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UNA GIORNATA A LOCRI, DENTRO E OLTRE LA PENA

1 ottobre 2023:

Ilario Ammendolia

Mentre vado in visita al carcere di Locri vedo gli orti e le vigne distrutte dal caldo eccessivo e l’erba secca per la mancanza di pioggia. Non c’è acqua nella Locride eppure l’immenso invaso sul Lordo è a secco da una decina di anni e nessuno si domanda il perché. Passo tra gli scheletri di vecchie industrie dismesse o interdette e arrivo al cupo carcere che sembra un monumento all’angoscia e alla follia.
La delegazione in visita al luogo – giustamente detto “di pena”, perché di questo si tratta – è composta da esponenti di Nessuno tocchi Caino e dalla Camera penale di Locri.
Ci spiegano che il carcere è diviso in quattro sezioni. Una di queste, la più numerosa, potrebbe essere subito chiusa e i prigionieri liberati. Sono i cosiddetti scafisti.
La Meloni vorrebbe dar loro la caccia in tutto il mondo terracqueo. Venga a vederli. Anzi li mostri a quella parte dall’opinione pubblica avvelenata dai media di regime che li vorrebbe alla gogna senza saperne nulla. Sono ragazzi. Vivono in quattro o cinque nella stessa cella. Non conoscono la nostra lingua e spesso non si capiscono neanche tra di loro.
La loro colpa? Spesso non hanno fatto proprio nulla, ma nel peggiore dei casi hanno tenuto in mano il timone per qualche chilometro mentre i veri scafisti pagati dai governi occidentali si allontanavano. Magari l’hanno fatto per non pagarsi il viaggio, altre volte perché minacciati da un fucile. Bisognerebbe vedere i loro volti tristi e i loro corpi raggomitolati quasi per non farsi vedere. Sembrano galeotti curvi sui remi che spingono in avanti questa folle nave che è il carcere.
In un mondo giusto altri dovrebbero occupare il loro posto: i signori della guerra che li hanno cacciati dalle loro case, i governi corrotti che li opprimono con l’aiuto dell’Occidente, i veri trafficanti di schiavi e di morte, coloro che hanno bombardato i loro villaggi, rapinato le loro ricchezze. Ma costoro vengono ricevuti nelle cancellerie d’Occidente con tutti gli onori. E allora bisogna trovare il “capro espiatorio”: gli scafisti! Un falso che grida vendetta al Cielo.
È siccome i veri scafisti vivono nel benessere e difesi dai loro governi, si spacciano per tali gli ultimi della Terra e li mettono insieme ai penultimi che sono i calabresi che vivono al piano di sopra dello stesso carcere. La comune galera li rende fratelli. I calabresi, in rapporto, al numero della popolazione, sono i più numerosi nelle carceri italiane. Figli di una Regione senza speranza. Figli di una terra lucidamente diffamata per spingerla fuori legge.
Come dall’Africa anche dalla Calabria si scappa. I ragazzi fuggono via dalla ndrangheta e dall’anti-ndrangheta, come un tempo fuggivano o via dai “padroni, dai pretori e dai gendarmi.”
Quelli che trovi in carcere sono i figli degli “ultimi”, dell’emarginazione, dell’ignoranza.
Ragazzi che non hanno mai visto la bellezza che li circonda.
Il presidente del Tribunale di Locri, Fulvio Accurso, che gentilmente ci accompagna nella nostra visita, ha avviato un progetto con quattro detenuti. Ha investito in fiducia, in affetto e nel risveglio dell’amor proprio latente nei quattro giovani. Hanno lavorato a riordinare gli archivi del tribunale. Quasi da uomini liberi. I risultati sono stati eccezionali, tant’è che il magistrato dice “sono persone a cui potreste affidare tranquillamente le chiave di casa”.
Se così è, e così è, perché non chiudiamo questo orribile posto di sofferenza che incattivisce gli animi e genera ingiustizia? Perché si continuano a distribuire anni di carcere dove non ci sarebbe alcun bisogno. Perché non si mette fine a tanto spreco di denaro pubblico? A tanta inutile sofferenza? Esiste un’altra via, quella indicata dai Costituenti, che il carcere lo hanno conosciuto come reclusi dal regime fascista, e che, forti della loro esperienza, avevano scritto l’art. 27 della nostra Costituzione.
Se potessi rivolgermi a Elly Schlein direi: venga a Locri Segretaria. E non per incontrare le “autorità” o improbabili dirigenti del suo partito. Una parte del nostro popolo, quello a noi più caro, perché più sacrificato, è dentro quelle mura o intorno ad esse si aggira in una terra in cui la Costituzione è quotidianamente calpestata dalla propaganda di regime. Lei potrebbe liberare tanta energia compressa da costruire anche con coloro che vengono considerati gli “scarti” della società, un’Italia più giusta. Una Sinistra più vera e non più prigioniera dal notabilato e dai perbenisti. Lo faccia, Segretaria, non perda altro tempo.

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