esecuzioni nel mondo:

Nel 2025

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Dal 2000 a oggi

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legenda:

  • Abolizionista
  • Mantenitore
  • Abolizionista di fatto
  • Moratoria delle esecuzioni
  • Abolizionista per crimini ordinari
  • Impegnato ad abolire la pena di morte

GIAPPONE

 
governo: monarchia costituzionale con un governo parlamentare
stato dei diritti civili e politici: Libero
costituzione: 3 maggio 1947
sistema giuridico: si basa sul modello tedesco con influenze Anglo-americane; revisione degli atti legislativi da parte della Corte Suprema
sistema legislativo: bicamerale, Camera dei Consiglieri (Sangi-in) e Camera dei Rappresentanti (Shugi-in)
sistema giudiziario: Corte Suprema (presidente nominato dal Re su indicazione del Governo, gli altri nominati dal Governo)
religione: maggioranza di buddisti e scintoisti; minoranze cattoliche, protestanti ed ortodosse
metodi di esecuzione: impiccagione
braccio della morte: 134 (aljazeera.com, 21/02/2013)
Data ultima esecuzioni: 0-0-0
condanne a morte: 4
Esecuzioni: 8
trattati internazionali sui diritti umani e la pena di morte:

Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici

Convenzione sui Diritti del Fanciullo

Convenzione contro la Tortura ed i Trattamenti e le Punizioni Crudeli, Inumane o Degradanti

Statuto della Corte Penale Internazionale (esclude il ricorso alla pena di morte)


