esecuzioni nel mondo:

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Dal 2000 a oggi

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legenda:

  • Abolizionista
  • Mantenitore
  • Abolizionista di fatto
  • Moratoria delle esecuzioni
  • Abolizionista per crimini ordinari
  • Impegnato ad abolire la pena di morte

SUDAN

 
governo: Repubblica presidenziale
stato dei diritti civili e politici: Non libero
costituzione: 30 giugno 1998, in parte sospesa nel 1999 dal Presidente Bashir. La Costituzione Nazionale ad Interim è stata ratificata il 5 luglio 2005. La Costituzione del Sudan Meridionale è stata firmata a dicembre 2005
sistema giuridico: si basa sulla common law inglese e sulla legge islamica
sistema legislativo: bicamerale, Legislatura Nazionale composta dal Consiglio degli Stati e dall'Assemblea Nazionale
sistema giudiziario: Corte Costituzionale di nove giudici; Corte Suprema Nazionale; Corti Nazionali d'Appello;
religione: 70% musulmani sunniti, 5% cristiani, 25% credenze indigene
metodi di esecuzione: lapidazione crocifissione plotone d'esecuzione impiccagione
braccio della morte: 215 (alla fine del 2014, secondo Amnesty International)
Data ultima esecuzioni: 0-0-0
condanne a morte: 11
Esecuzioni: 0
trattati internazionali sui diritti umani e la pena di morte:

Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici

Convenzione sui Diritti del Fanciullo

Convenzione contro la Tortura ed i Trattamenti e le Punizioni Crudeli, Inumane o Degradanti (solo firmato)

Statuto della Corte Penale Internazionale (esclude il ricorso alla pena di morte) (solo firmato)


situazione:
Il codice penale del 1991 si basa sulla Sharia che contempla la pena di morte e le pene corporali. Sono reati capitali: omicidio, terrorismo, rapina a mano armata, violenza sessuale, traffico di droga, detenzione e traffico di armi, tradimento, atti di guerra contro lo Stato o che possano mettere in pericolo la sua indipendenza e unità territoriale, apostasia, prostituzione.
I crimini retributivi (omicidio e reati contro la persona e la sua integrità fisica) sono quelli che permettono ai parenti della vittima di scegliere tra la retribuzione e il “prezzo del sangue”. Quelli hudud (i crimini contro Dio) sono adulterio (Zina), uso di bevande alcoliche, apostasia, diffamazione di non castità, rapina a mano armata e furto.
Nel gennaio 2014, il Parlamento del Sudan ha approvato una legge sul traffico di esseri umani che consente la condanna a morte.
La Costituzione provvisoria del Sudan del 2005, all’articolo 36, stabilisce che la pena di morte può essere inflitta anche ai minori di 18 anni nei casi di retribuzione o di crimini hudud.
Una guerra civile tra il nord del paese a maggioranza musulmana e il sud animista e cristiano, ha devastato il paese per oltre vent’anni. Si stima che il conflitto interetnico abbia causato tra il milione e mezzo e i due milioni di vittime. Dopo due anni di colloqui, il governo e i gruppi ribelli hanno firmato un accordo di pace nel gennaio 2005 che ha concesso l’autonomia regionale al Sudan meridionale insieme con una rappresentanza garantita in un governo nazionale di condivisione del potere.
L’accordo prevedeva anche un referendum per l’indipendenza che si è svolto nel gennaio 2011, nel quale il 99% dei cittadini del Sud ha votato per la secessione dal Sudan. La Repubblica del Sudan del Sud ha ottenuto l’indipendenza dal Sudan il 9 luglio 2011.
Ma nel frattempo, è esplosa un’altra guerra nella regione occidentale del Darfur limitrofa al Ciad che dall’inizio del 2003 ha provocato decine di migliaia di vittime e un milione e mezzo di profughi. Il Governo sudanese è ritenuto responsabile di aver inviato le proprie truppe ad affiancare le milizie arabe nel Darfur contro la popolazione di etnia fur.
Nel 2005 il Consiglio di Sicurezza ha riconosciuto la competenza della Corte Penale Internazionale dell’Aja (CPI) a giudicare i crimini contro l’umanità commessi in Darfur e, il 4 marzo 2009, la CPI ha spiccato un mandato di arresto contro il presidente sudanese Omar Al Bashir per crimini di guerra e contro l’umanità per i massacri nel Darfur. Non è stata accolta l’accusa di genocidio. La portavoce della CPI, Laurence Blairon, ha precisato che il mandato di arresto riguarda cinque capi di accusa per crimini contro l’umanità e due per crimini di guerra, tra cui omicidio, sterminio, deportazione, tortura e stupro.

