IRAN. INIZIATIVA BIPARTISAN ALLA CAMERA DEI DEPUTATI CONTRO LA REPRESSIONE IN CORSO IN IRAN

04 Dicembre 2019 :

Mentre la rivolta in Iran si è estesa a 187 città, sono saliti a oltre 1.000 i morti della repressione dal 15 novembre a oggi, 4.000 i feriti e oltre 12.000 gli arrestati. Sono i dati della Resistenza iraniana resi noti nella conferenza stampa alla Camera dei Deputati promossa da Nessuno tocchi Caino, con il Partito Radicale e il Global Committee for the Rule of Law-Marco Pannella, a cui hanno partecipato parlamentari di vari schieramenti politici, da Fratelli d’Italia con Federico Mollicone, Lega con Manuel Vescovi, Forza Italia con Lucio Malan e Renata Polverini e Partito Democratico con Stefania Pezzopane.
I dati sono stati raccolti – secondo Elisabetta Zamparutti di Nessuno tocchi Caino – grazie a una parziale riapertura di internet che ha permesso anche di documentare i nomi di 255, tra donne e uomini, che hanno perso la vita dall'inizio delle manifestazioni a oggi.
In questi momenti tragici della storia, dare un nome a chi è morto, documentare caso per caso, resta una delle forme di rispetto della dignità umana di fronte allo scempio che ne fa chi uccide sparando al torace o alla testa di chi si trova per strada, che stia manifestando o che passi lì per caso.
È così che sono morti, secondo Iran Human Rights Monitor, anche almeno 10 giovanissimi: un bambino di 13 anni Amir Reza Abdollahi ucciso a Teheran come la 14enne Nikta Esfandani, colpita da un proiettile alla testa; il 16enne Reza Neisi; i 17enni Mohammad Berihi, Amir Hossein Dadvand, Sasan Abdi Vand e Mohammad Taheri; i 18enni Pezhman Qolipour Malati, Pedram Jafari e Reza Moazami Gudarzi. Un massacro che il regime iraniano sta disperatamente cercando di nascondere o falsare, con le limitazioni all’uso di internet e rifiutando di restituire le salme alle famiglie o impedendo i funerali.
Mentre l’ondata di arresti continua, le carceri di Teheran, tra cui la famigerata Evin e Fashafouyeh, sono sovraffollate. In altre città gli arrestati sono detenuti presso scuole o palazzi governativi. Esponenti della magistratura in varie provincie come quelle di Teheran, del Khuzestan e di Fars dicono di voler istituire corti speciali. Mentre le massime cariche religiose invocano la pena di morte nei confronti dei rivoltosi a ogni preghiera del venerdì.
Federico Mollicone ha sottolineato l’importanza di lottare per l’affermazione della libertà di religione a fronte anche della persecuzione di cristiani in Iran, mentre Lucio Malan ha evidenziato la disparità di trattamento politico e mediatico nei confronti di uno Stato, primatista nella violazione dei diritti umani e che minaccia la cancellazione dello Stato di Israele. Stefania Pezzopane ha proposto una maratona parlamentare con presa di parola a fine di ogni seduta per portare il Governo a esprimersi, appello accolto da Renata Polverini per la quale di fronte alla tragedia immane della repressione in atto, in particolare nei confronti delle donne, c’è da vergognarsi dell’atteggiamento e del silenzio del nostro Paese. Se il mancato arrivo in Italia del Ministro degli Esteri Javad Zarif, invitato dal Governo alla conferenza “Roma MED – Dialoghi Mediterranei”, è stato un successo delle mobilitazioni che con la Resistenza iraniana si annunciavano al suo arrivo, per Giulio Maria Terzi resta una macchia la partecipazione di Seyed Mohammad Kazem Sajjadpour, Presidente del think tank iraniano IPIS – acronimo di Institute for Political and International Studies - noto a livello mondiale per negare la veridicità dell’Olocausto. Un fatto questo che porta il Senatore Manuel Vescovi a preannunciare iniziative a riguardo.
L’appello uscito dalla conferenza stampa è che, come hanno già fatto molti Paesi occidentali, tra cui Francia, Germania, Norvegia, Olanda, Stati Uniti e Svezia, anche l’Italia prenda posizione, condanni la repressione, chieda una moratoria delle esecuzioni capitali insieme a una indagine internazionale. Evidente a tutti è che è sempre più necessario e urgente un cambio di rotta rispetto all’Iran dei Mullah che non può continuare a essere considerato come una soluzione delle crisi regionali, di cui è esso stesso causa, quando invece serve sostenere movimenti di opposizione iraniani che abbiano programmi ispirati ai principi dello Stato di Diritto.

 

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