esecuzioni nel mondo:

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Dal 2000 a oggi

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legenda:

  • Abolizionista
  • Mantenitore
  • Abolizionista di fatto
  • Moratoria delle esecuzioni
  • Abolizionista per crimini ordinari
  • Impegnato ad abolire la pena di morte

INDIA

 
governo: repubblica federale
stato dei diritti civili e politici: Libero
costituzione: 26 gennaio 1950; emendata più volte
sistema giuridico: si basa sulla common law inglese; parziale revisione degli atti legislativi da parte del potere giudiziario
sistema legislativo: bicamerale, Consiglio degli Stati (Rajya Sabha) e Assemblea del Popolo (Lok Sabha)
sistema giudiziario: Corte Suprema, giudici nominati dal Presidente e restano in carica fino a 65 anni
religione: 80% indù; 11% musulmani; 2% cristiani; 2% sikh; minoranze buddiste e altri
metodi di esecuzione: impiccagione
braccio della morte: 404 (al 31 marzo 2013)
Data ultima esecuzioni: 21-11-2012
condanne a morte: 75
Esecuzioni: 1
trattati internazionali sui diritti umani e la pena di morte:

Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici

Convenzione sui Diritti del Fanciullo

Convenzione contro la Tortura ed i Trattamenti e le Punizioni Crudeli, Inumane o Degradanti (solo firmato)


