dei condannati a morte dalle province ai luoghi di esecuzione si è rivelato così costoso che il Governo ha deciso di ricorrere a unità mobili di camere della morte.
Il Vietnam ha giustiziato il suo primo prigioniero tramite iniezione letale il 6 agosto 2013, ponendo fine a una sospensione di due anni delle esecuzioni causata dalla difficoltà a ottenere i prodotti chimici necessari. Un giovane di 27 anni originario di Hanoi, Nguyen Anh Tuan, giudicato colpevole di omicidio e rapina, è stato messo a morte nella Prigione della Polizia di Hanoi.
Dal 6 agosto 2013, quando il Vietnam ha giustiziato il suo primo detenuto del braccio della morte tramite iniezione letale, il Paese ha utilizzato tale metodo per uccidere un totale di almeno 12 persone, al 31 dicembre 2015. È probabile che esecuzioni tramite iniezione letale siano avvenute anche nei primi sei mesi del 2016, anche se non è possibile confermarlo.
La persecuzione di appartenenti a movimenti religiosi o spirituali
La Costituzione vietnamita e altre leggi e decisioni politiche prevedono la libertà religiosa. La Costituzione, il codice legale e una risoluzione del Comitato Centrale del Partito Comunista del 2003 sulla religione prevedono la libertà di fede religiosa e di culto, nonché la libertà di non avere alcuna fede; tuttavia, esistono restrizioni nella politica.
L’Ordinanza del 2004 su Religione e Fede e il Decreto di Attuazione del 2005 (Decreto 22) costituiscono i documenti base che regolano la pratica religiosa. Sia l’Ordinanza che il Decreto del 2005 ribadiscono i diritti dei cittadini alla libertà di credo e di religione, ma avvertono che l’”abuso” della libertà di credo o di religione “per minare la pace, l’indipendenza e l’unità del Paese” è illegale, e le attività religiose devono essere sospese se “incidono negativamente sulle tradizioni culturali della Nazione”. Nel novembre 2012, il Governo ha emanato il Decreto 92/2012 per sostituire il Decreto 22/2005 dal 1° gennaio 2013. La Commissione per gli Affari Religiosi (CAR) descrive il Decreto 92 come veicolo per apportare miglioramenti amministrativi all’originale Ordinanza del 2004 e al Decreto 22. Tuttavia, i critici del nuovo decreto sono preoccupati che esso costituisca un’ulteriore restrizione burocratica della pratica religiosa.
Il Governo riconosce ufficialmente alcuni gruppi buddisti, cattolici, protestanti, Hoa Hao, Cao Dai e alcune organizzazioni religiose musulmane. I leader, i credenti o le organizzazioni di religioni diverse da queste, come le congregazioni individuali o indipendenti createsi all’interno di ognuno di questi gruppi, non rientrano nelle associazioni religiose approvate dal governo. La Chiesa Buddista Unificata del Vietnam (UBCV) e alcuni membri delle comunità Hoa Hao e Cao Dai continuano a subire abusi ingiustificati e anche arresti e detenzioni per i loro tentativi di organizzarsi in maniera indipendente dal Governo.
I Protestanti continuano a essere vittime di pestaggi e altri maltrattamenti, tormentati, multati, minacciati e obbligati a rinunciare alla propria fede.
Il 30 gennaio 2015, nel suo Rapporto all’Assemblea Generale lo Special Rapporteur delle Nazioni Unite sulla libertà di religione e di culto, Heiner Bielefeldt, ha scritto che “mentre la vitalità e la pluralità religiosa sono oggi una realtà in Vietnam” esistono anche gravi problemi, a partire dalla mancanza di chiarezza delle disposizioni di legge che tendono a dare un ampio margine di manovra per regolamentare, limitare, restringere o vietare l’esercizio della libertà di religione o di culto, nell’interesse dell’”unità nazionale e dell’ordine pubblico”. Altre minacce derivano dal controllo stretto che il Governo esercita sulle comunità religiose attraverso una sorveglianza costante, intimidazioni, vessazioni e persecuzioni, in particolare, ma non solo, nelle zone rurali. Lo Special Rapporteur ha anche denunciato la dura persecuzione contro i seguaci delle chiese dei Montagnard, la minoranza etnica di religione cristiana composta da circa 30 tribù di popoli indigeni che abitano gli Altopiani Centrali del Vietnam. Centinaia di chiese appartenenti a questa minoranza sono state chiuse e i loro pastori arrestati e imprigionati. Migliaia di persone sono state costrette a fuggire o a nascondersi dopo le proteste di massa volte a rivendicare il diritto alla terra e alla libertà religiosa. Coloro che sono fuggiti nei Paesi vicini hanno dovuto affrontare molti ostacoli e temono ancora per la loro vita.
Le Nazioni Unite
Nel gennaio 2014, nell’ambito della Revisione Periodica Universale del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, il Vietnam ha respinto le raccomandazioni relative all’abolizione immediata della pena di morte e alla ratifica del Secondo Protocollo Opzionale al Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, ma ha accettato le raccomandazioni per ridurre la lista dei reati punibili con la morte, in particolare per reati economici e quelli legati alla droga, e di esaminare la possibilità di introdurre una moratoria e continuare le riforme verso un’eventuale abolizione della pena di morte, tra cui una maggiore trasparenza sulla sua pratica.
Il 19 dicembre 2016, il Vietnam si è nuovamente astenuto sulla Risoluzione per una moratoria delle esecuzioni capitali all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.