Prefazione al Rapporto 2009 di Nessuno tocchi Caino, di Gail Chasey

03 Gennaio 2011 :

Deputata al Parlamento del New Mexico
 
Il percorso verso l’abolizione nel New Mexico
 
Il nostro viaggio è iniziato nell’estate del 1997, l’anno dopo la mia prima elezione al Parlamento del New Mexico. Nella piccola città di Santa Rosa, quelli che sarebbero diventati i miei compagni di viaggio raccontavano le loro storie a una commissione legislativa composta da deputati e senatori sia repubblicani che democratici. Raccontavano di un padre amato, di un magnifico figlio, di un nipote affettuoso… tutte persone che erano state uccise, e la cui perdita provocava rimpianto. Ma ci chiesero di non rispondere alla violenza che loro avevano subito con altra violenza. Ci chiesero di fermare le uccisioni organizzate dallo Stato, di abolire la pena di morte in New Mexico.
Dopo l’incontro istituzionale mi fermai a parlare con queste persone che avevano appena costituito la “Coalizione per Abolire la Pena di Morte in New Mexico”. Alcuni di loro rappresentavano i “Familiari delle Vittime per la Riconciliazione”, altri le comunità religiose, altri associazioni di operatori sociali, altri associazioni di avvocati penalisti. Promisi loro che li avrei aiutati, garantendo il mio impegno e la mia perseveranza. Scherzai dicendo che se anche la cosa fosse andata per le lunghe, io sarei stata sulla piazza abbastanza a lungo, visto che mia nonna era arrivata a 100 anni. Abbiamo tutti riso di questa battuta, ma credo che nessuno di noi allora si aspettasse che il percorso sarebbe stato davvero molto lungo e arduo.
Ho iniziato a manifestare la mia contrarietà alla pena di morte sin da quando, giovane adulta, presi atto che non aveva effetti deterrenti. Mi sembrava particolarmente sbagliato prendere una vita se tra l’altro questo non serviva a niente. Presto ho imparato che ci sono anche altre ragioni, ben più importanti, per abolire la pena di morte.
 
L’innocenza
 
Le cose fatte dagli esseri umani sono sempre a rischio di contenere errori. Persone innocenti sono state certamente riconosciute colpevoli, e condannate a morte. Conosciamo i loro nomi: negli Stati Uniti l’ultimo conteggio ne elencava 134. Juan Roberto Melendez, che adesso vive in New Mexico, ha trascorso 17 anni, 8 mesi e un giorno nel braccio della morte della Florida per un reato che non ha commesso. La sua condanna era stata confermata ben tre volte dalla Corte Suprema della Florida. Solo dopo la scoperta della confessione videoregistrata del vero assassino, confessione tenuta nascosta, Juan, 16 anni dopo la sua condanna, è riuscito a dimostrare la sua innocenza.
Il New Mexico ha reintrodotto la pena di morte nel 1979, dopo la famosa sentenza del 1976 della Corte Suprema degli Stati Uniti che ne riaffermava la costituzionalità. Con una popolazione di poco meno 2 milioni di persone, e solo 2 detenuti attualmente nel braccio della morte, il New Mexico ha 4 “esonerati”, persone cioè la cui innocenza è stata riconosciuta solo dopo essere stati condannati a morte. Erano nel nostro braccio della morte negli anni ’70, e in passato erano arrivati ad appena 9 ore dalla camera a gas. Si salvarono per caso, perché il vero assassino colpì di nuovo, fu preso e alla fine confessò, salvando loro la vita.
 
La deterrenza
 
In New Mexico la pubblica accusa ha ottenuto una condanna a morte solo nel 7% dei casi per i quali l’aveva chiesta. Di questo 7%, il 68% è stato annullato in appello, la percentuale più alta di annullamenti negli Stati Uniti. Abbiamo effettuato una sola esecuzione dal 1960. Questa singola esecuzione ha forse prevenuto altri orribili omicidi? Direi proprio di no, visto che nel 2001 in New Mexico ne sono stati commessi 99, e la nostra unica esecuzione è avvenuta proprio nel novembre di quell’anno. L’anno successivo gli omicidi erano saliti a 152, un aumento del 54%.
La società non ha bisogno della pena di morte perché non c’è nessuna prova che serva da deterrente, e perché ci sono modi migliori per proteggere la società e punire i criminali.
 
