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TEXAS (USA): ALFRED DEWAYNE BROWN DICHIARATO INNOCENTE

6 marzo 2019:

La pubblica accusa, nella persona della procuratrice distrettuale della Harris County Kim Ogg, il 1° marzo 2019 ha formalmente dichiarato che Alfred Dewayne Brown è innocente.
Brown, oggi 37 anni, nero, era stato condannato a morte nella Harris County il 25 ottobre 2005 con l’accusa di aver partecipato ad una rapina nel corso della quale, il 3 aprile 2003, erano rimaste uccise 2 persone, il poliziotto Charles R. Clark, 45 anni, e la commessa di un negozio, Alfredia Jones, 27 anni. All’epoca del processo Brown sosteneva di essere stato a casa con la fidanzata, e di aver fatto una telefonata. Il tabulato di questa telefonata è stato ritrovato solo nel 2013, a casa di un detective della squadra omicidi che si preparava a traslocare. Dopo il ritrovamento del tabulato lo stesso giudice che aveva condannato Brown aveva sollecitato la corte d’appello a rivedere rapidamente il caso, e l’allora procuratrice della Harris County, Devon Anderson, aveva dato parere favorevole.
Il 5 novembre 2014 la Corte d’appello di stato aveva annullato il verdetto di colpevolezza di Brown, riconoscendo che si trattava di quello che in gergo si chiama “Brady case”, ossia il comportamento omissivo da parte della pubblica accusa che secondo la legge dovrebbe passare alla difesa anche le eventuali notizie positive riscontrate durante l’indagine. La procuratrice distrettuale Anderson, attenuando le responsabilità del suo predecessore Dan Rizzo, e definendone il comportamento omissivo “un errore, non un atto intenzionale, l’8 giugno 2015 aveva formalizzato la sua decisione di non tentare di riprocessare Brown. In quell’occasione aveva dichiarato: “Abbiamo reinterrogato tutti i testimoni, abbiamo ricontrollato tutte le prove, e siamo giunti alla conclusione che non abbiamo elementi sufficienti per sostenere la colpevolezza di Brown oltre il ragionevole dubbio. Quindi, come prevede la legge, ritiro le accuse contro il signor Brown e ne chiedo la scarcerazione”.
Poche ore dopo, dopo 12 anni di carcere, 10 dei quali nel braccio della morte, Brown era stato scarcerato. Il ritiro delle imputazioni però, per la legge del Texas, equivale in un certo senso ad una assoluzione per insufficienza di prove, e non da diritto al risarcimento da parte dello stato, che è di 80.000 dollari per ogni anno di ingiusta detenzione. Nel suo percorso per ottenere la revisione del processo Brown era stato aiutato da Anthony Graves, anche lui scarcerato dal braccio della morte del Texas (dopo 18 anni) qualche anno prima. Graves ha aiutato Brown a ricontattare la ex fidanzata per verificare i tempi dell’alibi di cui la pubblica accusa sosteneva non esistessero riscontri, ed ha sensibilizzato i cronisti del Houston Chronicle. Il 10 giugno 2015 il Death Penalty Information Center aveva aggiunto Brown, con il n° 154, alla sua lista degli “esonerati” dal braccio della morte. Dal comunicato del DPIC si apprendevano ulteriori dettagli sul caso. Come è noto, Brown venne accusato di due omicidi compiuti nel corso di una rapina. Contro di lui non esistevano prove fisiche, ma solo alcune testimonianze indirette, più la testimonianza di uno dei due uomini accusati, in concorso con Brown, degli omicidi. Brown non aveva un alibi preciso, ma disse che all’ora degli omicidi era in casa della fidanzata, e ricordava di aver fatto una telefonata. I tabulati di quella telefonata non vennero mai acquisiti al processo. I difensori di Brown continuarono a cercare il tabulato anche dopo la condanna, e lo trovarono nel 2013 a casa di un poliziotto, che disse di averlo ritrovato mentre preparava un trasloco. Un ruolo importante ha avuto anche la giornalista Lisa Falkenberg, che anche per gli articoli scritti sul caso Brown nel 2015 ha vinto il Premio Pulitzer. La Falkenberg è riuscita a raccogliere testimonianze sul fatto che l’allora fidanzata di Brown, Sharonda Simon, avesse subito interrogatori chiaramente volti ad intimidirla, comprendenti minacce di imputazione per falsa testimonianza, fino all’averla arrestate per 7 settimane fino a quando la donna non rinunciò a difendere Brown. Sharonda Simon aveva in seguito ritrattato la vecchia testimonianza che era stata usata per smentire l’alibi di Brown, ed in una nuova testimonianza scritta e giurata aveva confermato la versione di Brown. Dal 2007 i difensori di Brown sostengono di avere le prove che il reato è stato commesso da un altro uomo, con precedenti per rapina, e collegamenti con gli altri due imputati. I difensori di Brown nel 2008 avevano chiesto che il Dna della persona da loro indicata venisse comparato con quello trovato sulla scena del crimine, ma la richiesta venne negata. Come in tutti i casi in cui la vittima è un agente di polizia, forte è stata la pressione delle associazioni di categoria. Sia al momento della scarcerazione che oggi, alcuni alti dirigenti di polizia hanno espresso il loro disappunto. Oggi il presidente del sindacato di polizia, Joe Gamaldi, si è detto convinto che l’analisi della telefonata addotta come prova a discarico in realtà confermerebbe e anzi rafforzerebbe l’ipotesi della colpevolezza di Graves, e ha ipotizzato di chiedere la riapertura del caso.

(Fonti: DPIC, The Texas Tribune, 01/03/2019)

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