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AZIENDA DISSEQUESTRATA, FAMIGLIA IN OSTAGGIO

29 maggio 2022:

Pietro Cavallotti su Il Riformista del 27 maggio 2022

Due anni e mezzo di carcere preventivo, altri due di sorveglianza speciale, tre assoluzioni, un dissequestro confermato anche in secondo grado, 24 anni di calvario giudiziario. Ho perso il conto delle udienze, dei rinvii, degli articoli di giornale che ci sono stati inferti come coltellate. Sono questi i numeri della storia della mia famiglia, una storia lontana dal vedere la sua fine.
Nei giorni scorsi la Corte di Appello di Palermo ha dissequestrato la nostra azienda, bocciando gli appelli del Pubblico Ministero e del Procuratore Generale. Per meglio dire, è stato confermato il dissequestro del nulla perché quell’azienda, frutto del nostro lavoro e dei nostri sacrifici, durante l’amministrazione giudiziaria era stata messa in liquidazione per poi essere dichiarata fallita subito dopo la restituzione.
Siamo passati dalla sezione misure di prevenzione alla sezione fallimentare, dall’amministratore giudiziario al curatore fallimentare. Così, potremo sperimentare l’“efficienza” di altri settori della giustizia italiana. Ricordo il giorno del sequestro, emesso dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, presidente Silvana Saguto. Era stato pubblicizzato dai giornali asserviti a quella sezione come l’esempio più fulgido di come si colpiscono le infiltrazioni della mafia nel tessuto economico. Tradotto: era l’esempio più ignobile di come giudici irresponsabili, grazie a una legge che conferisce loro il libero arbitrio, possono colpire persone colpevoli di nulla. Una legge fascista che, piuttosto che essere cancellata dal nostro ordinamento, è diventata uno dei totem dell’antimafia belligerante, con buona pace del compianto giudice Falcone che nel 1991 ammoniva su quanto fosse «gravemente distonica, rispetto ai principi dello "Stato dei diritti", oltre che inefficace, la pretesa di ricorrere massicciamente alle misure di prevenzione contro il crimine organizzato, trascurando il rigoroso accertamento delle responsabilità attraverso il processo penale». È successo, invece, che, tradendo Falcone, si è andati alla caccia dei patrimoni dimenticandosi di individuare i reati. Risultato? Un esproprio di dimensioni gigantesche che ha distrutto intere economie e la vita di tantissimi imprenditori incensurati, mai rinviati a giudizio o assolti definitivamente.
Poi ricordo il giorno del dissequestro e del silenzio tombale di quella stampa che dieci anni prima aveva distrutto la mia famiglia, elogiando i “paladini” che sarebbero stati condannati dal Tribunale di Caltanissetta per fatti gravissimi. Ci fu riconsegnata una società con debiti per milioni di euro nei confronti delle banche, dei dipendenti, dei fornitori e dell’erario. Abbiamo chiesto a diversi istituti di credito l’apertura di un conto per potere vendere ciò che era rimasto della nostra azienda e pagare i debiti dell’amministratore giudiziario. Nessuno ci ha voluto aprire un conto. È davvero assurdo: prima lo Stato ti sequestra la società senza un motivo, te la mette in liquidazione riempendola di debiti e dopo non ti consente di provare a pagare quei debiti.
Ma tutto questo non è bastato. Contro il Tribunale prima e la Corte di Appello poi, un magistrato ha deciso di fare ricorso in Cassazione: la nostra azienda deve essere confiscata. È convinto che i nostri padri, assolti con sentenza definitiva, siano mafiosi e che noi figli siamo colpevoli di avere imparato il loro mestiere. Si è avuto il coraggio di contestare persino l’inedito reato di “trasferimento fraudolento di esperienza lavorativa”! Solo in Italia può succedere che un magistrato possa tenere in ostaggio un’intera famiglia. A un magistrato fare ricorso non costa nulla, mentre per noi significa altri anni di vita persi tra avvocati, giudici e tribunali. Si ricorre a oltranza, forti di una totale irresponsabilità civile e professionale. Come si fa a non capire che la responsabilità civile servirebbe a salvaguardare i cittadini innocenti dall’arbitrio di magistrati che operano male e non a impedire a quelli che lavorano bene di colpire chi commette reati? Com’è possibile che lo Stato sia totalmente indifferente nei confronti delle sue vittime?
Forse lo Stato non interviene perché non vuole riconoscere i propri errori e, ancor più, il fallimento di un sistema di cui l’Italia si è fatta vanto nei più alti consessi internazionali. Eppure, è così semplice capire che chi sbaglia deve pagare e che le vittime degli errori giudiziari devono essere risarcite. Per farlo, basterebbe approvare le proposte di legge ferme al Senato e alla Camera dei Deputati a firma di
Gabriella Giammanco e Matilde Siracusano. Da molto tempo mi chiedo quale sia il senso della difesa in un processo di prevenzione. Noi abbiamo lottato con la consapevolezza di essere nel giusto. E con questa consapevolezza e con una speranza invincibile continueremo a difenderci dalla persecuzione giudiziaria ed extragiudiziaria, perché in fondo… la gente come noi non molla mai.

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