I costi
 
L’ufficio statale che coordina i difensori d’ufficio valuta che la pena di morte costi al New Mexico diversi milioni di dollari ogni anno. Si tratta dei costi dei difensori d’ufficio, dei rappresentanti della pubblica accusa, delle corti di primo grado e delle corti d’appello. Uno dei giudici della Corte Suprema del New Mexico ha calcolato che i costi di un processo in cui la pubblica accusa cerca di ottenere una condanna a morte sono 6 volte più alti rispetto a un processo per omicidio “normale”. Di fatto costa di più la sola fase processuale di un processo capitale che non tutto il processo e il mantenimento in carcere per tutta la vita nei casi di ergastolo. Abbiamo argomentato che i soldi che vengono spesi per la pena di morte avrebbero un migliore impiego se venissero usati per aiutare i familiari delle vittime e per prevenire i reati. I favorevoli alla pena di morte si dicono scandalizzati dal fatto che così facendo noi daremmo un “prezzo alla giustizia”. Ho sempre risposto che come legislatori noi siamo chiamati a dare un prezzo a ogni cosa, l’educazione, la sanità, i servizi per i poveri, le autostrade e le prigioni. Ogni volta che approviamo un bilancio e in questo bilancio non diamo abbastanza fondi ai difensori, alla pubblica accusa o alle corti, noi diamo un prezzo alla giustizia.
 
L’imparzialità
 
Nei bracci della morte americani non ci sono persone ricche. A venir condannate a morte sono prevalentemente persone di colore, e nell’85% dei casi le loro vittime sono bianche. Il Senatore Raymond Lesniak, che è stato l’artefice dell’abolizione della pena di morte in New Jersey nel 2007, lo ha detto meglio durante una premiazione nel febbraio 2009: “La pena di morte è un atto casuale di brutalità. La sua applicazione attraverso gli Stati Uniti è casuale, dipende da dove l’omicidio viene commesso, dalla razza e dallo status economico dell’assassino, dalla razza e dallo status economico della vittima e, ovviamente, anche dalla qualità della difesa legale.”
 
Come ce l’abbiamo fatta?
 
Il merito va dato tutto alla “Coalizione per Abolire la Pena di Morte in New Mexico”. Hanno iniziato in pochi nel 1997 e oggi sono in migliaia, comprendendo 140 organizzazioni di culture ed esperienze, ideologie e prospettive molto diverse. Le comunità religiose (Cattolici, Luterani, Quaccheri, Presbiteriani, Ebrei, Unitari e molti altri) ne hanno fatto una questione di coscienza, invocando il potere della redenzione. Famiglie devastate dall’assassinio dei loro cari hanno descritto l’impatto crudele che ha avuto su di loro la pena di morte. Lungi dal portare sollievo o conforto, la lunga procedura dei processi capitali con tutta la serie di appelli e ricorsi che la Costituzione garantisce ai condannati riapre continuamente le ferite dei familiari delle vittime. Il loro cuore si rompe di nuovo e di nuovo ogni volta che l’attenzione si focalizza sugli imputati e i loro destini, e non sul rendere onore alla memoria dei loro cari.
La Coalizione ha iniziato il suo lavoro dalla base, reperendo i fondi per assumere un Direttore (3 donne meravigliose si sono succedute in 12 anni), per acquisire esperti importanti, come Sister Helen Prejean, in grado di dare ispirazione e di insegnare, e per creare le sue strutture. I militanti hanno imparato a contattare e parlare con i propri rappresentanti eletti. La Coalizione ha commissionato sondaggi che hanno confermato a noi legislatori che il 64% della gente era favorevole a sostituire la condanna a morte con l’ergastolo senza condizionale, e a utilizzare il denaro così risparmiato per aiutare le famiglie delle vittime. Forti di questi dati, incoraggiati dalla loro evidenza e continuamente aggiornati dal loro giro di e-mail e dal sito, i membri della Coalizione sono diventati sempre più bravi a far sentire la loro voce nelle udienze pubbliche delle commissioni parlamentari, e sono diventati sempre più rilevanti per i risultati elettorali.
Abbiamo presentato il nostro disegno di legge ogni anno a partire dal 1999, e fino al 2005 non siamo mai riusciti a portare il provvedimento davanti al plenum della Camera, fermandoci alle fasi preliminari delle Commissioni. Sono state sconfitte dolorose, ma è stato anche il periodo in cui abbiamo guadagnato l’appoggio di importanti leader sia alla Camera che al Senato, e questo ha gradualmente portato ad avere più attenzione per i nostri disegni di legge. I membri della Coalizione hanno lavorato sia sui parlamentari Democratici che su quelli Repubblicani, e per quanto sia stato più difficile ottenere l’appoggio dei Conservatori, alcuni Repubblicani si sono uniti allo schieramento progressista dei Democratici. Alcuni lo hanno fatto per motivi morali, altri perché sono convinti che il sistema sia difettoso, e che il rischio che un innocente possa essere giustiziato sia troppo alto. Una di loro ha raccontato di aver ricevuto un consiglio da un amico russo: “Non lasciare mai che il governo uccida qualcuno a nome tuo”.
Il Governatore Bill Richardson era un fautore della pena di morte, ma non ha mai chiuso la porta del dialogo con noi, un dialogo che è iniziato nel novembre 2002 con la sua elezione e che è proseguito fino al giorno in cui ha ratificato la legge. Siamo arrivati molto vicino alla vittoria sia nel 2005 che nel 2007, quando la Camera l’aveva approvata con largo margine e un appoggio bipartisan. I numeri erano molto più ristretti al Senato, ma in entrambe le occasioni fummo portati al voto senza un dibattito preventivo, e fallimmo per un solo voto in Commissione Giustizia. Fu un gran dispiacere, ma non potevamo fare altro che prepararci per la sessione successiva.
 