situazione:
La pena di morte è prevista per 13 reati ma, in pratica, viene applicata solo per omicidio.
La morte avviene tramite impiccagione: i detenuti, incappucciati e bendati, sono messi sopra una botola che poi viene aperta all’improvviso. I detenuti di solito non sono informati sulla data fino al giorno dell’impiccagione. Poiché sono avvertiti solo un’ora prima dell’esecuzione, i detenuti non possono incontrare i parenti o presentare un appello finale. Familiari e avvocati sono generalmente informati dopo l’esecuzione, alla quale non possono assistere nemmeno gli avvocati.
I detenuti sono rinchiusi in strette celle isolate e monitorati da telecamere 24 ore al giorno. È vietato che parlino tra loro. A meno di recarsi alla toilet, i prigionieri non possono muoversi all’interno della cella e devono restare seduti, inoltre risultano fortemente limitati gli accessi all’aria aperta e alla luce naturale. Rischiano anche pene supplementari per la loro condotta contraria alle strette regole a cui sono sottoposti.
Il loro contatto con il mondo esterno è limitato a scarse, controllatissime visite di parenti e avvocati che in alcuni casi possono essere limitate a meno di cinque minuti. Non sono consentiti passatempi o televisione, è consentito possedere tre libri soltanto, anche se altri possono essere presi a prestito con il permesso del direttore purché il loro contenuto non sia giudicato “sovversivo”. L’esercizio fisico è limitato a due brevi sedute alla settimana fuori dalle celle, quattro pareti massicce e una piccola finestra.
In una recente indagine sui condannati a morte, molti di loro hanno detto che desiderano essere avvisati in anticipo della data di esecuzione invece di essere informati la mattina stessa del giorno in cui stanno per essere impiccati. La maggior parte di loro ha anche chiesto una revisione del metodo di esecuzione, con molti che hanno detto di preferire l’iniezione letale alla forca.
Il Giappone ha mantenuto il massimo riserbo sulle esecuzioni fino al dicembre 2007. Prima, il Governo si limitava a dichiarare il numero di detenuti giustiziati, rifiutando perfino di rivelarne i nomi. Le esecuzioni, che il più delle volte erano effettuate d’estate e alla fine dell’anno, avvenivano quando la Dieta, il Parlamento giapponese, era in vacanza per evitare la discussione parlamentare.
Con l’entrata in carica nell’agosto 2007 dell’allora Ministro della Giustizia Kunio Hatoyama, esplicito sostenitore della pena capitale, i principi e i tabù che il Giappone aveva mantenuto nei riguardi della pena di morte si sono andati sempre più rompendo.
Nel dicembre 2007, con le prime esecuzioni del governo di Fukuda, il Ministro della Giustizia ha rotto con la tradizione, che voleva il segreto sulle esecuzioni, pubblicando i nomi e i crimini di tre prigionieri giustiziati. Anche la tradizione di non eseguire sentenze capitali mentre il Parlamento è in sessione, nel tentativo di evitare inutili controversie, è stata rotta.
Con il governo di Yukio Hatoyama entrato in carica nel settembre 2009, il nuovo Ministro della Giustizia, Keiko Chiba, ha chiesto un ampio dibattito pubblico sull’eventualità di abolire nel Paese la pena di morte e che su questa realtà ci sia maggiore trasparenza. “Spero che l’opinione pubblica rifletta sul tema della pena capitale e confido di poter creare dei forum per il dibattito”, ha ribadito il Ministro il 30 settembre. “Spero che poco alla volta si possa allargare il dibattito, in una forma o nell’altra, anche rendendo conosciute dalla pubblica opinione le informazioni e i luoghi legati alla pena di morte. Sono convinta che sia difficile far progredire il dibattito senza che l’opinione pubblica conosca questa realtà.”
Il 27 agosto 2010, le autorità giapponesi hanno mostrato alla stampa una stanza per le esecuzioni, consentendo così per la prima volta all’opinione pubblica nipponica di vedere il luogo dove i condannati a morte vengono impiccati. Il tour per i giornalisti, durato circa 30 minuti, è stato organizzato dal Ministero della Giustizia nella “Detention House” di Tokyo, sulla base delle istruzioni fornite dal Ministro della Giustizia Keiko Chiba. Funzionari della struttura carceraria e del Ministero hanno accompagnato fino alla stanza delle esecuzioni una ventina di giornalisti, con il divieto assoluto di parlare e di portare altro che penna e blocco per appunti. La prima tappa è stata la stanza del cappellano, nominato dalle autorità della prigione, a cui i prigionieri possono rivolgersi. La stanza ospita una statuetta di Buddha, tuttavia su richiesta è possibile avere ornamenti cristiani o scintoisti. Nella stanza sono offerti ai prigionieri tè, frutta o dolci. Poi i reporter sono stati accompagnati nella stanza che precede quella delle impiccagioni, dove ai detenuti è concessa l’ultima possibilità di parlare con il cappellano. E’ qui che il capo del carcere annuncia formalmente le esecuzioni. I prigionieri sono poi bendati, ammanettati e scortati nella stanza delle impiccagioni. Una tenda separa la stanza delle esecuzioni da quella precedente, impedendo così ai detenuti di vedere la corda che, fissata al pavimento, pende da una carrucola posta sul soffitto. Nella camera delle esecuzioni, le gambe del prigioniero vengono legate, il cappio viene stretto intorno al collo e il prigioniero sta in piedi al centro di un quadrato rosso, posto in corrispondenza della botola. Poi tre addetti entrano in una stanza laterale in cui ci sono tre bottoni, che sono premuti nello stesso momento in modo da non sapere chi effettivamente apra la botola. Dalla stanza a loro riservata, i funzionari assistono all’impiccagione. Dopo che un medico ha confermato il decesso, entro cinque minuti il corpo viene sistemato nella bara.
Dalle sette di mattino alle sette di sera devono rimanere seduti in uno spazio angusto. Se si muovono, cadono o si sdraiano, immediatamente le guardie li costringono a rimettersi seduti. Fanno esercizio solo due volte a settimana per 30 minuti. Le telecamere li sorvegliano 24 ore su 24, mentre mangiano, usano il bagno o fanno qualsiasi altra cosa.
