13 Dicembre 2025 :
Dopo “Spes contra spem” e “La fine della Pena” dei precedenti, “Non giudicare!” è il titolo del XI Congresso di Nessuno tocchi Caino, il 18, 19 e 20 dicembre a Milano nel Teatro del Carcere Beccaria. Superare radicalmente il sistema di giudizio: è il passaggio decisivo per cancellare il peccato originario dei sistemi penali e penitenziari.
Padre Guido Bertagna* su l’Unità del 13 dicembre 2025
Tutto accade all’alba. Nel tempio di Gerusalemme il clima è raccolto. Gli echi della preghiera del mattino arrivano attutiti in quei grandi spazi. Gesù, seduto in un angolo, parla con la gente, ascolta le loro domande, dialoga, insegna. Questo clima viene bruscamente interrotto da alcune autorità religiose che trascinano una donna “colta in flagrante delitto mentre commetteva adulterio” (Gv 8,3). La mettono là, nel mezzo. Il luogo dell’imputato, dell’accusato. Infatti, dicono, rivolgendosi direttamente a Gesù: “Mosè, nella Torah, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?”. L’evangelista Giovanni, a questo punto, nota con finezza (e un velo di ironia) che è Gesù il vero accusato. La donna – di cui mai si dice il nome, che mai pronuncia una sola parola o un grido, una supplica – è un pretesto: “Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo” (Gv 8,6).
Gesù si mette a scrivere, a tracciare segni per terra. Se scrive qualcosa (alcuni studiosi preferiscono un più generico “tracciare segni”, “disegnare”), sono le uniche parole scritte di sua mano in tutti i racconti evangelici. Gesù, per ora, parla solo con questo gesto: gesto che ricorda il dito di Dio quando incide le tavole della Testimonianza consegnate a Mosè (Es 32,15-16).
Si è fatto silenzio. Imbarazzante. Interminabile. Rotto dall’insistenza nell’interrogarlo. Insistevano ma questa insistenza rivela anche un terribile vuoto. Manca l’uomo, accanto alla donna. L’adulterio si fa in due e la Torah prevede per entrambi la stessa pena: “Quando un uomo verrà trovato a giacere con una donna maritata, tutti e due dovranno morire: l’uomo che è giaciuto con la donna e la donna. Così estirperai il male da Israele” (Dt 22,22). Nel mezzo, un vuoto. Gesù è il giudicato, il già-condannato, a cui viene quasi estorto un giudizio. Ma lui, in silenzio, continua a fare segni per terra. Studiosi e artisti hanno provato a suggerirci cosa c’era scritto. Prevale l’ipotesi della lista dei peccati: Gesù traccerebbe una lunga storia di infedeltà di Israele nella relazione con Dio e nel popolo. Infedeltà e continue trasgressioni da cui nessuno può chiamarsi fuori. “Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei”, dice a tutti, alzando il capo. Ma non è necessario immaginare che Gesù scriva a terra una lista di peccati e di infedeltà. Che componga, cioè, il suo atto d’accusa. Non ricorda nemmeno, poteva farlo, che per rendere valida un’accusa occorrono dei testimoni, almeno due, e non ci sono. Nemmeno loro. Eppure, la Torah è chiara, al riguardo: “Colui che dovrà morire sarà messo a morte sulla deposizione di due o di tre testimoni. Non potrà essere messo a morte sulla deposizione di un solo testimone. La mano dei testimoni sarà la prima contro di lui per farlo morire. Poi sarà la mano di tutto il popolo. Così estirperai il male in mezzo a te” (Dt 17,6-7). Sarebbe la mano di quei testimoni, quindi, che deve scagliare la pietra, la prima.
In questo racconto, a guardare bene, sembra che tutti abbiano paura: la donna, già condannata e umiliata, là nel mezzo. Le autorità religiose, che temono Gesù e cercano un modo sicuro per toglierlo di mezzo o neutralizzarlo coalizzandosi e richiamandosi alla Torah. La gente intorno è smarrita, impaurita, divisa tra le accuse in flagranza di reato e i silenzi (inspiegabili) di Gesù. Gesù stesso deve vincere la paura che viene dalla lucida consapevolezza di essere lui, per primo, l’accusato, il condannato. Infatti, nel suo racconto, Giovanni allude qui a un parallelo tra la situazione della donna e quella di Gesù. Come la donna, infatti, Gesù sarà arrestato poco prima dell’alba, abbandonato da tutti, esposto (solo, nel mezzo!) a vergogna, sarcasmi e violenza. Anche lui sarà trascinato davanti alle autorità religiose per essere giudicato e resterà in silenzio…
Ma quel silenzio smaschera il giudizio, scardina la sentenza di condanna. Rinvia ognuno a sé stesso: sta a voi decidere se siete senza colpa. Li coinvolge, li fa uscire dalla comfort zone del cerchio che si stringe (favorito dall’anonimato) attorno alla donna, sola, nel mezzo. Non ci sarà alcuna prima pietra. Infine, Gesù resta solo. Scopriamo ora che è anche lui nel mezzo, dove avrebbe dovuto essere l’uomo complice nell’adulterio. “Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?”. Ed ella rispose: “Nessuno, Signore”. E Gesù disse: “Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più” (Gv 8,10-11). Gesù rinuncia al giudizio. Non ha bisogno di giudicare e condannare per sentire di essere lui nel giusto né vuole la morte dell’altro per affermare sé stesso. Rifugge così ogni etichetta. Guarda tutti con gli occhi del Padre e proprio per questo riesce ad abitare dove nessuno di noi vuole essere: là, nel mezzo.
* Consiglio Direttivo di Nessuno tocchi Caino