Cosa è cambiato nel 2009?
 
Il fattore di cambiamento è stata l’elezione presidenziale. Il successo di Barack Obama ha aiutato tutti i candidati progressisti a tutti i livelli, aumentando il nostro peso in Senato. Il Governatore aveva dichiarato pubblicamente che avrebbe preso in seria considerazione la nostra legge se fosse arrivata sulla sua scrivania. Sembrava che le nostre argomentazioni stessero iniziando a funzionare, soprattutto sui casi di innocenza e sui rischi di abusi da parte della pubblica accusa. Divenne sempre più evidente che eravamo al centro dell’attenzione, che sia negli Stati Uniti che in altre parti del mondo erano molto interessati a quello che stavamo facendo. Infatti, quando finalmente la legge passò alla Camera e poi al Senato, pressioni perché la ratificasse arrivarono al Governatore non solo dalla “National Coalition to Abolish the Death Penalty”, ma da persone nel nostro Stato e da ogni parte del Mondo.
E quando il Governatore l’ha firmata, il 18 marzo 2009, tutto il Mondo ha fatto festa con noi.
Il 15 aprile a Roma è stato illuminato il Colosseo in nostro onore, grazie alla Comunità di Sant’Egidio. Membri di Amnesty International continuano a ringraziarci e a complimentarsi con noi da ogni parte del mondo. L’associazione non governativa Death Penalty Focus ha tributato onori speciali al governatore a maggio. In quella occasione, alla cerimonia di Los Angeles, Bryan Stephenson, un avvocato che rappresenta condannati poveri nel profondo Sud degli Usa ha detto: “Il contrario di povertà non è ricchezza: è giustizia.”
Noi crediamo che la giustizia sia meglio servita in New Mexico adesso che abbiamo messo fine alla “brutalità casuale” della pena di morte. Siamo onorati che “Nessuno tocchi Caino” riconosca il ruolo del New Mexico in questo movimento globale che chiede che si amministri la giustizia senza la vendetta, e vi ringraziamo per il vostro lavoro.
Sono profondamente grata di condividere il premio “L’Abolizionista dell’Anno” per il 2009 con il Governatore Richardson. Lo dedico a tutti i miei compagni di viaggio, a coloro sulle cui spalle mi sono issata, che mi hanno ispirata e sostenuta in questo sforzo: la Coalizione per Abolire la Pena di Morte in New Mexico, i Familiari delle Vittime per la Riconciliazione, gli “esonerati”, l’Associazione degli Avvocati Penalisti del New Mexico, la mia famiglia e i miei amici, un Parlamento illuminato e un Governatore coraggioso.
 
5 luglio 2009