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IRAN - Abbas Deris
IRAN - Abbas Deris
IRAN - Abbas Deris (Daris) seriamente a rischio di esecuzione

20 luglio 2023:

(20/07/2023) - Abbas Deris (Daris) seriamente a rischio di esecuzione.
La Corte Suprema ha ignorato gli argomenti cruciali dell'appello
Uno dei partecipanti alle proteste che si sono tenute in Iran nel novembre 2019 per il caro benzina è a imminente rischio di esecuzione. Si tratta di Abbas Deris, un operaio indigente, vedovo e con tre figli a carico, arrestato l’8 dicembre 2019 nella città di Mahshahr.
Secondo la sua avvocatessa, Fereshteh Tabanian, il 5 luglio la Corte Suprema ha confermato la sua condanna a morte per le accuse di "moharebeh" (inimicizia contro Dio). Ora si apprende da una serie di interviste rilasciate a media governativi, che l’avvocatessa Tabanian il 15 luglio 2023 ha presentato una richiesta di nuovo processo alla Corte Suprema. Sulla base dell'articolo 478 del codice di procedura penale, quando viene richiesto un nuovo processo nei casi di condanna capitale deve essere concessa una sospensione dell'esecuzione.
Abbas Deris, 50 anni, è stato arrestato insieme al fratello di 30 anni, Mohsen Deris, all'indomani della repressione del canneto di Mahshahr durante le proteste a livello nazionale del novembre 2019 in cui almeno 60 persone sono state uccise secondo testimoni oculari e fino a 100 persone secondo altre fonti. Sono stati accusati di "moharebeh (inimicizia contro dio), disturbo dell'ordine pubblico e partecipazione all'omicidio di un ufficiale di un'unità speciale".
Sottolineando la consuetudine della magistratura della Repubblica islamica di far compiere esecuzioni mentre le richieste di nuovo processo e revisione giudiziaria sono ancora all'esame della Corte Suprema, Iran Human Rights ribadisce il suo monito sul grave rischio di esecuzione segreta di Abbas Deris, e sollecita la comunità internazionale a fare pressioni sulla Repubblica islamica affinché annulli immediatamente la sua condanna.
Come è prassi nei crimini che il regime considera “politici”, Abbas e Mohsen non hanno potuto nominare un avvocato durante tutta la fase istruttoria, e, solitamente, per questo tipo di ‘reati’ agli imputati durante il processo vengono assegnati avvocati d’ufficio, che devono essere di assoluta fiducia del governo per evitare eventuali “fughe di notizie”.
Da come è redatta la notizia odierna, non è chiaro se l’avvocatessa Tabanian sia d’ufficio e di fiducia.
Come NtC aveva pubblicato il 5 dicembre 2021 (vedi) Abbas Daris (anche Abbas Shelishat) era stato condannato a morte, e il fratello Mohsen all'ergastolo. Sono accusati dell’uccisione di un capitano delle forze speciali. Secondo i testimoni oculari, il capitano Reza Sayyadi comanava il drappello delle forze speciali del NOPO (un corpo scelto delle Guardie Rivoluzionarie) che il 18 novembre 2019 ha aperto il fuoco contro i manifestanti. Durante gli scontri qualcuno ha sparato al capitano Sayyadi alla schiena. Secondo le informazioni ottenute da Iran Human Rights, le autorità giudiziarie avevano comunicato verbalmente la famiglia di Abbas Daris che era stato condannato a morte nella “udienza preliminare” (questa è la traduzione letterale della notizia. NtC non sa cosa sia una “condanna a morte preliminare”, potrebbe trattarsi di una condanna al termine del processo di primo grado, o della richiesta della pubblica accusa o del giudice istruttore in sede di rinvio a giudizio, e non di una condanna effettiva). Abbas Daris (secondo altre fonti Deris, Shalisat, Shelishat) era stato arrestato a Mahshahr insieme al fratello Mohsen durante le proteste nazionali del novembre 2019. È stato condannato a morte con l'accusa di "moharebeh (inimicizia contro Dio), disturbo dell'ordine pubblico e partecipazione all'omicidio di un ufficiale dell'unità speciale". Karim Dahimi, un attivista politico e per i diritti umani degli Ahvazi (una minoranza araba all’interno dell’Iran), all’epoca della condanna di primo grado aveva dichiarato a Iran Human Rights: “La condanna risale a pochi mesi fa, quando la moglie di Abbas è morta di ictus dopo che le era stato detto della sentenza. La sua famiglia è andata a Teheran per vedere le autorità giudiziarie ma non ha ottenuto alcuna risposta. La famiglia attualmente non ha avuto conferme ufficiali della sentenza, e anche il suo avvocato non ha detto nulla. La famiglia afferma di essere stata informata che la sentenza è stata emessa dal Tribunale Rivoluzionario, ma non è stata loro notificata ufficialmente nulla". È fondamentale notare che i manifestanti Mostafa Salehi, arrestati nelle proteste nazionali di dicembre 2017/gennaio 2018 e Navid Afkari, arrestato nelle proteste nazionali di agosto 2018, sono stati entrambi giustiziati l'anno scorso dopo essere stati condannati a qisas (retribuzione in natura) per l'omicidio di funzionari governativi dopo processi gravemente iniqui. Nel caso odierno, ha aggiunto Dahimi, “Il primo parere del perito è stato a totale scapito di entrambi i fratelli. Ma il secondo esperto consultato dai giudici ha affermato che i funzionari assassinati sono stati colpiti alla schiena, quindi non dai manifestanti che avevano di fronte. La corte ha ripetutamente sollecitato la famiglia Daris a rivolgersi ai familiari delle vittime per chiedere loro di accettare un risarcimento (diya) e “concedere il perdono, ma i Daris insistono sull’innocenza dei due fratelli”. La repressione nella zona dei canneti di Mahshahr, avvenuta nel novembre 2019, è considerata una delle repressioni più sanguinose nella Repubblica islamica. Secondo testimoni oculari, le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco contro i manifestanti disarmati che avevano bloccato la strada a Chamran (Jarahi), nel nord di Mahshahr, uccidendo molte persone. Quando i manifestanti sono corsi verso il canneto vicino alla strada per mettersi al riparo, le forze di sicurezza hanno sparato con l'artiglieria pesante e dato fuoco a parti del canneto, uccidendo più persone. Un testimone oculare ha detto a Iran Human Rights: "Almeno 20 persone sono state uccise per strada e 40 uccise tra i canneti".
Come quasi sempre succene per i reati ‘politici’, sembra che le uniche prove contro gli imputati consistano, essenzialmente, alle loro stesse confessioni, estorte sia sotto tortura, sia con la minaccia di rappresaglie contro i familiari. Di solito queste ‘confessioni’ vengono anche trasmesse in televisione, ed è successo anche nei casi dei fratelli Deris.

