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IL CONTRIBUTO CHE LA MAGISTRATURA, VIOLANDO LA LEGGE, DÀ AL SOVRAFFOLLAMENTO

3 ottobre 2025:

Oliviero Mazza*

Quali sono le cause della drammatica situazione carceraria italiana, che vede in costante aumento tanto il sovraffollamento quanto il numero dei suicidi a esso certamente correlati? Quesito impegnativo, al quale è difficile dare risposta univoca. Si potrebbe fare riferimento al sempiterno e massiccio ricorso alla custodia cautelare, alle politiche penali sempre più repressive, che fanno registrare vertiginosi aumenti di pena oltre a nuove incriminazioni, ai reati molto diffusi, come quelli in materia di stupefacenti, per i quali si è scelta la sola risposta punitiva carceraria, ai tempi dei processi, alla mancanza di alternative reali al carcere, al fallimento della rieducazione e alla conseguente recidiva, alle ostatività, all’innalzamento dei minimi edittali, per finire con i criteri bloccanti nel calcolo della pena.
Si tratta solo di spunti, ma servono per comprendere come nel discorso pubblico non si faccia mai cenno all’atteggiamento della magistratura. Eppure, i giudici, e non solo quelli di sorveglianza, hanno concretamente nelle loro mani le chiavi del carcere. È quindi legittimo, e addirittura doveroso, denunciare le responsabilità della magistratura non tanto nella causazione diretta del fenomeno del sovraffollamento, quanto nella omissione di quegli interventi, doverosi o discrezionali, che potrebbero quantomeno alleviare la situazione attuale.
Nell’immediato e a legislazione invariata, la magistratura potrebbe operare una formidabile supplenza della inerte politica, secondo uno schema già praticato e predicato in passato in settori dell’ordinamento meno rilevanti di quello penitenziario. I giudici potrebbero, in tempi rapidissimi e senza attendere improbabili risposte legislative clemenziali, incidere sia nella fase di cognizione, grazie a una più ragionevole dosimetria sanzionatoria che guardi anche alle ricadute nella fase esecutiva, sia nel procedimento di sorveglianza, con un approccio diverso alle misure alternative alla detenzione che tenga conto del surplus di afflittività rappresentato dall’endemico sovraffollamento carcerario. Se anche l’auspicio di una supplenza della magistratura può sembrare velleitario nell’attuale contesto storico, quello che certamente risulta intollerabile è l’inosservanza delle regole vigenti in una situazione drammatica che vede la popolazione carceraria tornata ai livelli pre-Torreggiani.
Segnalo al lettore, a mero titolo esemplificativo, la questione della liberazione anticipata pre-esecutiva, di fatto abrogata da prassi devianti. L’art. 656 comma 4-bis c.p.p. impone al pubblico ministero, prima di emettere l’ordine di esecuzione, di trasmettere gli atti al magistrato di sorveglianza per l’eventuale applicazione della liberazione anticipata sul presofferto cautelare o in caso di fungibilità della pena. La ratio sottesa al meccanismo del comma 4-bis è quella di evitare l’inutile e dannoso ingresso in carcere di soggetti la cui esecuzione, per il residuo in concreto da espiare, al netto del riconoscimento della liberazione anticipata sul presofferto, può essere sospesa, in quanto inferiore ai limiti previsti dal comma 5, principalmente i 4 anni di detenzione dell’affidamento in prova ordinario.
Ebbene, nella prassi il pubblico ministero viene meno al preciso dovere di chiedere al magistrato di sorveglianza la previa determinazione dei periodi di liberazione anticipata, emette così l’ordine di esecuzione non sospeso e chi potrebbe evitare l’ingresso in carcere, accedendo alle misure alternative da libero, si vede costretto a una permanenza in detenzione di circa un anno (questo è il tempo medio di decisione) in attesa che sia il tribunale di sorveglianza a pronunciarsi contestualmente sulla misura alternativa e sulla liberazione anticipata. Perché l’art. 656 comma 4-bis c.p.p. viene troppo spesso disapplicato? Per ragioni puramente burocratiche, perché il pubblico ministero non vuole assumersi la responsabilità del differimento dell’ordine d’esecuzione e perché il magistrato
di sorveglianza, senza titolo esecutivo, non ritiene di doversi occupare del tema della liberazione anticipata. Il risultato è che da un’ingiustificabile violazione di legge deriva un non secondario contributo al sovraffollamento.
Se non possiamo pretendere la supplenza della magistratura, che implicherebbe una particolare sensibilità per il tema dei diritti fondamentali dei detenuti, dobbiamo almeno far sì che vegano rispettate quelle (poche) regole che sono espressamente volte a ridurre gli accessi al carcere.
* Ordinario di Procedura penale Università di Milano-Bicocca

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