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Tanzania - Free Tundu Lissu
Tanzania - Free Tundu Lissu
TANZANIA - Aggiornamento sul caso di Tundu Lissu

13 novembre 2025:

13/11/2025 - TANZANIA. Aggiornamento sul caso di Tundu Lissu

Leader politico nel braccio della morte in Tanzania.

Poca attenzione da parte dell'Europa. La vicenda è stata ripresa solo dalla BBC e, in Africa orientale, dalla blogger Susanna Nordlund e da Mwanzo TV.

In Tanzania, dopo le elezioni del 29 ottobre, si sono verificati scontri di piazza. Il governo minimizza, mentre l’opposizione parla di centinaia di morti e migliaia di feriti, ma le fonti indipendenti faticano a ottenere informazioni attendibili.

Il 10 novembre, a 13 giorni dalle elezioni, era prevista un'altra udienza del processo contro Tundu Lissu, che Nessuno tocchi Caino sta seguendo sin dal suo avvio.

Come è noto, Lissu, presidente nazionale del partito di opposizione CHADEMA ("Partito della Democrazia e dello Sviluppo", di orientamento liberal-democratico), avrebbe dovuto essere il principale candidato dell'opposizione in una nazione in cui, da oltre 60 anni, c’è un partito unico al governo, che dopo alcuni cambi di nome oggi si chiama Chama Cha Mapinduzi (CCM, Partito Rivoluzionario).

Alle elezioni generali del 2020 il partito di Lissu aveva ottenuto un risultato sorprendente, raggiungendo il 13% dei voti, in un Paese in cui i partiti di opposizione da tempo faticano a superare l'1%. Solo tre anni prima, Lissu era sopravvissuto a un attentato compiuto da uomini mai identificati che lo avevano colpito con 16 proiettili. Dopo una lunga convalescenza in Kenya, si è rimesso in politica candidandosi alle elezioni del 2020 in Tanzania come candidato dell'opposizione, classificandosi secondo nei risultati ufficiali.

Nel corso della campagna elettorale per le elezioni di quest'anno, Lissu è stato arrestato il 9 aprile 2025 a Mbinga, nel sud-ovest della Tanzania, dopo un comizio pacifico in cui chiedeva che il sistema elettorale venisse riformato, per una migliore garanzia contro i brogli. La notte stessa è stato trasferito a Dar es Salaam, a più di 1.000 chilometri di distanza.

Il 10 aprile 2025 è stato formalmente accusato di alto tradimento e di tre reati legati alla diffusione di informazioni false ai sensi delle leggi sulla criminalità informatica.

In Tanzania, il reato di alto tradimento può comportare la pena di morte. “Tradimento” è un’accusa ricorrente nei governi autoritari: chi critica il governo non lo fa per effettive carenze del governo, ma perché “pagato da potenze straniere interessate a destabilizzare il paese”.

Nel caso specifico, a Lissu è stato contestato un post sui social media che aveva pubblicato il 3 aprile in cui invitava i tanzaniani a boicottare le imminenti elezioni, citando la possibilità di brogli. Sempre il 3 aprile aveva postato un video su YouTube in cui afferma che la polizia tanzaniana aveva un ruolo nelle irregolarità elettorali, irregolarità che secondo lui, sono state ordinate dalla presidente Samia Suluhu Hassan, allarmata dopo i risultati delle elezioni locali del novembre 2024. Nel post Lissu aveva anche aggiunto di non poter avere fiducia nei ricorsi davanti alla giustizia, perché nel suo paese i giudici non sono indipendenti e sono soggetti alle pressioni del partito al potere.

Si sa che Lissu è detenuto in un braccio della morte, ma non è chiaro se si trovi nella stessa città di Dar es Salaam (la principale città della Tanzania, anche se non ne è la capitale amministrativa) o nei dintorni.

