Relazione di Maria Antonietta Farina Coscioni al V° Congresso di NtC

24 Dicembre 2013 :


                                                  “O.P.G.: la storia infinita”
 
Grazie a Sergio D'elia ed Elisabetta Zamparutti per aver scelto di includere nel dibattito del Congresso di Nessuno Tocchi Caino, un tema molto importante quello degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG), cioè di quelle strutture che non hanno le sembianze di corsie di ospedali ma che sono delle vere e proprio prigioni che sono dipendenti dal Ministero della Giustizia per la parte relativa alla Sicurezza e dalle ASL per quel che riguarda l'aspetto sanitario, l'aspetto clinico, di persone che soffrono di disturbi psichici più o meno gravi e che hanno commesso dei reati. 
 
Davvero la questione degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari è una storia infinita. 
 
Me ne sono occupata da componente della commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati, già allora si parlava e si auspicava la loro chiusura; la legislatura è finita, ne è iniziata un’altra, gli OPG sono sempre lì; sono sempre lì,  perché è stata fatta una proroga del termine di chiusura del 31 marzo del 2013 con la legge, la numero 57 del 23/05/2013 recante disposizioni urgenti in materia sanitaria, secondo la quale dovrebbero essere definitivamente chiusi a primavera del 2014,  ma il clima che si respira tutto fa pensare e credere che  ci sarà una ulteriore proroga della proroga,  di almeno un paio d’anni. 
 
Ancora una volta una legge viene clamorosamente disattesa. Nel corso del mio mandato parlamentare ho visitato tutti i sei OPG disseminati nel paese, con ispezioni, visite e colloqui spesso strazianti, che mi hanno fatto toccare con mano una realtà fatta di dolore e di sofferenza. 
Persone spesso rinchiuse in quelle strutture per reati futili, e che non riescono ad uscirne più, condanne che si susseguono anno dopo anno, spesso semplicemente perché per queste persone, bisognose di cure e di assistenza, mancano i mezzi, il personale specializzato, le risorse. Così, anno dopo anno, le si lascia vegetare negli OPG: che dovrebbero essere luoghi di cura, e sono, invece, come ho già detto, luoghi di tortura e di sofferenza; e questo nonostante abbia incontrato nelle mie visite medici, volontari, personale, agenti di polizia penitenziaria che lodevolmente fanno di tutto e di più, per attenuare una situazione che è semplicemente vergognosa e indecente. Gli agenti di polizia penitenziaria, per esempio: è davvero stupefacente che siano mandati allo sbaraglio, senza alcuna preparazione, imparino “sul campo” a gestire dei malati, dei pazienti che a volte possono essere pericolosi per gli altri e loro stessi. 
 
Ora mentre la situazione generale del carcere in Italia è disastrosa anche perché ci si ostina a stipare più di 60mila persone in strutture che ne potrebbero contenere poco più della metà, per quel che riguarda gli OPG si parla di poche migliaia di persone. Alcune di loro certamente hanno commesso reati gravi, delitti raccapriccianti, mentalmente sono disturbati e hanno bisogno di particolari cure e assistenza che comunque non viene loro assicurata; altri invece potrebbero essere dimessi subito: certo il loro dire e il loro fare può apparire un po’ strano, ma insomma non fanno nulla che giustifichi quello stato di detenzione. 
Nel mio libro ho cercato di ricostruire il percorso normativo del processo di chiusura degli OPG, almeno fino al momento della pubblicazione ne luglio del 2011.
 
E' doveroso sinteticamente ripercorrerlo e arrivare all'attualità di questi giorni. 
 
E' stato avviato il Primo aprile 2008  con Le Linee di indirizzo per gli interventi negli opg e nelle case di cura e custodia, il famoso allegato C del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, con il quale la responsabilità della gestione sanitaria degli opg è passata in toto alle Regioni in cui questi sono ubicati e avviato il processo di dimissioni dei detenuti-pazienti che hanno finito la misura di sicurezza
e la presa incarico degli stessi.
 
È proseguito nel 2009 con l'Accordo del 26 novembre stipulato in Conferenza Unificata Stato-Regioni, con il quale doveva essere implementato il processo di dimissioni, è stata ridefinita l'aggregazione  delle Regioni afferenti a ciascun del 6 Opg (Castiglion delle Stiviere, Reggio Emilia, Montelupo Fiorentino, Napoli Secondigliano e Aversa, Barcellona Pozzo di Gotto.
 
Arriviamo al 2011 con un ulteriore accordo del 13 ottobre con sempre l'obiettivo di incrementare le dimissioni di quanti cessano di essere persone socialmente pericolose e la chiusura degli opg.
 
Di tutti i lodevoli propositi indicati in queste tappe normative, poco è stato nei fatti realizzato: gli internati restano dentro semplicemente perché non si sa dove mandarli, le Regioni che dovevano approntare una rete di assistenza, in buona parte non l’hanno fatto; così da una parte si cancellano gli OPG con un tratto di penna; dall’altra non si assicurano le risorse per poter garantire a quei malati le cure di cui hanno bisogno. 
 
Faccio un passo indietro. Anzi due.  
 
Vi ricorderete quando, in fretta e furia nel 1978 venne varata la cosiddetta legge Basaglia, e che più propriamente andrebbe chiamata legge Orsini perché fu lui a elaborarla, unicamente per impedire che si tenesse il referendum abrogativo della legge manicomiale di allora. Così, come la gatta frettolosa fa i gattini ciechi, la maggioranza di allora, per scongiurare il referendum varò una legge che aboliva i manicomi e abbandonava i malati di mente a loro stessi, e alle loro famiglie che erano assolutamente impreparati a gestire quella spesso drammatica situazione. 
 