situazione:
La pena di morte è prevista dal Codice Penale e dall’art. 21 della Costituzione, che afferma: “Nessuna persona può essere privata della vita o della libertà personale salvo nei casi stabiliti dalla legge”.
I reati capitali sono la cospirazione contro il Governo; la diserzione o la tentata diserzione; intraprendere o tentare di intraprendere una guerra contro il Governo centrale; l’omicidio o il tentato omicidio; l’induzione al suicidio di un minorenne o di un ritardato mentale. La sezione 303 del Codice penale indiano prescrive la pena di morte come obbligatoria nel caso in cui un condannato all'ergastolo commette omicidio.
La pena capitale può essere comminata anche per una serie di reati previsti dai Codici Militari (Army Act, 1950; Air Force Act, 1950; Navy Act, 1956).
Nel 1987 il Governo ha approvato il Commission of Sati Prevention Act che prevede la pena di morte per chi istiga una vedova al suicidio sacrificale (sati) nel caso in cui sia portato a termine con successo.
In base al Narcotic Drugs and Psychotropic Substances Amendment Act del dicembre del 1988, una seconda condanna per traffico di droga è passibile di pena di morte.
Nel giugno 2011, l’Alta Corte di Bombay, una delle più antiche e riconosciute Alte Corti dell’India, ha eliminato la pena di morte obbligatoria per reati legati alla droga e solo nel gennaio 2012, per la prima volta in India, una corte speciale anti-droga ha condannato a morte un uomo per un crimine legato alla droga.
Le corti speciali stabilite in base al Terrorist Affected Areas Special Courts Act del 1984 e in base al Prevention of Terrorism Act (POTA) del 2002, avevano il potere di imporre la pena di morte per atti di terrorismo. Quest’ultima legge, che aveva ampliato la sfera di applicazione della pena di morte per volontà del partito nazionalista indù BJP a seguito di un attentato al Parlamento indiano nel dicembre 2001, è stata giudicata lesiva dei diritti umani e politici dal governo uscito vittorioso dalle elezioni del maggio 2004 e dominato dal Partito del Congresso di Sonia Gandhi. Conseguentemente, il Parlamento, il 9 dicembre 2004, l’ha abrogata, dopo un lungo dibattito e l’abbandono dell’aula per protesta da parte dell’opposizione. Contestualmente, il POTA è stato rimpiazzato dal Unlawful Activities (Prevention) Bill, che ha emendato l’Unlawful Activities (Prevention) Act del 1967 al fine di coprire i casi di terrorismo. In base a questa legge, i condannati per terrorismo possono essere puniti con la pena di morte o l’ergastolo per ogni atto che provochi la perdita di vite umane. Più precisamente, è punito chiunque metta in pericolo l’unità, l’integrità, la sicurezza e la sovranità nazionale o sparga il terrore tra la popolazione in India o in altri Paesi usando bombe, dinamite o altri esplosivi, sostanze infiammabili, armi da fuoco o altre armi letali che causino o possano causare la morte. Nell’ambito della lotta contro il terrorismo, il 24 gennaio 2003, India e Francia hanno firmato un trattato di estradizione finalizzato a rafforzare la cooperazione giudiziaria contro il terrorismo. Il trattato comprende le assicurazioni da parte dell’India che le persone estradate dalla Francia non verranno condannate a morte.
Il 21 dicembre 2011, nel tentativo di proteggere gli oleodotti strategicamente importanti da atti di terrorismo come il sabotaggio, il Parlamento ha introdotto la pena di morte per questi crimini modificando il Petroleum and Minerals Pipelines (Acquisition of Right of User in Land) Amendment, Bill 2011. La punizione “può estendersi al carcere a vita o alla morte” nel caso in cui l’atto di sabotaggio sia talmente pericoloso da poter causare la morte di esseri umani. Prima della modifica, la legge prevedeva una pena detentiva da uno a tre anni di carcere per atti di sabotaggio e furti. Nel corso del dibattito sul progetto di legge, il Ministro del petrolio e del gas naturale, Ratanjit Narain Pratap Singh, ha detto che gli articoli in vigore della legge del 1962 non contenevano disposizioni adeguate per prevenire tali incidenti. Sulla questione della pena di morte prevista nel disegno di legge, Singh ha detto che questa sarebbe applicabile solo nel “più raro dei casi rari contro mafie e sabotatori”. Singh ha detto che nel disegno di legge è stata inserita la parola “volontariamente” per tutelare le persone innocenti che abbiano causato danni a una rete di rifornimento accidentalmente o per errore.
