LA CARTA DI DESANTIS CONTRO TRUMP: IL MIO BOIA È PIÙ BOIA DEL TUO
24 settembre 2023: Valerio Fioravanti su L’Unità del 24 settembre 2023
Ron DeSantis è poco “studiato” in Italia, ma vorrebbe essere il candidato conservatore alle elezioni presidenziali statunitensi del prossimo anno. In pratica vorrebbe battere Trump alle primarie, e se ci riuscisse, considerato che Biden è veramente debole, sarebbe probabilmente il prossimo presidente Usa. Ma DeSantis non riuscirà a battere The Donald. Forse perché lo imita troppo, e come capita in casi del genere, gli elettori di solito votano per l’originale, non per il succedaneo. Tra l’altro lo imita in una cosa che non ha funzionato nemmeno con Trump: far uccidere molti criminali. Trump durante la scorsa campagna elettorale fece giustiziare 13 detenuti “federali” dopo che le esecuzioni in quel settore erano rimaste ferme per 17 anni. Ma venne battuto da Biden, che invece in campagna elettorale aveva promesso che avrebbe abolito la pena di morte. Chi segue le notizie di Nessuno tocchi Caino sa bene che Biden non solo non ha abolito la pena di morte federale, ma ha autorizzato che ne venissero emesse di nuove (condanne di primo grado, non esecuzioni), ma rimane il fatto che almeno formalmente non è uno di quei politici che illudono gli elettori di avere una ricetta facile, basata su quella che Sciascia chiamava “la terribilità”, per risolvere il crimine. DeSantis negli ultimi mesi ha fatto compiere 5 esecuzioni, la sesta è prevista per il 3 ottobre, dopo che nel suo Stato, la Florida, per 4 anni non ne erano state compiute. Inoltre a maggio ha ordinato alla sua fortissima maggioranza parlamentare di approvare una legge per ridurre le garanzie concesse a chi è sotto processo per omicidio. Oggi in Florida basta una maggioranza di 8 voti su 12 per una condanna. Solo l’Oklahoma consente condanne non unanimi, ma servono almeno 10 voti. In tutti gli altri Stati serve l’unanimità. Si badi bene, quello dell’unanimità non è un cavillo. Come si vede ogni tanto nei film, i componenti di una giuria popolare vengono estratti a sorte in sovrannumero, e durante le udienze preliminari difensori e pubblici ministeri, ponendo alcune domande, hanno il diritto di “scartare” alcuni candidati, fino a quando non ne rimangono solo 12, che a quel punto costituiscono la giuria vera e propria. Sembra una procedura molto democratica, ma nel corso dei decenni si è creato una prassi non scritta (ma approvata più volte dalla Corte Suprema) per cui un candidato che fosse “ideologicamente” contrario alla pena di morte non può far parte della giuria, perché vorrebbe dire che non condivide le leggi del suo Stato. Quindi alla fine le giurie risultano composte solo da persone favorevoli alla pena di morte. Che all’interno di queste 12 persone tutte favorevoli sia richiesta l’unanimità è una giusta salvaguardia, che però oggi in Florida non esiste più. Per questa legge frettolosa (reazione a un processo in cui l’ennesimo svitato che ha compiuto una sparatoria in pubblico non era stato condannato a morte perché 3 giurati popolari lo avevano considerato più matto che cattivo), DeSantis, che è cattolico, è stato fortemente criticato da vari importanti leader religiosi trasversali. Da molti decenni però le critiche “religiose” non hanno reale influenza sui risultati elettorali, e DeSantis prosegue per la sua strada. Ma i sondaggi continuano a darlo molto sotto Trump. Peccato, perché come candidato conservatore, a parte le troppe esecuzioni, non sarebbe male. Molto giovane (45 anni), nelle note biografiche viene considerato “italo-americano” perché i suoi 8 bisnonni erano tutti delle zone di Avellino, L’Aquila, Campobasso e Caserta. Ha preso due lauree in università prestigiose, Yale (Storia) e Harvard (legge, con lode), e si è arruolato in Marina, come avvocato militare. Ha ricevuto una medaglia di medio livello (non per azioni di combattimento), e si è congedato nel 2010, con il grado di capitano di corvetta. Nel 2012 è stato eletto al parlamento di Washington, e nel 2018 e nel 2022 è stato eletto Governatore del suo Stato. Nel maggio di quest’anno ha giocato il suo colpo ad effetto: comparendo assieme a Elon Musk, che attualmente viene reputato l’uomo più ricco del mondo, si è autocandidato alle Presidenziali del prossimo anno. Proprietario di PayPal, di Tesla, di SpaceX, della rete di satelliti Starlink, di Twitter, Musk di sé stesso dice di essere “metà democratico, metà repubblicano, progressista sulle tematiche sociali, e conservatore in materia fiscale”. In questo momento sembra privilegiare le tematiche fiscali, visto che il suo appoggio a DeSantis è plateale. Del resto, non si diventa l’uomo più ricco del mondo occupandosi veramente delle tematiche sociali.
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