Dopo una serie di inconcludenti udienze preliminari, che secondo gli osservatori indipendenti sembravano mirate a far passare il tempo, per arrivare alle elezioni politiche generali del 29 ottobre con Lissu sotto processo, ma ancora senza una decisione definitiva, una nuova udienza era fissata per il 10 novembre davanti all'Alta Corte di Dar es Salaam, la principale corte della Tanzania.

Questa udienza è stata rinviata dopo pochi minuti. Il Servizio carcerario della Tanzania inizialmente aveva comunicato che non avrebbe portato Lissu in aula, citando “motivi di sicurezza” non meglio precisati. La Corte ha insistito, e poco dopo Lissu è stato portato all’interno della transenna che separa l’imputato dal folto pubblico di simpatizzanti del suo partito, che lo ha applaudito. Lissu ha sollecitato i suoi supporters a resistere, e continuare la lotta. La breve presenza di Lissu nell’aula del tribunale è stata ripresa dai cellulari dei presenti, ed è stata postata su alcune pagine social. L’udienza è stata subito rinviata, perché la pubblica accusa ha comunicato che i testimoni dell’accusa, provenienti dalle città di Songea, Iringa e Mbeya, non erano disponibili, sempre per ragioni legate alla sicurezza. Apparentemente i testimoni dell’accusa non devono fare dichiarazioni particolari, ma dichiarare di aver sentito Lissu argomentare sul livello di corruzione del governo. Forse ci si aspetta che i testimoni riferiscano qualcosa su eventuali "mandanti stranieri" dietro Lissu.

Dai post social dei sostenitori di Lissu sembra che non sia stata fissata una data per la prossima udienza. In realtà tutta la questione dei “testimoni” è particolarmente controversa, perché la pubblica accusa sin dall’inizio del processo ha chiesto di non portarli in aula, ma di farli testimoniare da remoto, e proteggendone l’identità. Praticamente dei “testimoni segreti”. La Corte sta assecondando questa impostazione, non ostante le obiezioni legali sollevate dallo stesso Lissu, che nella vita civile, prima di dedicarsi alla politica, è un avvocato, e in questo processo si sta difendendo da solo.

In attesa che il processo riprenda, occorre notare che dopo un iniziale interessamento del Parlamento Europeo che sulla vicenda Lissu l'8 maggio 2025 ha adottato una risoluzione, sono oggi poche le informazioni che circolano non solo su Lissu, ma più in generale sulla Tanzania e gli scontri che sembra l’abbiano attraversata nelle ultime 2 settimane.

La BBC, in due lunghi articoli del 7 e 9 novembre parla di una situazione grave, insistendo soprattutto sul blackout di internet imposto dal governo sia per rendere difficili i collegamenti tra i contestatori, sia per rendere difficoltoso per i media indipendenti ottenere informazioni, e soprattutto immagini.

Mentre fonti della dissidenza parlano di “centinaia di morti”, il governo minimizza.

Il 4 novembre, un medico dell'ospedale Muhimbili di Dar es Salaam ha riferito alla BBC che alcuni veicoli con la scritta “Servizi funebri municipali” stavano raccogliendo i corpi di coloro che si ritiene siano morti durante le proteste.

Di certo, molte persone sono state arrestate e solo a Dar es Salaam (capitale economica dello stato) almeno 240 di loro sono state accusate di “tradimento” dal tribunale locale, imputazione che, come abbiamo visto, può prevedere la condanna a morte. In Tanzania, rileva Nessuno tocchi Caino, la pena di morte è ancora in vigore, ma di fatto le ultime esecuzioni risalgono al 1994. Recentemente la Corte Africana per i Diritti Umani e dei Popoli ha intimato alla Tanzania di abolire la pena di morte obbligatoria entro sei mesi, ritenendola una violazione della Carta Africana sul diritto alla vita.

“Secondo un atto di accusa visionato dalla BBC, gli imputati sono accusati di aver incitato alle manifestazioni con l'intenzione di ostacolare le elezioni.