Il 1° febbraio 2012, la Corte Suprema dell’India ha dichiarato nullo l’Articolo 27(3) della Legge sulle Armi del 1959, che prevede la “pena di morte obbligatoria” in caso di morte causata da uso di armi illegali, in quanto “ultra vires” (oltre i poteri) della Costituzione. La disposizione relativa alla pena di morte fu inserita nell’Articolo 27 della Legge nel 1988, sull’onda delle attività terroristiche anti-nazionali in Punjab.
Il 5 aprile 2013 è entrata in vigore la legge anti-stupri che prevede ergastoli e condanne a morte per i condannati per stupro, oltre a punizioni severe per reati quali le aggressioni con l'acido, stalking e voyeurismo. Il 2 aprile il Presidente Pranab Mukherjee ha accordato il suo assenso all’emendamento del codice penale, che sarà ora denominato Legge 2013. La Legge, approvata dal Lok Sabha (Camera bassa) il 19 marzo e dal Rajya Sabha (Camera alta) il 21 marzo, ha sostituito un decreto promulgato il 3 febbraio. Essa modifica varie sezioni del codice penale indiano, del codice di procedura penale, della Legge indiana sulle Prove e della Legge sulla Protezione dei Bambini dai Crimini Sessuali. Con l'obiettivo di fornire un forte deterrente contro i crimini come lo stupro, la nuova legge stabilisce condanne al carcere duro per un periodo non inferiore a 20 anni, ma che può estendersi fino all’ergastolo, con una multa. Contiene inoltre disposizioni per emettere la condanna a morte per i trasgressori che siano stati condannati in precedenza per gli stessi crimini. La Legge, per la prima volta, nega il rilascio su cauzione nel caso in cui reati di stalking e voyeurismo vengano commessi per la seconda volta. Gli autori di attacchi con acidi riceveranno una condanna a 10 anni di carcere. La Legge definisce inoltre gli attacchi con acidi come un crimine, riconoscendo alla vittima il diritto di auto-difesa. Per i responsabili dei crimini prevede come pena minima 10 anni di carcere. La Legge fissa l'età per il sesso consensuale a 18 anni. Nuove sezioni per prevenire stalking e voyeurismo sono state introdotte a seguito di una forte richiesta da parte delle organizzazioni femminili.
Le condanne a morte devono essere confermate dalla Corte Suprema che, nella storica sentenza Bachan Singh contro lo stato del Punjab, ha sostenuto che la pena di morte può essere applicata solo se il caso rientra tra quelli “più rari tra i rari”. L’11 agosto 2008, affrontando il caso di Murli Manohar Mishra alias Swami Shraddhananda, la Corte Suprema ha ribadito questa linea stabilendo che, al fine di ridurre al minimo l’uso della pena di morte, potrà sostituire le condanne a morte con l’ergastolo. La Corte Suprema ha sottolineato nel suo verdetto che “la formalizzazione di questa speciale categoria di sentenze, per un numero ristretto di casi, avrà il grande vantaggio di mantenere la pena di morte nei codici, ma di usarla, di fatto, il meno possibile, solo nel più raro tra i rari dei casi”. Il 18 agosto 2009, nella sentenza con cui la Corte Suprema ha comminato l’ergastolo a quattro membri di una banda responsabile di aver ucciso tre impiegati del partito di estrema destra Shiv Sena a Mumbai nel marzo 1999, ha detto che è giunto il momento di arrivare a una lettura univoca del principio stabilito nella sentenza Bachan Singh al fine di introdurre “un po’ di oggettività nella giurisprudenza sulla pena capitale che si sta sbriciolando sotto il peso delle più disparate interpretazioni”. Anche il 20 novembre 2012, nella sentenza “Sangeet & Anr contro lo Stato di Haryana” la Corte Suprema ha detto che la sentenza storica del 1980 sui criteri di imposizione della pena di morte necessita di revisione, in quanto non vi è stata "nessuna uniformità" da parte dei tribunali del Paese nello stabilire quali casi rientrino tra “i più rari tra i rari”.
Il 10 febbraio 2010, la Corte Suprema ha chiarito che l’aver già scontato una lunga detenzione e le precarie condizioni socio-economiche sono circostanze attenuanti che possono condurre alla commutazione in ergastolo di una condanna capitale.  
Il sistema legislativo indiano prevede diversi livelli di appello, grazie ai quali le condanne a morte sono spesso commutate in ergastolo. Non esistono statistiche ufficiali sul numero delle sentenze e delle esecuzioni capitali nel paese né sul numero delle persone detenute nel braccio della morte. Normalmente, le esecuzioni vengono rinviate a tempo indeterminato oppure commutate dal Presidente. L’articolo 72 della Costituzione dà infatti al Presidente il potere di concedere la grazia o di sospendere, rinviare o commutare la pena di una persona condannata per qualsiasi reato. Il Presidente è guidato e consigliato dal Ministro dell’Interno e dal Consiglio dei ministri nella sua decisione. Non vi è lasso di tempo prestabilito nel quale il Presidente deve prendere la decisione, che è soggetta a revisione giurisdizionale secondo quanto stabilito l’11 dicembre 2006, dalla Corte Suprema indiana per la quale è necessario valutare se ci siano “considerazioni non pertinenti nell’esercizio di questo potere”.