Una legge che si continua a chiamare Basaglia e che, come documento nel mio libro, Basaglia immediatamente rigettò, dicendo chiaramente che quella non era la sua legge, e che la esperienza che con altri aveva portato avanti a Trieste, Gorizia, Arezzo, era ben altro.
 
L'altro passo indietro, ma più recente è al Rapporto di Alvaro Gil-Robles, Commissario per i Diritti Umani, sulla sua visita in Italia del 10-17 giugno 2005 presentato all'attenzione del Comitato dei Ministri e dell'Assemblea parlamentare evidenziando due aspetti; quello che è:
   "(…) inconcepibile e inaccettabile, a mio avviso, che delle persone siano costrette a restare in una struttura   carceraria perché mancano posti all’esterno"(…)  e che:
    "In maniera più generale, anche se l’internato cessa di essere una « persona socialmente pericolosa», il magistrato  di sorveglianza è obbligato di prolungarne il ricovero fino a quando non potrà essere accolto in un servizio esterno. La nozione di pericolosità non è quindi assoluta, e dipende in gran parte dalle strutture di accoglienza disponibili". 
  
 
Arriviamo a quello che doveva essere l'ultimo intervento legislativo, riguardo le disposizioni per il definitivo superamento degli opg, il tanto dibattuto articolo 3.ter della legge 17 febbraio 2012, n.9 che prescriveva la chiusura di queste strutture il 31 marzo 3013. Noi come deputati radicali, riconoscendo di correre un rischio analogo a quello che fu per la legge per la chiusura dei manicomi, cioè di varare una legge che abolisce gli OPG, ma non ci si preoccupa della sorte che faranno i malati, ci siamo astenuti. 
   Oggi i detenuti, pazienti, internati vivono ripeto, in queste strutture che sono dunque ancora dipendenti dal Ministero della Giustizia per la parte relativa alla sicurezza, e dalle ASL per ciò che concerne l'aspetto sanitario. Fino a quando dovremmo  continuare ad assistere a situazioni lesive della dignità della persona?
La chiusura di queste strutture, considerata il naturale compimento della ‘legge Basaglia’, è stata ben accolta da tutta l’opinione pubblica, anche se, ripeto, un tratto di penna non basta la malattia e il disagio mentale non si curano per decreto. 
La legge stabilisce che le Regioni realizzino centri per la detenzione degli internati pericolosi. Gli internati che si trovano in una condizione di cessata pericolosità sociale possono, sin da ora, se il magistrato di sorveglianza lo ritiene, rientrare nelle loro famiglie o essere affidati ai servizi. Gli altri dovrebbero essere trasferiti in mini-strutture residenziali regionali, costruite ad hoc, moderne, dotate dell’attrezzatura e del personale necessari per garantire la tutela della salute e della dignità dei soggetti autori di reato e affetti da infermità mentale. Purtroppo però le cose non sono andate esattamente come si sperava. Verso la fine del 2012 alcune delle Regioni interessate non avevano ancora richiesto i fondi per la costruzione di queste nuove strutture di assistenza; il Governo Monti allora, ha promulgato il decreto legge del 25 marzo 2013 intitolato “Disposizioni in materia sanitaria” che ha prorogato ad aprile 2014 la chiusura ufficiale degli OPG. Il decreto, convertito in legge dal Parlamento lo scorso maggio, risulta essere il secondo rinvio da quanto è stata disposta la dismissione di queste strutture. Infatti, la chiusura degli OPG era stabilita, inizialmente, per gennaio 2012, poi per marzo 2013 e ora si auspica che avvenga ad aprile 2014. 
E’ evidente che da questa vicenda, che ha visto esprimersi le più alte cariche dello Stato a cominciare dal Presidente della Repubblica, non si può tornare indietro. Però non ci si può nascondere il fatto che un Paese come il nostro non sia in grado di assisterli adeguatamente è da una parte incredibile, dall'altra vergognoso.
   
 È proprio di quattro giorni fa, il 16 dicembre, la relazione al parlamento dei ministeri della giustizia e della salute trasmessa ai presidenti di camera e senato sul programma di superamento degli opg alla data del 30 novembre.... E dulcis in fundo cosa emerge dopo i programmi presentati e dagli incontri con le regioni? Emerge che: "il termine previsto dalla normativa vigente, 1 aprile 2014, non è risultato congruo, soprattutto per i tempi di realizzazione delle strutture, fase che si deve confrontare con una serie di procedure amministrative complessive. Si prospetta la necessità che il governo proponga al parlamento una proroga del termine che rispecchi la tempistica oggettivamente necessaria x completare definitamente il superamento degli opg". 
Si evidenzia, come sempre e aggiungo io, che "la proroga del termine è da considerare come ultimo".... 
 
Più in generale, il tema non è la semplice la chiusura, ma il superamento dei meccanismi di internamento manicomiale che comportano, sempre, violenza e abbandono. Occorre fare sì che siano potenziati i servizi di salute mentale territoriale e costruire modelli che puntino all'inclusione e non alla esclusione di chi ha un disagio mentale. La tutela della sicurezza pubblica non è, e non deve essere in contrasto con il diritto alla cura, costituzionalmente garantito, del sofferente psichico.
 
 Per concludere: la dignità umana, quale che sia la colpa che si è commessa, deve essere un’urgenza delle istituzioni. Dobbiamo assicurare una politica più attenta e coraggiosa, capace di guardare non solo al consenso e alla popolarità, ma alle esigenze dei più deboli e sfortunati. Grazie.