Pena di morte per blasfemia e apostasia
Ogni legge del Paese è basata sulla “Sharia islamica come fonte principale della legge”.
Secondo la legge, a una donna musulmana non è permesso sposare un uomo non musulmano e un tale matrimonio è considerato adulterio. La pena per l’adulterio ai sensi dell’articolo 146 del Codice Penale è di 100 frustate se l’autore del reato non è sposato, la lapidazione se è sposato e il maschio non sposato può essere soggetto oltre che alla fustigazione anche all’esilio per un anno.
L’articolo 126 del Codice Penale prevede la pena di morte per chiunque sia trovato colpevole di apostasia, un crimine che è commesso da un musulmano se sostiene la rinuncia al credo dell’Islam o rinuncia pubblicamente alla propria fede. Lo stesso articolo prevede che la pena di morte debba essere revocata se uno si “pente” e “abiura l’atto di apostasia” prima dell’esecuzione.
Nel febbraio 2015, l’Assemblea nazionale ha inasprito le sanzioni per blasfemia ai sensi dell’articolo 125 del codice penale. In base alla modifica di legge, la blasfemia è estesa a coloro che criticano pubblicamente il Profeta Maometto, la sua famiglia, i suoi amici e, in particolare la moglie Aisha.
L’ultima esecuzione nota di una pena di morte per apostasia in Sudan è stata effettuata nel 1985 contro Mahmoud Mohamed Taha, l’allora leader del Partito Repubblicano del Sudan, che è stato condannato per apostasia a causa delle sue convinzioni politiche e religiose, tra cui la sua opposizione all’applicazione della Sharia in Sudan.

La Guerra al terrorismo
Nel giugno 2008, nel quadro della Legge Anti-Terrorismo del 2001, il Sudan ha istituito Corti Speciali per processare i “ribelli” del Darfur per il loro presunto coinvolgimento negli attacchi attribuiti al Movimento per la Giustizia e l’Eguaglianza (JEM) avvenuti il 10 maggio 2008 a Omdurman, città gemella della capitale Khartoum, in cui sono rimaste uccise 222 persone. Più di 100 ribelli del JEM sono stati condannati a morte per gli attacchi. Tuttavia, il Presidente Omar al-Bashir ha in seguito condonato molte sentenze capitali.
Nel novembre 2011, il JEM si è unito al Sudan Revolutionary Front (SRF), un’alleanza tra le fazioni sudanesi che si oppongono al governo guidato dal Presidente Omar al-Bashir. Oltre allo JEM, l’alleanza riunisce i due altri principali gruppi ribelli del Darfur, il Sudan Liberation Movement/Army, con i ribelli del Sudan People’s Liberation Movement-North (SPLM-N) che combattono nel Sud Kordofan.
Nel 2013, il JEM, guidato da Abdul Karim Bakhit (Dabjo), ha firmato un accordo di pace con il Governo di Khartoum. Poco dopo l’accordo, il gruppo ha consegnato le sue armi al Governo e in cambio il Presidente Omar al-Bashir ha graziato membri del gruppo. Tuttavia, la grazia presidenziale non ha incluso i cittadini del Sudan del Sud, perché considerati combattenti stranieri.
Il 16 marzo 2015, il Presidente Omar al-Bashir ha decretato la grazia per cinque detenuti del JEM appartenenti alla fazione guidata da Abdul-Karim Bakheit Dabago che ha firmato un accordo di pace col Governo e col Partito del Congresso Nazionale (NCP) al potere, che ha garantito al gruppo una quota nel Governo. Tra i graziati figurano Hamid Hussein Hamid, Ahmed Mohamed Osman Hassan Abu, al-Sadiq Adam Abdullah e Mohammed Jibril Abdel-Mawla. Erano stati condannati a morte per aver partecipato all’attacco contro la città di Omdurman nel 2008, prima della scissione nel Movimento.
Il 22 settembre 2015, il presidente Omar Al Bashir ha annunciato un’amnistia generale per tutti i membri dei movimenti armati del Darfur a condizione che i leader di questi movimenti partecipassero al dialogo nazionale lanciato a Khartoum nel mese di ottobre.
Le Nazioni Unite hanno espresso la loro preoccupazione per i processi in cui sono stati condannati presunti ribelli del Darfur e hanno esortato il Sudan ad abolire la pena di morte: “sembra” che gli accusati possano beneficiare dell’aiuto legale degli avvocati solo dopo l’inizio del processo e che le confessioni vengano estorte mentre gli accusati sono detenuti in isolamento e senza assistenza legale.
Il 31 Ottobre 2016, il Presidente Omar Al Bashir ha deciso di liberare diversi membri del Movimento di Liberazione del Popolo del Sudan-Nord (SPLM-N) che erano stati riconosciuti colpevoli di aver preso parte agli scontri con le forze governative a Ed Damazin nel 2011.
Un membro del consiglio di difesa, El Tijani Hassan, ha detto a Radio Dabanga che la decisione riguarda 64 condannati, 17 dei quali condannati a morte in contumacia, tra cui il capo del SPLM-N, Malik Aggar, e il Segretario generale Yasser Arman. Tra i 64 beneficiari della clemenza presidenziale figura anche Munnllah Hussein Huda, che è stato condannato a morte ed è imprigionato a Port Sudan.
El Tijani Hassan ha sottolineato che quelli che saranno liberati sono attualmente detenuti nella prigione di El Huda a Omdurman, così come nelle prigioni di Medani e Port Sudan.
Hassan ha attribuito la decisione di graziare i condannati ai notevoli sforzi compiuti dall'amministrazione del Nilo Blu e la buona volontà del governo nei confronti dei movimenti armati dopo gli esiti del dialogo nazionale.
Non è stato detto quando avverranno i rilasci.
Il 10 marzo 2017, il Presidente sudanese Omar al-Bashir ha graziato 259 ribelli catturati negli scontri con le forze governative, tra cui 66 che erano stati condannati a morte. L’ordine di Bashir è giunto tre giorni dopo che un gruppo ribelle ha liberato decine di prigionieri, per lo più soldati, che aveva catturato in combattimenti contro le forze governative. “La decisione di graziare 259 ribelli mira a preparare le condizionin per il raggiungimento di una pace duratura nel Paese,” ha detto in un comunicato l’ufficio di Bashir. 