Nel dicembre 2011, il Ministero della Giustizia ha reso noto che circa la metà dei prigionieri nel braccio della morte in Giappone viene trattata con psicofarmaci a causa dello stress mentale che si manifesta con insonnia e allucinazioni, sintomi che possono essere causati dal confinamento in spazi chiusi per lunghi periodi di tempo. In base alla legge giapponese, se un detenuto del braccio della morte è dichiarato insano di mente, il Ministro della Giustizia ordinerà la sospensione dell’esecuzione. Tuttavia, un alto funzionario del Ministero ha detto che attualmente “non ci sono detenuti malati di mente nel braccio della morte”.
Dal novembre 1989 al marzo 1993 vi è stata una sospensione di fatto delle esecuzioni, in parte dovuta alla personale contrarietà alla pena di morte dell'allora Ministro della Giustizia facente funzioni. A partire dalla metà degli anni ‘90 si è assistito ad una ripresa della pena di morte con un’accelerazione negli anni 2000.
Dopo che nel 2011, nessun prigioniero è stato messo a morte nel Paese, nel 2012 sono state giustiziate 7 persone, mentre 3 sono state condannate a morte, 8 in meno rispetto all’anno precedente.
Altre 5 persone sono state impiccate nei primi sei mesi del 2013.
Dopo queste esecuzioni, i detenuti nel braccio della morte sono scesi a 134.
Sotto il precedente governo del Partito Liberal-Democratico, sette prigionieri sono stati impiccati nel 2009, quindici nel 2008, nove nel 2007 e quattro nel 2006. In Giappone c’è stata una moratoria di fatto delle esecuzioni durata 15 mesi, fino al 2006, che ha coinciso con il mandato del Ministro della Giustizia dell’epoca, Seiken Sugiura, contrario alla pena capitale per il suo credo buddista.
Il Ministero della Giustizia ha continuato a dibattere sulla pena capitale da quando il Partito Democratico è salito al potere nel 2009 dopo oltre 50 anni di praticamente ininterrotto governo dei conservatori. Il Ministro Keiko Chiba ha autorizzato e personalmente assistito a due impiccagioni nel luglio 2010, nonostante la sua opposizione alla pena capitale. Il suo successore Toshio Ogawa, ha inviato tre detenuti al patibolo nel marzo 2012 e ha inoltre eliminato un gruppo di studio interno a marzo 2012, cancellando l’intenzione di istituire un panel di discussione più ampio sul tema, sostenendo che i pro e i contro sono stati discussi a sufficienza e che la decisione finale dovrebbe essere lasciata alla pubblica opinione, che nella stragrande maggioranza sostiene la pena di morte. Anche il terzo il Ministro della Giustizia del Partito democratico, Makoto Taki, ha inviato quattro detenuti al patibolo.
Il 26 dicembre 2012, dieci giorni dopo la schiacciante vittoria del Partito Liberal-Democratico alle elezioni anticipate, Shinzo Abe è stato eletto Primo Ministro del Giappone. Il nuovo Ministro della Giustizia Sadakazu Tanigaki ha espresso un atteggiamento positivo verso le esecuzioni. “Il sistema della pena di morte ha una sua ragione d’essere e farò il mio dovere secondo le leggi in materia”, ha detto in una conferenza stampa.
A seguito delle tre esecuzioni del febbraio 2013, il Ministro della Giustizia ha detto che “Si trattava di casi estremamente crudeli in cui le vittime sono state private delle loro vite preziose per ragioni molto egoistiche”, chiarendo che non ha alcuna intenzione per il momento di rivedere il sistema capitale. Ha insistito nel dire che qualsiasi dibattito sulla pena di morte dovrebbe essere basato sulla “situazione interna” del Giappone, tenendo conto dell’opinione pubblica e del mantenimento dell’ordine pubblico, piuttosto che dei movimenti oltre i confini del Paese. “Sono consapevole che ci sono stati vari dibattiti sulla pena di morte, con alcune persone che sono a favore e altre che sono contro. Ma il nostro Paese ha mantenuto questo sistema per il suo effetto deterrente e in ragione dei sentimenti delle famiglie delle vittime”, ha detto Tanigaki. “Se ci sono dei problemi, dobbiamo apportare dei miglioramenti.”
Il 27 novembre 2012, un esperto di scienze dell’informazione ha contestato il modo di fare i sondaggi di opinione sulla pena di morte e la lettura dei dati da parte del governo giapponese. “E’ stato riportato che più dell’80% approva la pena di morte, ma vista dal punto di vista tecnico, non è ragionevole fare una tale generalizzazione”, ha detto Fumiyasu Yamada, professore di scienze dell’informazione alla Shizuoka University. In un sondaggio del dicembre 2009 commissionato dal Governo, l’85,6% ha detto che “la pena di morte è inevitabile in determinate circostanze”, mentre il 5,7% ha detto che “la pena di morte dovrebbe essere abolita in ogni circostanza” e l’8,6% ha dichiarato “non so”. Yamada ha osservato che il 34,2% di coloro che hanno definito la pena di morte “inevitabile”, ha anche detto nella stessa indagine che la pena di morte “potrebbe essere abolita in futuro se la situazione cambiasse”. Tenuto conto di questa cifra, è “naturale vedere che chi vuole conservare la pena di morte sono più del 50%, e quelli che vogliono la sua eliminazione o un passo verso l’eliminazione costituiscono poco più del 30%”, ha detto Yamada che ha anche criticato una delle opzioni nel sondaggio, quella secondo cui la pena di morte “dovrebbe essere abolita in ogni circostanza”, un’espressione “troppo forte” che “rende difficile per le persone la sua scelta”. Proporre una domanda del genere è “di parte”, ha aggiunto Yamada che ha anche detto che il sondaggio non riflette l’intero Paese, dal momento che i questionari sono stati raccolti solo da circa i due terzi del campione rappresentativo.
Il 31 ottobre 2012, il Giappone è stato sottoposto alla Revisione Periodica Universale del Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU. Il 14 marzo 2013, il Giappone ha respinto la raccomandazione fatta da più di 20 Stati membri di introdurre una moratoria sulle esecuzioni in vista della completa abolizione. Takashi Okada, rappresentante permanente del Giappone a Ginevra, ha detto che il Giappone non ritiene che sia opportuno abolire la pena di morte.
Il 20 dicembre 2012, il Giappone ha votato contro la Risoluzione per una Moratoria delle esecuzioni capitali all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

 

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