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04 Maggio 2021 :

Iran Human Rights, all’interno del suo “Rapporto Annuale sulla Pena di Morte in Iran nel 2020” (vedi NtC 30 marzo 2021) affronta il tema del “perdono”. Il rapporto fornisce, tra le altre cose, un approfondimento sul tema del movimento abolizionista in Iran, e all’interno di questo, a proposito dei reati “qisas”, la possibilità, per i parenti delle vittime, di “perdonare”.
Come è noto, il concetto di “Qisas” deriva direttamente dal Corano, e in Occidente viene tradotto come “restituzione dello stesso tipo” oppure, più colloquialmente, “punizione in natura” o “legge del taglione”.
È prevista per una serie di reati, compreso l’omicidio. Questo fa sì che ogni omicidio, indipendentemente dal suo “grado”, ossia se sia stato volontario o meno, premeditato oppure d’impeto, viene punito con un altro omicidio: l’impiccagione. Ma, sia prima che dopo il processo, i familiari della vittima possono intervenire per attenuare la punizione. Se i familiari della vittima scelgono di non intervenire, la legge compie il suo percorso e si arriva all’esecuzione. Ma, secondo questo rapporto, in almeno 3 casi su 4, i familiari della vittima esercitano il loro diritto ad esprimere un parere, e questo porta ad una attenuazione della punizione, che in alcuni casi può arrivare fino alla scarcerazione.
In alternativa a “qisas”, infatti, i familiari della vittima possono chiedere un risarcimento, detto “diya”, che letteralmente sarebbe “prezzo del sangue”. Come terza alternativa la famiglia della vittima può concedere il “perdono”.
IHR stila un rapporto sul “perdono” dal 2015. Complessivamente, i rapporti di questi 6 anni mostrano che le famiglie di vittime di omicidio che hanno scelto il perdono o il risarcimento in denaro sono più numerose di quelle che hanno scelto la pena di morte.
Per semplicità, useremo il termine “perdono” indipendentemente dal fatto che ci sia stata una domanda di denaro o meno.
Così come per le esecuzioni, anche per i “perdoni” non tutti i casi vengono annunciati dai media iraniani. Sulla base delle relazioni dei media iraniani e, in misura minore, attraverso la propria rete all'interno dell'Iran, IHR ha identificato 662 casi di perdono nel 2020, più del triplo rispetto alle 211 esecuzioni “qisas” nello stesso periodo. Nel 2019 i casi di perdono erano stati 374, 272 nel 2018, 221 nel 2017, 232 casi nel 2016 e 262 nel 2015.
Come IHR ripete sempre nei suoi rapporti annuali, il numero delle esecuzioni potrebbe essere sottostimato. Solo 1/3 delle esecuzioni che IHR censisce sono riportate da fonti ufficiali iraniane. IHR stima che nei casi di “perdono” la sottostima possa essere ancora maggiore.
La crescente tendenza al perdono in Iran è correlata a un sondaggio condotto nel settembre 2020 che mostra che la maggioranza delle persone preferisce, per il reato di omicidio, pene diverse dalla pena di morte. Solo il 21,5% degli iraniani ha affermato che preferirebbe qisas se un parente stretto venisse assassinato, mentre oltre il 50% ha indicato di preferire la reclusione.
Nel 2020, IHR ha registrato esecuzioni qisas in 24 delle 31 province iraniane, e casi di perdono in 29 province. Solo in una provincia, il Lorestan, le esecuzioni (8) sono state di più dei casi di perdono (7). Nella provincia di Qom ci sono state 2 esecuzioni e 2 casi di perdono, in tutte le altre province i casi di perdono sono stati di più delle esecuzioni. In alcune province il divario è stato nettissimo: nel Kerman 22 perdoni e 0 esecuzioni, nel Bushehr 18 perdoni e 0 esecuzioni, nel Khuzestan 26 perdoni e 1 esecuzione, nel Mazandaran 41 perdoni e 2 esecuzioni, nel Semnan 8 perdoni e 0esecuzioni.
Nel 2020 le carceri nelle aree metropolitane di Teheran e Karaj sono quelle che hanno registrato sia il maggior numero in assoluto di esecuzioni qisas (57) che di perdoni (92).

https://iranhr.net/en/articles/4716/ 

 

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