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Tanzania - Tundu Lissu in arresto
Tanzania - Tundu Lissu in arresto
CHI SALVERÀ TUNDU LISSU, L’UOMO CHE SOGNA UNA TANZANIA DIVERSA?

28 giugno 2025:

Valerio Fioravanti su l’Unità del 28 giugno 2025

Mentre a Villa Pamphili la scorsa settimana Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen ricevevano importanti delegazioni africane per mettere a punto “The Mattei Plan for Africa”, il capo dell’opposizione di uno dei paesi invitati, la Tanzania, era in carcere, nel braccio della morte, con un’accusa non documentata di “alto tradimento”.
Gli italiani conoscono poco della Tanzania, ma alcuni nomi riecheggiano vecchi racconti o affascinati documentari naturalistici: Zanzibar, Dar es Salaam, il Lago Vittoria e il lago Tanganika, il Parco nazionale di Gombe, dove Jane Goodall studiava gli scimpanzé, il Parco nazionale del Serengeti, il Kilimangiaro. Grande 3 volte l’Italia, con 45 milioni di abitanti, che come religione si dividono quasi equamente tra cristianesimo, islam e culti autoctoni, per circa 35 anni la Tanzania fu colonia tedesca fino alla prima guerra mondiale. Poi divenne colonia britannica, e nel 1961 ottenne l’indipendenza, seppure rimanendo membro del Commonwealth. Oggi, in Tanzania, come in gran parte dell’Africa, è molto forte l’influenza cinese e russa. Da mezzo secolo c’è lo stesso partito al potere, il “Partito della Rivoluzione”, originariamente con una forte impronta socialista, che si è stemperata nei decenni. L’economia è prettamente agricola e “turistica”, il reddito pro c apite è basso ma non bassissimo (considerati i paesi confinanti): 1.200 dollari (statunitensi) l’anno, e, tipico purtroppo di tutta la regione, l’AIDS è molto diffuso, si stima che ne sia contagiato il 7% della popolazione adulta.
Come dicevamo, il “partito della Rivoluzione” è ininterrottamente al potere da mezzo secolo. Nelle elezioni dell’ottobre 2020 ha preso l’84% dei voti, e un partito di opposizione (Chadema - Partito della Democrazia e dello Sviluppo) ha preso il 13%. Il restante 3% dei voti è andato disperso tra altri 13 partiti, nessuno dei quali ha superato lo 0,5. Non abbiamo usato il condizionale, il quale però sarebbe d’obbligo in un paese che ha un unico partito al potere, e controlla tutti i passaggi della macchina elettorale. Ovviamente gli “osservatori internazionali indipendenti” hanno espresso “serie riserve” sui risultati elettorali, ma come sappiamo, queste cose, e queste “riserve” lasciano il tempo che trovano. Forse Chadema vale più del 13% che gli è attribuito. Il sospetto viene quando, il 9 aprile, al termine di un comizio, hanno arrestato il leader di Chadema, Tundu Lissu, 57 anni, avvocato e parlamentare, che nella sua carriera politica non ha mai fatto nessun richiamo alla violenza. Da tre mesi è nel braccio della morte di un paese che non compie esecuzioni dal 1995. È in isolamento, può parlare con gli avvocati solo in presenza degli agenti (questo succede in tutto il mondo, ma di solito un vetro consente agli agenti di osservare, ma non di udire. Questo non sta succedendo in Tanzania), e il suo capo d’imputazione più grave è “alto tradimento”. Notizie sul suo caso sono comparse sui media del Commonwealth britannico (BBC, giornali canadesi e australiani) e sui pochi media italiani che si occupano di Africa (Nigrizia, Africarivista.it, Internazionale).
Lissu chiede “riforme” per arginare la corruzione nel suo paese. Il “tradimento” sembra essere questo.
Intanto la presidente della Tanzania, Samia Suluhu Hassan, ha deciso che il partito di Lissu non potrà presentarsi alle elezioni di ottobre. Un funzionario che ha parlato con i giornalisti occidentali a patto di non essere identificato ha detto che probabilmente Lissu non sarà ucciso, l’importante è che non sia in grado di fare politica nei prossimi mesi, con l’avvicinarsi delle elezioni. Potrebbe essere una spiegazione. Non del tutto supportata dai precedenti però.
Negli ultimi dieci anni, Lissu ha subito arresti e aggressioni, la più grave nel 2017, quando la sua auto fu presa di mira da uomini armati di fucili d’assalto (mai identificati) che lo hanno colpito con 16 proiettili. Dopo tre anni di esilio e una lunga convalescenza in ospedale, era tornato in politica, candidandosi alle elezioni del 2020. Molti dei dirigenti del suo partito, attivisti e sostenitori, sono stati arrestati nelle ultime settimane, compresa una ex ministra della Giustizia del Kenya e un ex presidente della Corte suprema del Kenya, arrestati per alcune ore, ed espulsi in malo modo.
In difesa di Lissu si sono schierati gli attivisti del DUA, Democracy Union of Africa, una importante “alleanza” che riunisce i partiti votati alla democrazia e alla libertà individuale di 18 nazioni africane. Se poi si ricordassero di Lissu e del DUA anche quelli del “Piano Mattei”…

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