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Mehdi Hassani (sin) e Behrouz Ehsani
Mehdi Hassani (sin) e Behrouz Ehsani
IRAN, NELLE CARCERI SI DIGIUNA CONTRO L’ONDATA DI ESECUZIONI

10 maggio 2025:

Virginia Pishbin su l’Unità del 10 maggio 2025

Sono trascorse circa 66 settimane dall’inizio della campagna “No to executions Tuesday”, lo sciopero della fame settimanale, ogni martedì, avviato dai prigionieri politici nel gennaio 2024, a cui aderiscono detenuti in 41 carceri in tutto il Paese, ma anche organizzazioni internazionali per i diritti umani come Nessuno tocchi Caino che partecipa allo sciopero con la sua Tesoriera Elisabetta Zamparutti.
La recente ondata di esecuzioni in Iran è l’ennesima riprova delle brutali tattiche del regime per reprimere il dissenso e mantenere il controllo. Secondo una ricerca del Consiglio nazionale della resistenza iraniana (NCRI), il principale gruppo di opposizione iraniano, in una sola settimana, dal 9 al 15 aprile, sono stati giustiziati 47 individui, tra cui 17 della minoranza baluci. In un solo giorno, il 15 aprile, ne sono stati impiccati 10, tra cui Mehdi Motavali, un ventenne impiccato ad Arak che aveva meno di 18 anni al momento del presunto reato.
Questa ondata di brutalità è un disperato tentativo della Guida Suprema del regime, Ali Khamenei, di incutere timore e prevenire le rivolte.
La furia di impiccagioni non si è fermata nei giorni successivi. Tra il 21 e il 23 aprile, sono stati giustiziati in Iran 22 prigionieri, in media uno ogni tre ore, segnando un forte incremento di un bilancio in continua crescita da quando il presidente Masoud Pezeshkian è entrato in carica lo scorso luglio.
Il lunedì ne sono stati impiccati 8. Il martedì altri 6. Il mercoledì altri 8. A conti fatti, almeno 110 persone sono state giustiziate nel solo mese di aprile 2025, tra cui tre donne, quattro cittadini afghani, 35 baluci, 6 curdi e uno della minoranza araba. Il numero di esecuzioni nei primi quattro mesi del 2025 è stato superiore del 75% rispetto allo stesso periodo del 2024. Se aprile si è chiuso con 14 esecuzioni l’ultimo giorno del mese, maggio si è aperto con l’esecuzione di tre uomini e una donna il primo giorno del mese. Altri 8 uomini sono stati impiccati il 4 maggio e altri 7 il 5 maggio, nel giorno in cui finisco di scrivere questo articolo.
Con l’avvicinarsi della fine del suo mandato, la Guida Suprema Ali Khamenei intensifica le esecuzioni, arrivate a 1.105 durante il mandato del suo tirapiedi Pezeshkian, un numero senza precedenti in tre decenni. “Sebbene sia stato descritto come un presidente più ‘moderato’, l’uso della forca durante il suo mandato è aumentato, in particolare nei confronti di individui arrestati per reati legati alla droga, dissenso e partecipazione alle proteste del 2022,” ha detto Hossein Abedini, vicedirettore degli uffici del CNRI nel Regno Unito.
La signora Maryam Rajavi, presidente eletta del CNRI, annunciando la campagna “No alle esecuzioni” nel settembre 2024, aveva dichiarato: “Abbiamo sempre sostenuto che l’unico modo per affrontare questo regime di esecuzioni e massacri è attraverso la protesta, la ribellione e l’espansione della resistenza volta a rovesciarlo. La comunità internazionale deve andare oltre l’obsoleta politica di accondiscendenza nei confronti del regime del Velayat-e Faqih (potere assoluto religioso) di Teheran”. “Dopo aver subito significative battute d’arresto nella regione e aver affrontato la crescente minaccia di un rovesciamento, il regime ha brutalmente intensificato esecuzioni e massacri. Emettere condanne a morte per prigionieri politici arrestati durante o dopo la rivolta è l’ennesimo tentativo di intimidire la popolazione indignata e dimostra ulteriormente la paura del regime di una rivolta.”
Il regime clericale ha costantemente tentato di usare le crisi esterne per distogliere l’attenzione dal suo problema principale: l’oppressione della popolazione interna. I governi dei paesi democratici dovrebbero condizionare le loro relazioni con il regime dei mullah al fine di contrastare le esecuzioni e riconoscere il diritto del popolo iraniano a lottare per il suo rovesciamento. Una cosa è certa: questo regime non può sfuggire alla sua inevitabile caduta. La determinazione delle donne e dei giovani di questa nazione è incrollabile, dedita alla lotta fino alla fine per la libertà. Tra i prigionieri politici ora nel braccio della morte, ci sono Mehdi Hassani e Behrouz Ehsani, le cui vite sono in “grave pericolo” dopo che le loro richieste di un nuovo processo sono state respinte dagli spietati comandanti iraniani.
La Resistenza iraniana ha ripetutamente chiesto un intervento globale per fermare lo spargimento di sangue del regime. La comunità internazionale non può rimanere in silenzio di fronte a tali atrocità. Le Nazioni Unite, l’Unione Europea e le organizzazioni per i diritti umani condannino queste azioni e adottino misure urgenti per proteggere coloro che sono a rischio. L’imperativo è dar voce a coloro che sono stati messi a tacere. La loro sofferenza non deve essere vana.

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