Tra le persone incriminate c'è anche la nota imprenditrice tanzaniana Jenifer Jovin, accusata di aver incoraggiato i manifestanti ad acquistare maschere antigas per proteggersi dai gas lacrimogeni della polizia.

Tra gli imputati figurano anche alcuni influencer dei social media. Il processo è stato aggiornato al 19 novembre.

Il 3 novembre, durante il suo discorso di insediamento, la presidente Samia Suluhu Hassan ha riconosciuto che alcune persone sono morte durante le proteste. Ha attribuito la responsabilità delle proteste a non meglio precisati “attori stranieri”. Verosimilmente il riferimento è al confinante Kenya, nazione che tra l’altro ospita diversi membri dell’opposizione in esilio. La Tanzania e il Kenya, entrambi membri della Comunità economica africana, hanno vissuto periodiche tensioni politiche ed economiche.

Nel maggio di quest’anno le relazioni diplomatiche si sono inasprite a causa del trattamento riservato dalla Tanzania ai kenioti che si erano recati a Dar es Salaam per assistere al processo contro Tundu Lissu. Molti di loro sono stati espulsi, mentre il noto attivista keniota Boniface Mwangi, insieme all'attivista ugandese Agather Atuhaire, sono scomparsi e in seguito è stato riferito che sono stati torturati e sottoposti ad abusi sessuali.

La cerimonia di insediamento di Samia si è tenuta in una piazza d'armi nella capitale, Dodoma, invece che in uno stadio come negli anni precedenti. L'evento era chiuso al pubblico, ma è stato trasmesso in diretta dalla televisione di Stato.

Secondo il servizio elettorale del governo, la presidente Samia ha vinto le elezioni del 29 ottobre con il 97,6 dei consensi. Come Nessuno tocchi Caino ha riportato nei suoi articoli precedenti, non solo il principale candidato dell’opposizione, Lissu, è stato arrestato, ma il suo partito (Chadema) è stato cancellato dalle liste elettorali. Anche un altro possibile leader dell’opposizione, Luhaga Mpina, del partito ACT-Wazalendo, seppure più fortunato di Lissu in quanto non è stato arrestato, è stato comunque escluso dalle liste elettorali per presunte irregolarità “tecniche” nella presentazione delle liste.

Dopo questi fatti, inevitabilmente l'opposizione ha denunciato il voto come una farsa. Gli osservatori elettorali affermano che le elezioni non hanno rispettato gli standard democratici, ma senza entrare nel dettaglio.

Samia, leader dal tono pacato e dal comportamento calmo e gentile, aveva inizialmente ispirato ottimismo quando era salita al potere nel 2021 dopo la morte improvvisa del suo autoritario predecessore, John Magufuli. Nelle prime settimane era stata elogiata per aver allentato la repressione politica, ma da allora lo spazio politico si è ridotto.

“Samia ha spinto la Tanzania in un inverno rigido di proteste, instabilità e incertezza”, ha dichiarato alla BBC il prof. Peter Kagwanja, analista politico keniota.

Le proteste, organizzate dai giovani, hanno mostrato evidenti parallelismi con le mobilitazioni globali guidate dalla Generazione Z contro leadership radicate e governi poco reattivi.

All'inizio del suo secondo mandato, secondo gli analisti, Samia dovrà affrontare un crescente scrutinio internazionale che potrebbe minare la sua legittimità alla guida del Paese dell'Africa orientale.

In questo contesto, sarà importante continuare a seguire il processo contro Tundu Lissu.

https://www.bbc.com/news/articles/c2kp9yev5e5o?accountMarketingPreferences=on
https://www.bbc.com/news/articles/ckgz2vzlyzpo
Mwanzo TV @mwanzotv.bsky.social
Susanna Nordlund @susanna-nordlund.bsky.social
Porzia Addabbo @athenasnetwork.bsky.social

(Fonte: Nessuno tocchi Caino)

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