IRAN - Secondo il rapporto “2019 Annual Report” pubblicato da Iran Human Rights Monitor, la tortura e la punizione corporale sono pratiche comuni nelle carceri iraniane.

16 Febbraio 2020 :

Secondo il rapporto “2019 Annual Report” pubblicato da Iran Human Rights Monitor, la tortura e la punizione corporale sono pratiche comuni nelle carceri iraniane. Il capitolo intitolato “Cruel, inhuman or degrading punishment” (Punizioni crudeli, inumane e degradanti, è la formula usata dal diritto internazionale) ricorda che la flagellazione, ad esempio, è stata istituzionalizzata dal regime nel suo codice penale islamico, a ad oggi è prevista per oltre 100 “reati”.
80 attivisti per i diritti umani e avvocati per i diritti umani, 90 manifestanti pacifici, 100 persone accusate di rapina, relazioni al di fuori del matrimonio, abusi sui minori, rapimenti e non osservanza dello hijab islamico (il velo) nel corso del 2019 sono stati condannati alla fustigazione.
Una donna di 80 anni è stata frustata in tribunale a Khoy, e poi è stata immediatamente portata in prigione nonostante le sue pessime condizioni il 28 novembre 2019.
Peyman Mirzazadeh, cantante curdo detenuto nella prigione di Urmia, ha ricevuto 100 colpi di frusta il 28 luglio.
Il 4 luglio un uomo è stato frustato in pubblico nella città di Ahvaz.
A febbraio, un giudice della provincia del Nord Khorasan ha dichiarato che cinque persone sono state condannate alla fustigazione per negligenza e che le condanne alla fustigazione erano state eseguite. Gli uomini erano amministratori della North Khorasan Medical Sciences University.
Il 6 gennaio un uomo, identificato come Esmail Arbabi, è stato frustato in pubblico nella città Iranshahr. Pare fosse la seconda volta che veniva frustato, a seguito di un’accusa per rapina. Al termine della punizione l’uomo è stato portato in ospedale in stato di incoscienza.
I tribunali iraniani hanno una lunga tradizione di dure punizioni comminate a giornalisti, attivisti per i diritti dei lavoratori, avvocati e sostenitori dei diritti umani accampando motivi di “sicurezza nazionale”. Nel corso del 2019 sono stati almeno 80 gli attivisti o gli avvocati per i diritti umani che sono stati condannati alla fustigazione. Sono almeno 90 i cittadini che sono stati condannati alla fustigazione per aver partecipato a raduni pacifici o per aver protestato contro le politiche del regime. E sono circa 100 le persone condannate alla fustigazione per accuse che includono rapina, relazioni al di fuori del matrimonio, abusi sui minori, rapimento e non osservanza dello hijab islamico. A luglio, un numero imprecisato di uomini e donne è stato condannato ognuno a 74 frustate per violazione della legge del velo obbligatorio.
Amputazione
Quest’anno solo 1 caso di amputazione è affiorato sui media. Ad ottobre, nella provincia di Mazandaran, ad un uomo, non identificato, sono state amputate 4 dita. La notizia è riportata in inglese da Iran Human RightsHR, che aggiunge che il fatto sarebbe avvenuto nella prigione della città di Sari. IHR cita come fonte originaria della notizia Mizan Online, il sito filogovernativo considerato organo “ufficiale” del sistema giudiziario iraniano. Mizan ha pubblicato la notizia il 23 ottobre, ma non è detto che questa sia anche la data in cui è avvenuta l’amputazione. Secondo Mizan, l’uomo è stato condannato ai sensi dell’articolo 201 del codice penale, ossia “furto”. Il furto rientra tra i 6 reati definiti “Hodud” (o Hudud), reati considerati “insindacabili” perché citati espressamente nel Corano e le cui pene sono severissime ed indiscutibili. I 6 reati Hudud sono: l’apostasia (Riddah), la fornicazione e l’adulterio (Zina), la falsa accusa di fornicazione e di adulterio (Qadf), il furto (Sariqa), il saccheggio a mano armata (Hiraba) e il bere alcolici (Shurb al Khamr). Questi sei reati sono considerati particolarmente gravi perché ritenuti molto pericolosi per il benessere e la pacifica coesistenza della Ummah Islamica nel suo complesso. L’art. 201 prevede che per una prima condanna per furto la punizione sia l’amputazione di 4 dita della mano destra (in alcuni casi dell’intera mano), per una seconda condanna l’amputazione del piede sinistro, per una terza condanna l’ergastolo, e per una quarta condanna l’impiccagione.
Il già citato rapporto di Iran Human Rights Monitor individua 23 uomini che, nella prigione di Fashafoyeh, a Teheran, sono in attesa che venga loro applicata la pena dell’amputazione della mano. Statisticamente, la maggior parte di queste persone hanno commesso reati minori, per lo più furti, per cifre tra i 250 e i 500 euro.
Ad agosto a Teheran., sette persone accusate di rapina sono state condannate all'amputazione della mano, all'amputazione delle dita e alla flagellazione.
Secondo il quotidiano statale Khorasan, l'ottava sezione del tribunale penale di Teheran ha condannato il capo di una banda di rapinatori, identificato come Ali, all’amputazione della mano, mentre il suo complice, identificato come Shahin, è stato condannato all'amputazione di quattro dita della mano destra.
Nonostante il numero significativo di queste sentenze, il procuratore generale iraniano, Mohammad Jafar Montazeri, ha espresso rammarico per il fatto che vengano eseguite troppo poche "punizioni divine". In una intervista alla Fars News Agency, Montazeri ha affermato che è giusto tagliare le mani ai ladri, ma “sfortunatamente, per non essere condannati su questioni relative ai diritti umani nelle Nazioni Unite, abbiamo abbandonato alcune delle leggi divine.”

 

altre news