La Presidente Pratibha Devisingh Patil, che ha concluso il suo mandato nel giugno 2012, è risultata essere il più “misericordioso” di tutti i presidenti negli ultimi tre decenni, avendo commutato in ergastolo le condanne a morte di 38 persone. La Presidente Patil, che comunque ha respinto le richieste di grazia di cinque persone, può vantare un tasso di concessione di clemenze del 200%. La propensione alla clemenza della Patil non ha suscitato proteste in nessun settore del Governo. I media indiani, invece, hanno generalmente criticato questo suo record, mettendo in discussione l’opportunità di atti di clemenza in alcuni casi di omicidio, stupro e rapimento di minori.
Nel 2012 l'India ha ripreso le esecuzioni di fatto sospese dal 14 agosto 2004, quando Dhananjoy Chatterjee era stato impiccato nella prigione di Calcutta per aver violentato e ucciso una ragazzina.
Il 21 novembre 2012 è stato infatti giustiziato un cittadino pakistano di 25 anni, Mohammad Ajmal Kasab, l'unico sopravvissuto di un gruppo di fuoco che aveva ucciso 166 persone durante un furioso attacco nella capitale finanziaria Mumbai nel novembre 2008. Un giudice indiano lo aveva condannato a morte nel maggio 2010 per aver mosso guerra contro l'India, omicidio e terrorismo, tra le altre imputazioni. Nel mese di agosto 2012, la Corte Suprema dell'India aveva confermato la condanna e il Presidente Mukherjee ha respinto la sua richiesta di clemenza il 5 novembre, anche se questo non è stato reso pubblico fino alla notte prima dell'esecuzione. Kasab è stato impiccato in segreto alle 7:30 del mattino seguente nel carcere di Yerawada a Pune, una città vicina a Mumbai, e nel carcere è stato sepolto. Le autorità indiane hanno subito una forte pressione pubblica per un’impiccagione rapida di Kasab, e il governo ha accelerato il processo di appello e l’esecuzione, che spesso può durare anni o, in alcuni casi, decenni.
Secondo le statistiche del National Crimes Record Bureau (NCRB) indiano, tra il 2001 al 2011, i vari tribunali del Paese hanno condannato a morte 1.460 persone, una media di 146 condanne all’anno anno. Le statistiche del NCRB rivelano anche che nello stesso periodo varie alte corti hanno commutato in carcere a vita le condanne a morte di 4.321 prigionieri. A dispetto di così tante condanne capitali, quasi il 99 per cento dei condannati a morte evita il patibolo. Infatti, l’India ha giustiziato solo 4 persone negli ultimi 20 anni: “Auto” Shankar (nel 1995), Dhananjoy Chatterjee (2004), Ajmal Kasab (2012) e Afzal Guru (2013). Dal 1947 sono state impiccate solo una cinquantina di persone, compresa l’esecuzione di Afzal Guru. Le ultime esecuzioni conosciute, prima di quella del 2004, erano avvenute nel 1995, quando furono impiccate 5 persone. L’esecuzione più nota in India è stata quella di Nathuram Godse, l’uomo condannato per aver assassinato il Mahatma Gandhi. E’ rimasto appeso alla forca per 15 minuti prima di morire in una impiccagione fatta in modo approssimativo. La stessa sorte era capitata nel 1989 a Kehar Singh e Satwant Singh, due guardie del corpo accusate per l'assassinio del primo ministro Indira Gandhi, nel 1984. Il Mahatma Gandhi si era pronunciato spesso contro la pena capitale, dicendo: "In tutta coscienza non potrò mai essere d’accordo sulla esecuzione di chicchessia. Solo Dio può prendere la vita perchè solo Dio la da.
Almeno 78 nuove condanne a morte sono state comminate nel 2012, secondo Amnesty International.
Comunque, a seguito dello stupro di gruppo del dicembre 2012 a Delhi, il numero di condanne a morte pronunciate dai giudici di grado inferiore è cresciuto notevolmente. I tribunali dell’Odisha occidentale hanno condannato almeno cinque persone a morte per stupro e omicidio. I tribunali del Bihar hanno condannato a morte quattro persone, Jharkhand 2, Punjab 3 e Madhya Pradesh 12.
Alla fine di marzo 2013, erano 404 i detenuti nel braccio della morte in varie prigioni del Paese.
Il 20 dicembre 2012, l'India ha votato contro la risoluzione per una moratoria delle esecuzioni capitali all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

 

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