Nel 2017, non si sono registrate esecuzioni in Sudan. Nel 2016, sono state impiccate 2 persone ed emesse almeno 47 condanne a morte. Nel 2015, sono state impiccate 4 persone ed emesse almeno 23 nuove condanne a morte, di cui 18 per atti di terrorismo. Nel 2014 le escuzioni sono state almeno 23. Nel 2013 il Sudan aveva impiccato almeno 21 persone. L’ultimo dato relativo al numero dei condannati a morte risale alla fine dell’anno 2014, quando c’erano almeno 215 detenuti nel braccio della morte.
Nel 2017, le condanne a morte sono state almeno 10, di cui almeno 2 per terrorismo.


Le Nazioni Unite 
Nel maggio 2011, il Consiglio diritti umani dell’ONU, nell'ambito della revisione periodica universale ha raccomandato al Sudan di aderire al Secondo Protocollo Opzionale al Patto sui diritti civili e politici (ICCPR); ad adottare misure verso l'abolizione della pena di morte; a stabilire una moratoria sulle esecuzioni; a commutare le condanne a morte in pene alternative; a rispettare le norme internazionali in materia di pena di morte, in particolare per garantire che sia applicata solo per i crimini più gravi e alle persone che hanno più di 18 anni di età al momento del crimine in modo da vietare le esecuzioni di minori ai sensi della legge del 2010, sulla tutela dei minori. Il Sudan ha accettato la raccomandazione concernente l’esclusione dalla pena di morte dei minori di 18 anni, ma ha respinto le altre, affermando che: "In conformità con l'impegno del Sudan sotto l'ICCPR, la pena di morte nelle leggi sudanesi è limitata ai crimini più gravi. In casi di omicidio è previsto che i parenti della vittima possano concedere il perdono ed in tal caso non sarà imposta la pena di morte." Il Sudan ha anche respinto le raccomandazioni che chiedono l'abolizione delle punizioni corporali dal codice penale.
Il 4 maggio 2016, il Sudan è stato sottoposto al Riesame Periodico Universale del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite. La delegazione del Paese ha preso nota ma non ha accettato le raccomandazioni volte a stabilire una moratoria ufficiale sulle esecuzioni, abolire la pena di morte e ratificare il Secondo Protocollo Opzionale al Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, che mira all'abolizione della pena di morte.
Il 16 dicembre 2020, il Sudan ha nuovamente votato contro la risoluzione per una moratoria delle esecuzioni capitali all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.


 

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