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Sergio D'Elia, Segretario di Nessuno tocchi Caino |
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IRAQ. NESSUNO TOCCHI CAINO, “NESSUNO TOCCHI SADDAM”
19 giugno 2006: Vale anche per Saddam il nostro ‘Nessuno tocchi Caino’: quindi, ‘nessuno tocchi Saddam’, il che non vuol dire la sua impunità ma la sua incolumità fisica e dignità umana”, hanno dichiarato Sergio D’Elia ed Elisabetta Zamparutti, Segretario e Tesoriere di Nessuno tocchi Caino, nel commentare la richiesta di condanna a morte per l’ex dittatore iracheno.
“Per quello che Saddam ha fatto al suo stesso popolo – prosegue il comunicato di NtC - Saddam meriterebbe mille pene capitali, ma la domanda è: ci meritiamo noi di comminarla? L’esecuzione di Saddam chiama in causa, innanzitutto, la nostra civiltà e umanità.
Condannarlo a morte e giustiziarlo sarebbe anche un grave errore politico, perchè offrirebbe alla guerriglia sunnita e al terrorismo un martire di cui nutrirsi, un mito da sbandierare. Così, il dittatore più sanguinario al mondo, dalle pagine della cronaca nera della storia, dove è bene che rimanga, passerebbe alle prime pagine della politica contemporanea.
C’è un’altra ragione per cui non va condannato a morte: il processo in corso non è rispettoso degli standard minimi di un giusto processo internazionalmente riconosciuti. Il tribunale che lo sta giudicando è stato messo su in fretta e furia per decisione politica di un governo di transizione, in una situazione di emergenza e agli albori di un processo di ricostruzione del paese, in cui non hanno ancora visto la luce le basi minime di uno Stato di diritto e di un sistema di separazione dei poteri. Il processo è condotto da soli magistrati sciiti e kurdi, quindi si connota come il processo delle vittime contro il loro carnefice. Sarebbe stato meglio affidare la sorte di Saddam a giudici di un tribunale internazionale.” (Fonti: NtC, 19/06/2006)
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