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Sakineh Mohamamadi Ashtiani
Sakineh Mohamamadi Ashtiani
DALL’ETÀ DELLA PIETRA ALLA ‘CIVILTÀ’ DELL’INIEZIONE LETALE

di Sergio D'Elia, Segretario di Nessuno tocchi Caino

5 ottobre 2010: Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha accusato l’Occidente di avere un doppio standard, avendo criticato il regime iraniano per la vicenda di Sakineh Ashtiani, mancando invece di mobilitarsi per Teresa Lewis, giustiziata nella civile e democratica America.
Al di là dell’apparente somiglianza dei casi giudiziari, il confronto tra Sakineh e Teresa non regge da molti punti vista. La Lewis è stata condannata a morte per aver pianificato l’assassinio del marito e del figlio adottivo di lui. La Ashtiani è entrata in carcere per subire 99 frustate per “relazioni illecite”, poi è stata imputata di complicità nell’omicidio del marito e, ad oggi, non sappiamo con certezza se il processo contro Sakineh si è concluso oppure no, se sarà condannata per adulterio o per omicidio, se sarà lapidata o, bontà loro, solo impiccata. Non è neanche vero che Teresa non aveva suscitato interesse e scatenato reazioni come è avvenuto per Sakineh. Il suo caso aveva fatto arrivare sul tavolo del governatore della Virginia 4.000 richieste di grazia, tra le quali anche quelle di rappresentanti dell’Unione europea e personalità come lo scrittore John Grisham o Bianca Jagger.
Detto questo, Sakineh e Teresa restano le due diverse facce della stessa, fasulla e arcaica medaglia della pena di morte. I principi, eguali e contrari, della legge islamica del taglione da un lato e della legge biblica dell’occhio per occhio dall’altro, si infrangono nella stessa aberrante logica secondo cui la vita si difende infliggendo la morte. Né il metodo di esecuzione può fare la differenza. Certo, la lapidazione è il più terribile. Il condannato viene avvolto da capo a piedi in un sudario bianco e interrato, la donna fino alle ascelle, l’uomo fino alla vita. Un carico di pietre viene portato sul luogo e funzionari incaricati o semplici cittadini autorizzati effettuano la lapidazione. Le pietre non devono essere così grandi da provocare la morte con uno o due colpi in modo da poter provocare una morte lenta e dolorosa.
Questo accade solo in Iran, ma nel resto del mondo-boia il passaggio dall’età della pietra alla “civiltà” dell’iniezione letale non può essere considerato una conquista.
Il 28 settembre scorso negli Stati Uniti è successo qualcosa di surreale e più incomprensibile del caso di Teresa Lewis. Un giovane bianco di 31 anni, Brandon Joseph Rhode, è stato giustiziato nel penitenziario di Jackson in Georgia mediante iniezione letale. La settimana prima aveva tentato di suicidarsi tagliandosi con una lametta le vene e la gola. Era stato salvato grazie all’intervento del personale carcerario e al ricovero in ospedale. Poi è tornato sul lettino dell’iniezione letale e agli addetti sono serviti circa 30 minuti per trovare le vene dove iniettare il cocktail mortale che a sua volta ha impiegato 14 minuti prima di fare effetto. E’ stato giustiziato dagli stessi addetti che erano meritoriamente intervenuti per salvargli la vita.
Questa è (anche) l’America, dove però un fatto recente potrebbe dare un po’ di respiro ai detenuti del braccio della morte. Da qui alla fine dell’anno sono 17 i candidati a finire sul lettino dell’iniezione mortale, ma la maggior parte di loro potrebbe ricevere uno stop dell’esecuzione di diversi mesi per la penuria di sodio tiopentale (Pentotal), il barbiturico presente in tutti i protocolli di iniezione letale dei vari Stati USA.
Il 25 agosto il Kentucky ha reso noto di avere in magazzino solo 9,5 grammi del farmaco. Per una esecuzione servono 3 grammi, più altri 3 come “emergenza” nel caso di complicazioni. Questo ha indotto il governatore democratico Steve Beshear a firmare solo uno dei tre ordini di esecuzione e a disporre un rinvio per gli altri due. I funzionari penitenziari del Kentucky non avevano trovato altro Pentotal né sul mercato né in prestito da altri Stati; anzi, hanno raccontato che mentre loro stessi contattavano altri Stati alla ricerca di Pentotal, altri avevano contattato loro per lo stesso problema.
Mentre in Ohio i funzionari penitenziari stanno decidendo il calendario delle esecuzioni proprio basandosi sulla difficoltà a reperire il Pentotal, in Oklahoma una esecuzione è stata rinviata dopo che un giudice federale ha imposto una udienza pubblica per discutere la richiesta dello Stato di sostituire il Pentotal con un farmaco considerato equivalente. Da qui alla fine dell’anno, il Missouri giustizierà un solo detenuto, Roderick Nunley. La sua esecuzione è prevista per il 20 ottobre, le altre slitteranno perché il Pentotal scade a gennaio e altro non se ne trova. L’Arizona ha annunciato la fine delle scorte del farmaco e che sarà difficile riesca a procurarsene una dose per procedere a una esecuzione programmata per la fine di ottobre.
In California è successo qualcosa di inimmaginabile fino a poco tempo fa. Il 30 settembre, il giudice federale Jeremy Fogel ha respinto le pressioni di Governatore e autorità penitenziarie perché convalidasse in extremis il nuovo protocollo dell’iniezione letale dello Stato che avrebbe consentito la sera stessa l’esecuzione di Albert Greenwood Brown, un nero di 56 anni condannato a morte per aver stuprato e ucciso una ragazza. In mattinata il giudice Fogel ha concesso a Brown un rinvio di soli 2 giorni, sufficienti però a superare il 1° ottobre, data di scadenza dell’unica dose di sodio tiopentale a disposizione del boia californiano.
L’unico a non avere problemi col Pentotal sembra essere il Texas, campione americano di pena di morte. “Abbiamo tre esecuzioni previste entro la fine dell’anno, e abbiamo provviste sufficienti per eseguirle”, ha dichiarato Michelle Lyons, portavoce del Texas Department of Criminal Justice di Huntsville.
Alcuni fautori della pena capitale negli Stati Uniti sospettano che la casa farmaceutica Hospira ha orchestrato la penuria di Pentotal perché contraria all’uso del suo prodotto nel sistema della pena di morte. La ditta ha spiegato che la carenza deriva dalla carenza di un altro farmaco, il Propofol, di più comune uso nelle sale operatorie, il che avrebbe indotto diversi anestesisti a ripiegare sul Pentotal, generando così la scarsità del barbiturico. La Hospira ha assicurato che le scorte potrebbero essere ripristinate nei primi mesi del 2011, forse a marzo, ma ha anche ribadito che “la ditta produce questo farmaco per migliorare o salvare una vita umana e che il suo uso va limitato esclusivamente alle indicazioni scritte sull’etichetta del farmaco”, il quale “non è indicato per la pena capitale”.
A differenza del tetro e monolitico (in ogni senso) regime dei Mullah, nel complesso e contraddittorio sistema americano della pena di morte, a volte basta un granello di sabbia o di sale in zucca, per bloccare il meccanismo.  

(Pubblicato sul 'il Fatto Quotidiano' del 5 ottobre 2010)

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