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IRAN. NESSUNO TOCCHI CAINO, RIDUZIONE DELLE ESECUZIONI PER DROGA MA I NUMERI RESTANO PREOCCUPANTI

14 febbraio 2019:

Nessuno tocchi Caino, nel quarantennale della rivoluzione komeinista, rende note le cifre della pena di morte in Iran nel 2018.
Sono almeno 277 le esecuzioni compiute del 2018, di cui 89 riportate da fonti ufficiali iraniane e 188 casi segnalati da fonti non ufficiali. Il numero effettivo delle esecuzioni è probabilmente molto superiore ai dati forniti nel dossier di Nessuno tocchi Caino. Dai dati emerge un calo nel numero delle esecuzioni rispetto al 2017 (erano state almeno 544). A incidere su questo calo, la legge di riforma delle norme sul traffico degli stupefacenti, entrata in vigore il 14 novembre del 2017. Nel 2018 le esecuzioni per droga sono infatti scese ad almeno 23 rispetto alle almeno 257 del 2017.
I reati che hanno motivato le condanne a morte sono stati in termini di frequenza: omicidio, 195 esecuzioni (circa 63%); moharebeh (fare guerra a Dio), “corruzione in terra”, rapina ed estorsione: 32 (circa 10%); traffico di droga: 23 esecuzioni (circa 7%); stupro: 23 (circa 7%); reati di natura politica e “terrorismo”: 13 (4%); in almeno 10 altri casi (3%) non sono stati specificati i reati per i quali i detenuti sono stati trovati colpevoli.
L’impiccagione è il metodo preferito con cui è applicata la Sharia in Iran.
Almeno 13 persone sono state impiccate sulla pubblica piazza nel 2018 secondo le notizie ufficiali raccolte da Nessuno tocchi Caino, un numero nettamente inferiore alle 36 del 2017.
Le esecuzioni di donne sono state almeno 5 (rispetto alle 12 del 2017). Due di loro erano minorenni al momento del fatto. Con quelle del 2018, salgono ad 86 le donne giustiziate sotto la presidenza Rouhani.
Le esecuzioni di minorenni sono continuate nel 2018, fatto che pone l’Iran in aperta violazione della Convenzione sui Diritti del Fanciullo che pure ha ratificato. Sono stati giustiziati almeno 6 presunti minorenni al momento del fatto.
Nel 2018, almeno 10 persone sono state impiccate per fatti di natura essenzialmente politica. Ma è probabile che molti altri giustiziati per reati comuni fossero in realtà oppositori politici, in particolare appartenenti alle varie minoranze etniche iraniane, tra cui azeri, curdi, baluci e ahwazi. Accusati di essere mohareb, cioè nemici di Allah, gli arrestati sono di solito sottoposti a un processo rapido e severo che si risolve spesso con la pena di morte. Oltre alla morte, la punizione per Moharebeh è l’amputazione della mano destra e del piede sinistro, secondo il codice penale iraniano.
Non c’è solo la pena di morte, secondo i dettami della Sharia iraniana, ci sono anche torture, amputazioni degli arti, fustigazioni e altre punizioni crudeli, disumane e degradanti. Non si tratta di casi isolati e avvengono in aperto contrasto con il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici che l’Iran ha ratificato e queste pratiche vieta. Migliaia di ragazzi subiscono ogni anno frustate per aver bevuto alcolici o aver partecipato a feste con maschi e femmine insieme o per oltraggio al pubblico pudore. Le autorità iraniane considerano le frustate una punizione adeguata per combattere comportamenti ritenuti immorali e insistono perché siano eseguite sulla pubblica piazza come “lezione per chi guarda”.
Nel 2018, secondo le informazioni dell’Osservatorio sui diritti umani in Iran, sono state emesse oltre 110 sentenze di flagellazione e 11 sono state eseguite. Inoltre, è stato riportato almeno un caso di amputazione degli arti. Inoltre, si stima che durante la protesta esplosa nel Paese nel gennaio 2018, sarebbero stati effettuati 8.000 arresti arbitrari, sarebbero state uccise almeno 58 persone e 12 tra i manifestanti imprigionati sarebbero stati uccisi sotto tortura.

(Fonti: NtC, 14/02/2019)

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