La prima udienza del loro processo si è svolta nella prigione di Mahshahr per "motivi di sicurezza" il 10 maggio 2022 e la seconda presso la prima sezione del tribunale rivoluzionario di Mahshahr il 13 settembre 2022. Il 22 ottobre 2022, Abbas è stato condannato a morte per le accuse di moharebeh dal tribunale rivoluzionario. Secondo l'articolo 279 del codice penale islamico, moharebeh è definito come: "estrarre un'arma contro la vita, la proprietà o l'onore del pubblico o causare loro terrore, in un modo che crea un ambiente di insicurezza".
I due fratelli sono stati anche accusati di omicidio presso il tribunale penale. Tuttavia, i parenti della vittima, che nel processo islamico hanno un ruolo diretto nel processso, hann dichiarato di non ritenere Abbas e Mohsen responsabili. Pertanto non sono più accusati di omicidio, ma poiché la vittima ha bambini piccoli, per la legge islamica i fratelli Deris sono legalmente tenuti a pagare un risarcimento. Una copia della dichiarazione della famiglia è stata anche presentata alla Corte Suprema, che è stata ignorata.
Secondo Fereshteh Tabanian, la Corte Suprema ha ignorato i principali difetti del caso. Oltre ad Abbas Deris che ha affermato in tribunale che le sue confessioni sono state estorte sotto tortura in isolamento, l'unica prova che lo collega alla pistola presumibilmente usata per uccidere l'ufficiale è la testimonianza di un vicino che è stato sorpreso con la pistola stessa. Inoltre, poiché non è stato trovato alcun proiettile sul corpo della vittima, non ci sono prove che provino che il proiettile sia stato sparato dalla pistola attribuita ad Abbas.
Nel caso, si presume che Abbas abbia sparato all'ufficiale dalla cima di un edificio. Una perizia sulle armi commissionata dal tribunale ha stabilito che la distanza tra la vittima e l'edificio su cui si trovava Abbas era di 40 metri, distanza che secondo l'avvocato è stata gravemente sottovalutata. Alla cdontestazione del difensore, il tribunale ha risposto nominando tre periti, tutti dipendenti dello stato, secondo i quali la distanza era compresa tra 130 e 150 metri. Secondo i difensori, la distanza era ancora maggiore. La corte ha respinto la richiesta dell’avvocatessa Tabanian di una ulteriore perizia affidata a cinque esperti.
Inoltre, secondo l'avvocato, Abbas Deris ha problemi di vista, fatica a vedere anche con gli occhiali, e davanti all'edificio in questione c’è una fila di alberi, il che avrebbe compromesso ulteriormente la sua vista. Questo fatto cruciale è stato ignorato dalla Corte.
Tre testimoni oculari hanno anche testimoniato di non aver visto i fratelli commettere la presunta sparatoria e hanno affermato di non sapere da chi fosse stata colpita la vittima. Fonti informate in precedenza avevano detto a Iran Human Rights che il secondo esperto coinvolto nel caso aveva affermato che la vittima era stata colpita alla schiena, non dai manifestanti che stava affrontando, cosa anch'essa ignorata.
La madre e i tre figli di Abbas Deris hanno condiviso appelli pubblici per aiutarlo a salvargli la vita. In un video, suo figlio di 16 anni, Ali, dice: "Nostra madre ha avuto un ictus ed è morta dopo aver sentito la notizia, non ci è rimasto nessuno tranne nostro padre". In una lettera condivisa il 15 luglio scrive: “Ho dovuto lasciare la scuola per occuparmi dei miei fratellini che non sono mai andati a scuola. Se esco per lavorare, i miei fratelli rimarranno soli. Mia nonna è anziana e sfortunatamente cieca... Non abbiamo potuto visitare la tomba di mia madre per un anno perché è stata sepolta ad Ahvaz, che è troppo lontana da Mahshahr. Non vedo mio padre da quando è stato incarcerato".

https://iranhr.net/en/articles/6070/

(Source: IHR)

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