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La Knesset a Gerusalemme
La Knesset a Gerusalemme
ISRAELE: KNESSET APPROVA IN PRIMA LETTURA PENA DI MORTE PER TERRORISTI CHE UCCIDONO ISRAELIANI

13 novembre 2025:

Con 39 voti a favore e 16 contrari, la Knesset l’11 novembre ha approvato in prima lettura il testo che prevede la pena capitale per chi uccide cittadini israeliani in attentati di matrice nazionalista. A sostenerlo sono stati Likud, Otzma Yehudit e Yisrael Beiteinu, mentre l’opposizione di centro e di sinistra ha in gran parte boicottato il voto. I partiti arabi hanno votato contro e tre deputati – Ahmad Tibi, Ayman Odeh e Mansour Abbas – sono stati espulsi durante il dibattito. I partiti religiosi si sono divisi: Degel HaTorah ha seguito la direttiva del rabbino Dov Lando votando contro, mentre i deputati di Shas hanno scelto di non partecipare.
Il disegno di legge, presentato dalla deputata Limor Son Har-Melech – parlamentare di Otzma Yehudit e vedova di un israeliano ucciso in un attentato terroristico palestinese nel 2003 – stabilisce che chi «ha ucciso un cittadino israeliano per motivi di razzismo o ostilità verso la popolazione, con l’obiettivo di danneggiare lo Stato di Israele e la rinascita del popolo ebraico nella sua terra» debba essere condannato alla pena di morte. Nei tribunali militari della Cisgiordania la condanna potrà essere decisa a maggioranza semplice, e non più all’unanimità, mentre i comandanti militari non avranno più la possibilità di commutare la pena.
L’obiettivo dichiarato è «rafforzare la deterrenza contro il terrorismo». Ma la novità più radicale è che la pena diventa obbligatoria: i giudici non potranno più valutare caso per caso o infliggere pene alternative. In Israele le corti tengono conto di età, motivazioni e grado di partecipazione: criteri che questa legge cancellerebbe del tutto.
Per Son Har-Melech si tratta di «un atto di giustizia e di coraggio morale». Davanti alla Knesset, la parlamentare ha ricordato l’omicidio del marito, Shalom, ucciso nel 2003 in un attentato terroristico mentre guidava nei pressi di Ramallah. Nell’attacco, rivendicato dalle Brigate dei Martiri di al-Aqsa, lei – allora incinta di sette mesi – rimase ferita e partorì poco dopo una bambina. Alcuni dei responsabili, ha dichiarato Son Har-Melech, furono successivamente rilasciati in uno scambio di prigionieri e tornarono a compiere altri attacchi terroristici. «Quando un terrorista muore, non torna nel circolo del terrore. Non viene rilasciato vivo», ha affermato la parlamentare. «È molto semplice: chi sceglie la morte ne subirà le conseguenze».
Il ministro della Pubblica sicurezza Itamar Ben-Gvir, leader di Otzma Yehudit, ha accolto il voto come una vittoria politica. «Questa è la legge più importante nella storia dello stato di Israele», ha affermato ai cronisti. «Ogni terrorista deve sapere che sarà giustiziato. Li farà riflettere mille volte prima di compiere un altro 7 ottobre».
Applicandosi a coloro che uccidono israeliani per "razzismo" e "con lo scopo di danneggiare lo Stato di Israele e la rinascita del popolo ebraico nella sua terra", il disegno di legge ha suscitato critiche dal momento che si applicherebbe solo agli arabi che uccidono ebrei e non ai terroristi ebrei.
La discussione in aula è stata tesa. Ahmad Tibi, Ayman Odeh e Mansour Abbas, rappresentanti delle liste arabe, sono stati espulsi dopo aver accusato Ben-Gvir di essere «un terrorista al governo». «Lasciateli protestare», ha replicato il ministro, «difendono solo i mostri per cui combattono».
Dall’opposizione, Yair Lapid ha annunciato il voto contrario del suo partito Yesh Atid: «Non siamo al servizio delle acrobazie politiche di Otzma Yehudit». Gilad Kariv, dei Democratici, ha avvertito che «la legge potrebbe portare a un aumento degli attacchi terroristici e a una nuova ondata di pressione internazionale».
Le divisioni non si sono limitate all’opposizione. Il rabbino Dov Lando, guida spirituale del partito haredi Degel HaTorah, ha ordinato ai propri parlamentari di opporsi al provvedimento, definendolo «una provocazione fine a se stessa». «Non c’è alcuna possibilità che la corte approvi la pena di morte», ha affermato Lando, «e se gli arabi del mondo vedono quello che stiamo facendo, potrebbe causare uno spargimento di sangue».
Ben-Gvir ha reagito accusando Moshe Gafni, leader politico di Degel HaTorah, di essere «orientato a sinistra» e di «tradire i suoi elettori perseguitati dal terrorismo». La fazione sionista religiosa ha lasciato libertà di voto ai propri membri.
Con la prima approvazione, il testo passa ora alla Commissione per la sicurezza nazionale della Knesset, dove verrà discusso e modificato prima di tornare in aula per la seconda e la terza lettura, non ancora calendarizzate. È la fase in cui, in passato, proposte simili si sono arenate.
Il voto ha riacceso un dibattito che va oltre la politica. Nel podcast di Ynet condotto da Sharon Kidon, il giurista Yoav Sapir, ex capo dell’avvocatura pubblica e docente di diritto penale all’Università di Tel Aviv, ha definito la legge «un unicum nel mondo democratico». Secondo Sapir, il testo «mira a rendere obbligatoria la pena di morte, eliminando la discrezionalità dei giudici» e contraddice «principi basilari del diritto israeliano». L’accademico contesta anche l’idea che la pena capitale possa avere un effetto deterrente: «Non c’è alcuna prova empirica che riduca la criminalità. Negli Stati che l’hanno abolita, il livello di violenza non è aumentato, e a volte è persino diminuito».
Sapir ricorda inoltre che le agenzie di sicurezza e l’esercito si oppongono da anni alla pena capitale per motivi operativi: «Temono che le esecuzioni trasformino i giustiziati in martiri, accrescendo il desiderio di vendetta e spingendo i terroristi a combattere fino alla morte». Il professore sottolinea anche il rischio di errore giudiziario: «Il sistema legale è umano. Una condanna ingiusta può essere corretta, una pena di morte no». Ma la sua obiezione più profonda è morale: «Ovunque ci sia la pena capitale, colpisce in modo sproporzionato le minoranze. E la vera domanda non è se funzioni o meno, ma se lo Stato debba avere il diritto di togliere la vita. È una questione di limiti: fino a dove può spingersi la violenza del potere pubblico». 
In Israele la pena di morte è prevista, ma è stata applicata una sola volta nella storia del Paese: nel 1962, quando fu giustiziato a Gerusalemme il gerarca nazista Adolf Eichmann, uno degli architetti della Shoah. Da allora non è mai più stata applicata. Oggi la legge la prevede solo per crimini di guerra, genocidio o alto tradimento, e impone l’unanimità dei giudici, con possibilità di commutazione da parte dei comandi militari. Di fatto, la pena capitale è rimasta una extrema ratio mai più esercitata, un principio giuridico sopravvissuto solo sulla carta.
Almeno fino ad ora. Il nuovo disegno di legge promosso dall’estrema destra israeliana punta a cambiare questo equilibrio e a riportare la pena di morte nella pratica del sistema giudiziario.

(Fonte: Moked.it, 11/11/2025)

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