MESSICO: ESECUZIONE IN TEXAS DI EDGAR TAMAYO VIOLEREBBE ACCORDI INTERNAZIONALI
19 gennaio 2014: il ministro degli esteri messicano Jose Antonio Meade ha ribadito la contrarietà del Messico all’esecuzione in Texas, il 22, di Edgar Tamayo: “Se Edgar Tamayo sarà giustiziato senza che il suo processo sia stato rivisto e la sua sentenza riconsiderata... sarà una chiara violazione degli obblighi internazionali degli Stati Uniti”.
Tamayo, 46 anni, immigrato clandestinamente dal Messico, è stato condannato a morte nel novembre 1994 con l’accusa di aver ucciso a Huston, il 3 gennaio dello stesso anno, il poliziotto Guy Gaddis, 28 anni.
Già lo scorso 15 dicembre il governo messicano attraverso l’ambasciatore a Washington Eduardo Medina Mora si era rivolto alle autorità Usa protestando formalmente che nei confronti di Tamayo e di altri condannati a morte non siano state rispettate le garanzie previste da Trattato di Vienna sulle Relazioni Consolari.
La Convenzione di Vienna è un accordo internazionale che risale al 1963, e che è stato sottoscritto da 166 paesi, compresi gli Stati Uniti. L’art. 36 della Convenzione prevede che quando un cittadino straniero viene arrestato, le autorità locali devono informarlo esplicitamente che ha il diritto che dell’arresto vengano informate le autorità consolari del suo paese, e che ha diritto a ricevere assistenza legale nella propria lingua dal proprio consolato. La battaglia sulla Convenzione di Vienna va avanti da molti anni. Alcuni stati, soprattutto il Texas, sostengono di non essere vincolati al rispetto di accordi sottoscritti dal governo federale.
Il 31 marzo 2004 la Corte Penale Internazionale dell’Aia aveva ordinato agli Usa di sospendere tutte le esecuzioni degli allora 52 cittadini messicani detenuti nei bracci della morte Usa, la maggior parte dei quali in quello del Texas. Proprio il Texas rifiutò di applicare la sentenza del tribunale dell’Aia, sostenendo che gli accordi sottoscritti dal governo federale, quando contrastano con le leggi preesistenti nei singoli stati, non sono vincolanti. Questa impostazione venne confermata nel 2008 dalla Corte Suprema degli Usa. Da allora, ogni volta che si prospetta l’esecuzione di un cittadino messicano, è il Segretario di Stato Usa (l’equivalente del Ministro degli Esteri) a rivolgersi al Governatore del Texas raccomandando un provvedimento di clemenza, argomentando che, al di la delle formalità giuridiche, il non rispettare gli accordi internazionali rischia di riverberarsi sui cittadini statunitensi che incappassero in problemi giudiziari all’estero, compresi i militari. Nemmeno questo argomento ha mai indotto il governatore del Texas (Rick Perry è governatore dal Texas ininterrottamente dal 2000) a derogare ai suoi principi di inflessibilità. Da allora, 2 dei 52 cittadini messicani che si erano rivolti al tribunale dell’Aia sono stati giustiziati, e Tamayo sarebbe il 3°. (Fonti: Reuters, 19/01/2014)
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